Commento al Vangelo
Domenica 22 novembre, commento di don Renato De Zan
Cristo: re, pastore e giudice: nella giornata del Seminario
Mt 25,31-46
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
Tematica liturgica
L’ultima domenica dell’anno liturgico ha come tema dominante la regalità universale di Gesù. La festa nacque nel secolo scorso: Pio XI con l’enciclica “Quas Primas” (11.12.1925) stabilì per la Chiesa universale la festa di “Gesù re dell’universo”. La decisione papale scaturì in seguito alla pressione di cardinali e vescovi, preoccupati dal totalitarismo e dall’ateismo. Essi chiedevano che la Chiesa proclamasse “solennemente i sovrani diritti della persona regale di Gesù Cristo, che vive nell’Eucaristia e regna, col Suo Sacro Cuore, nella società”. La risposta del papa fu precisa: “è necessario che venga divulgata la cognizione della regale dignità di nostro Signore quanto più è possibile. Al quale scopo ci sembra che nessun’altra cosa possa maggiormente giovare quanto l’istituzione di una festa particolare e propria di Cristo Re”. Oggi la solennità della festa si celebra a conclusione dell’anno liturgico. Le letture sottolineano due grandi tempi. Il tema che identifica la solennità si trova nella seconda lettura (1Cor 15,20-26.28) dove è evidenziata la regalità di Gesù. Egli, dopo aver assoggettato ogni nemico, compresa la morte, consegnerà il regno al Padre perché Dio sia “tutto in tutti” (1Cor 15,28). La Colletta propria riprende questo tema: “Un giorno, annientando anche l’ultimo nemico, la morte, egli ti consegnerà l’opera della sua redenzione, perché tu sia tutto in tutti”, con chiara allusione al testo appena citato. A questo tema si associa il tema del giudizio (vangelo: Mt 25,31-46) in cui il sovrano (“siederà sul trono della sua gloria”) si comporterà come un pastore (“come il pastore separa le pecore dalle capre”) e giudicherà “tutti i popoli”. Il giudizio c’è – e lo ha profetizzato anche Ezechiele , dicendo “giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri (prima lettura, Ez 34, 11-12. 15-17) – ma sarà preceduto dalla cura del re-pastore per il suo gregge perché egli è andato “in cerca della pecora perduta” e ha ricondotto “all’ovile quella smarrita”, ha fasciato “quella ferita” e curato “quella malata”. Non è, dunque, un giudizio freddo, distaccato, ma è un giudizio presieduto da chi ama il suo gregge.
Dimensione letteraria
Al testo evangelico la Liturgia antepone l’incipit liturgico: “In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli…”. La pericope di Mt 25,31-46 si divide in due momenti. Il primo (Mt 25,31-33) contiene l’annuncio della parusia e del giudizio. Il secondo (Mt 25,31-33), il paragone con cui viene illustrato il giudizio finale. Questa seconda parte risente in modo molto forte della parlata semitica (parallelismo antitetico): al quadro dei “benedetti” corrisponde per opposizione il quadro dei “maledetti”. Una breve considerazione, che presenta la sorte eterna degli uni e degli altri, chiude il testo.
Riflessione biblico-liturgica
a. Il testo di Mt 25,31-46 può essere letto come il giudizio per tutta l’umanità non cristiana. Altri biblisti pensano che si tratta del giudizio per tutta l’umanità. Una cosa accomuna questi due modi: l’amore verso il prossimo è amore verso Dio. Lì avverrà il giudizio.
b. I bisogni del prossimo sono di diverso tipo: dai più materiali (magiare, bere) a quelli più interiori e relazionali (accoglienza dello straniero, dignità attraverso il vestito, la vicinanza). Dietro al volto del bisognoso c’è Gesù.