Domenica 3 gennaio, commento di don Renato De Zan

La seconda domenica dopo Natale propone il passo iniziale del vangelo di Giovanni: "In principio era il verbo". Uno dei più famosi passi di tutto il Nuovo testamento

 

Gv 1,1-18

1 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era, in principio, presso Dio: 3 tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. 4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5 la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. 6 Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. 9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. 10 Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. 11 Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. 12 A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. 15 Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». 16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. 17 Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 18 Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

 

 

Cristo, Parola e Sapienza di Dio

 

Tematica liturgica

Il Mistero dell’Incarnazione coinvolge ogni credente perché ogni credente è una cosa sola con Cristo a causa del Battesimo: ogni credente è partecipe della divinità che è corporalmente presente in Gesù Cristo: “È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità e voi partecipate della pienezza di lui” (Col 2,9-10). Il discepolo di Paolo ha ben chiaro che il mistero dell’Incarnazione è qualche cosa da contemplare in Lui e in noi.

Le tematiche teologiche tipiche del Natale sono presenti in questa seconda domenica dopo Natale. Si legge come vangelo il prologo di Giovanni (Gv 1, 1-18), testo evangelico della messa del giorno di Natale. In questo testo il Verbo si comporta come la Sapienza biblica, prendendo dimora tra gli uomini. Per questo motivo la prima lettura, Sir 14, 1-4, 8-12, presenta una delle pagine più importanti dell’A.T. che illustrano le caratteristiche della Sapienza divina. La sapienza è “uscita dalla bocca dell’Altissimo” (Sir 24,3) e Gesù è il Verbo di Dio fatto uomo(Gv 1,1.14: “In principio era il Verbo…. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”). La Sapienza dà culto a Dio (“ho officiato nella tenda santa davanti a Lui”) e il Verbo si trova in perpetuo atteggiamento di intercessione presso Dio (“e il Verbo era pros ton Theòn”, era cioè rivolto verso Dio, costantemente, in atteggiamento di intercessione per gli uomini). L’espressione greca, purtroppo, non è resa bene in italiano. La traduzione “presso Dio” è debole. Se il cristiano è una cosa sola con Cristo come può tradurre il mistero del Verbo incarnato nella propria vita. La seconda lettura, Ef 1,3-6.15-18, offre un itinerario.

Dio opera per due fini: il primo riguarda la nostra capacità di avere “una più profonda conoscenza di lui”; il secondo perché gli uomini comprendano “la speranza” e “il tesoro di gloria” quale eredità dei chiamati alla fede. Per ottenere questi due obiettivi, il Padre ha scelto i credenti “prima della creazione del mondo” perché siamo “santi e immacolati”, ha donato loro lo “spirito di sapienza e di rivelazione” e li ha arricchiti della illuminazione “degli occhi della…..mente”. Quest’opera del Padre nei credenti e la risposta accogliente di costoro è finalizzata a un obiettivo: i credenti sono chiamati a continuare l’opera di Gesù (cf Gv 20,21: “Come il Padre ha mandato  me, anche io mando voi”). Quest’opera è sintetizzata alla fine del prologo: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”. Il cristiano continua l’opera di Cristo manifestando in sé l’opera salvifica del Padre.

 

Dimensione letteraria

L’inno al Logos è nato come un inno liturgico della Chiesa giudeo-cristiana. Successivamente è stato arricchito di alcune glosse esplicative (v.12c-13.17 ) e di altre glosse riguardanti Giovanni Battista (vv. 6-8.15). La fisionomia attuale appare, dunque, molto ricca ed elaborata. La lettura breve del brano evangelico (Gv 1,1-5), da adoperarsi o per motivi pastorali o perché il celebrante non se la sente di spiegare l’inno al Logos, è composta dai primi versetti. In modo particolare viene evidenziato come il Verbo sia la luce e la vita degli uomini. Le tenebre non solo non l’hanno accolto, ma dato il significato del verbo greco (katèlaben), si può dire che non l’hanno neppure sopraffatto. La lettura di tutto il testo, invece, ha un fulcro preciso perché ruota attorno al “Verbo” di Dio che si fa carne. C’è una prima parte (“In principio…”) che presenta al lettore la situazione del Verbo presso Dio e in rapporto al mondo. Una seconda parte (“Era nel mondo…”), invece, tratteggia il tema del Verbo nella storia. Una terza parte, infine, (“E il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi…”) ruota attorno al tema del legame tra il Verbo e i membri della comunità credente (“noi”).

 

Esegesi biblico-liturgica

Di fronte al prologo giovanneo sarebbe meglio leggere il testo e fare silenzio, lasciando che le Parole entrino nell’intimo e parlino da sole. Tuttavia è bene comprendere come tutta la ricchezza dell’inno non è evidenziata dalla Liturgia. Questa preferisce sottolineare il grande tema dell’accoglienza nei confronti del Verb