Domenica 8 agosto, commento di don Renato De Zan

"Io sono il pane vivente, il pane della vita"

08.08.2021 19a domenica T.O-B

 

Gv 6,41-51

In quel tempo, 41 i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42 E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». 43 Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44 Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45 Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46 Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47 In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

 

 

Tematica liturgica

 

1. L’esperienza di Elia in cammino vero il monte Oreb  (prima lettura, 1 Re 19,4-8) rappresenta in qualche modo la vita del credente. Nel pellegrinaggio della vita l’uomo ha bisogno di un cibo che lo sostenga. Per il cristiano questo cibo è la persona di Gesù, pane vivo disceso dal cielo, donato all’uomo perché compia il misterioso pellegrinaggio verso la vita eterna (che è Gesù stesso: cfr. Gv 6, 45 “Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me”).

 

2. Quando Gesù dice di essere “il pane disceso dal cielo” intende dire che tutta la sua persona è nutrimento di vita (parola, azione, modo di pensare e giudicare, ecc.) e che tale realtà si trasforma per i secoli avvenire in Eucaristia. Se si presta attenzione a come Gesù conclude la sua riflessione, appare chiaro che questo è l’obiettivo delle parole di Gesù,: “E il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Non solo Gesù annuncia fin da adesso che egli morirà in croce per dare la vita al mondo, ma che lascerà anche l’Eucaristia per dare la stessa vita al mondo.

 

3. Il vocabolario di Gesù è estremamente fine. Egli dona il pane e il pesce moltiplicati e fa fare esperienza all’uomo del fatto che egli è datore di vita. Allo stesso modo donerà (ego doso-io darò) tutta la sua persona all’uomo perché egli diventi una cosa sola con il Maestro che è pane “vivente” (“pane vivo” in greco “pane vivente”). La salvezza è questa: Cristo dona la vita eterna e all’interno di quest’opera c’è il punto altissimo del perdono dei peccati e della divinizzazione dell’uomo.

 

Dimensione letteraria

 

1. Il testo giovanneo di Gv 6,35-50 svolge il tema del pane della vita che discende dal cielo e di chi mangia quel pane  non muore. Il testo successivo, Gv 6,51-59, identifica  il pane che dà la vita con la carne e il sangue di Gesù. La Liturgia non segue l’analisi esegetica e sceglie Gv 6,41-51, compiendo un’opzione di tipo tematico.

 

2. Il brano biblico-liturgico è scandito dalla ripetizione di tre frasi in cui Gesù afferma di essere il pane: “Io sono il pane disceso dal cielo” (Gv 6,41), “Io sono il pane della vita” (Gv 6,48), “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo” (Gv 6,51). Alla luce di quanto appena visto, il testo di Gv 6,41-51 si può suddividere in tre momenti autorivelativi di Gesù. Egli si svela come pane disceso dal cielo (vv. 41-47), come pane di vita (vv.  48-50) e come pane vivo (v. 51).

 

3. Il testo evangelico inizia così: “Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui…”. Il testo biblico-liturgico, invece, dice: “In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù…”. Il testo evangelico lega il brano a quanto era successo prima, il testo biblico-liturgico è un testo isolato.

 

Riflessione biblico-liturgica

 

1. È successo a Nazaret (Mc 6,3: “Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?”) L’atteggiamento degli abitanti di Nazaret è uguale all’atteggiamento degli abitanti di Cafarnao (“Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?”). La presunzione di conoscere già non è il modo migliore per conoscere in maniera corretta. La presunzione di conoscere tarpa sempre le ali alla fede.

 

2. I Giudei mormorano perché presumono di conoscere Gesù come l’uomo di Nazaret, figlio di genitori noti a tutti. La risposta di Gesù è tagliente. Solo chi è capace di ascoltare Dio, sa accogliere Gesù. Chi è figlio del demonio e ascolta il demonio, ovviamente, non può accoglierlo. Ne consegue che solo chi crede (in colui che il Padre ha mandato), ha la vita eterna.

 

3. La carne di Gesù viene donata come offerta sacrificale (“doso” – darò + “uper” – a favore di) per gli uomini. Da qui il senso dell’incarnazione: Gesù ha assunto la carne per donarla. Questa carne (sarx) è destinata ad essere mangiata. Solo la “carne-mangiata”, che è pane disceso dal cielo, pane datore di vita, pane vivente, può diventare efficace portatore di vita eterna per il credente.