Commento al Vangelo
Domenica 13 febbraio, commento di don Renato De Zan
Per Gesù sono “beati” coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano (Lc 11,28)

16.02.2022 – 6° del TO-C
Lc 6,17.20-26
In quel tempo, Gesù,
Beati voi: vostro è il regno
Tematica liturgica
1. In ambito biblico, “beato” indica fondamentalmente la persona che ha trovato la via della saggezza nella Parola di Dio (cf Sal 1,1-2: “Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi…ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte”.) “Beato”, dunque, non significa “felice”, ma equivale a “ colui che si affida e si fida della parola di Dio”, “destinatario accogliente della salvezza di Dio” e, quindi, “amato da Dio”. Quando, perciò, Gesù adopera la parola “beato”, la adopera alla luce della cultura ebraica di allora. Gesù, tuttavia, va oltre.
2. Per Gesù sono “beati” coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano (Lc 11,28). Sono “beati” i servi – simbolo dei discepoli vigilanti – che aspettano svegli il ritorno (escatologico) del padrone, cioè di Gesù (Lc 12,37). Anche gli occhi dei discepoli che vedono ciò che re e profeti avrebbero desiderato vedere e non lo videro (Lc 10,23-24), sono “beati”. In modo particolare sono “beati” coloro che vivono determinate situazioni. Secondo la testimonianza di Luca sono “beati” i poveri, coloro che hanno fame, coloro che piangono e i credenti perseguitati (cf il vangelo odierno, Lc 6,17.20-26).
3. “Guai” nella nostra cultura indica una condanna o un avvertimento minaccioso. In ambito biblico “guai” esprime un lamento. Gesù è addolorato per coloro che sono ricchi, sazi, sorridenti, onorati da tutti. È in pericolo il loro futuro escatologico perché cercano la loro felicità fondandosi sull’ “uomo” e non su Dio (cf la prima lettura, Ger 17,5-8). Si troveranno nell’escatologia come l’uomo ricco nella parabola del povero Lazzaro (Lc 16,19-31).
Dimensione letteraria
1. Le Beatitudini si trovano nei vangeli di Matteo e di Luca. Il loro messaggio teologico è uguale, ma la loro fisionomia letteraria è diversa. Matteo pone il discorso della Beatitudini sul monte: Gesù è presentato come il nuovo Mosè che proclama non la Legge, ma la “Buona novella”. Luca, invece, colloca il discorso delle Beatitudini in pianura: Gesù, come il nuovo Mosé, si rivolge al popolo del nuovo esodo. Sotto il profilo della descrizione orografica Gesù sale su un’altura circondata da un ampio luogo pianeggiante.
2. Matteo articola le Beatitudini in due strofe (4 + 4 +1) da leggersi in parallelo. Luca, invece, in due strofe da leggersi di seguito e in antitesi: quattro beatitudini e quattro “guai. Mentre Matteo esprime le beatitudini come fossero dei detti sapienziali (beati i poveri…), Luca esprime le Beatitudini come fossero dei detti profetici: illustra il presente doloroso (ma già ora depositario della benevolenza di Dio) che sarà rovesciato in felicità nel futuro del Regno di Dio.
3. Il testo biblico del vangelo inizia il racconto in questo modo: “Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante…”. Il testo biblico liturgico cambia l’incipit in questo modo: “In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante…”. Il testo biblico-liturgico, inoltre, sopprime il vv. 18-19 (
Riflessione biblico-liturgica
1. Pur nella situazione difficile che sta vivendo, il “beato” apprende dalle parole di Gesù di essere già salvo per l’eternità. Per un progetto misterioso di Dio il “beato” è erede del Regno dove non ci sarà più la sofferenza.
2. Nell’ultima cena, narrata da Giovanni, Gesù dice chiaramente: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20). Il cristiano, quando è perseguitato psicologicamente o corporalmente perché cristiano (“a causa del Figlio dell’uomo”), è un vero profeta ed è già certo di essere salvo.