Commento al Vangelo
Domenica 6 settembre, commento di don Renato De Zan
"In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo...
06.09.2020 – 23° TO – A
Mt 18,15-20
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
La correzione fraterna nasce dalla propria conversione e nel rispetto
Tematica liturgica
L’Antico Testamento aveva chiaro il concetto che l’individuo non poteva badare solo a se stesso. L’individuo faceva parte del gruppo e, di fronte al pericolo, se il gruppo è salvo anche l’individuo è salvo: culturalmente si trattava di un retaggio della vita nomadica. I profeti hanno fatto leva su questo aspetto culturale per ampliarlo anche alla vita di fede. Ezechiele – nel sec. VI a.C. durante l’esilio babilonese – aveva profetizzato: “Se io (= Dio) dico al malvagio: «Malvagio, tu morirai», e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato” (prima lettura: Ez 33,1.7-9). Certamente, sentirsi responsabili non significa avere il diritto di imporre o di imporsi a chi sbaglia. Significa avere il profondo rispetto e la discrezione di soccorrerlo, facendogli presente come stanno le cose, con un modo pieno di riserbo e di tatto, “tra te e lui solo”: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo”. Certamente l’individualismo odierno rende difficile la correzione fraterna (“Ognuno badi ai fatti suoi”). Il discepolo di Gesù, invece,è invitato a compierla, percorrendo la strada della carità vera che è sempre “comprensione” e mai “giudizio”. La carità, poi – e non la superbia o l’umiltà ipocrita, imbevuta di compiacenza diabolica nel trovare l’altro in errore – detta le azioni, suggerendo sempre la conversione di chi intende compiere l’opera di correzione. Se, infatti, il cristiano è chiamato a praticare la correzione fraterna, deve incominciare a pensare a se stesso in modo non egocentrico: deve imparare a convertirsi e a farsi perdonare da Dio. Questi due passaggi sono essenziali. Nella conversione, infatti, il cristiano capisce in profondità il detto di Gesù: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: «Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio», mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello” (Mt 7,3-5). Nell’accogliere il perdono di Dio, il cristiano comprende che tale perdono va poi disseminato attorno a sé: “Rimetti a noi i nostri debiti come /affinché noi li rimettiamo ai nostri debitori”; “Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Con l’animo convertito e con il perdono nel cuore, il cristiano può praticare la correzione fraterna.
Dimensione letteraria
Il testo biblico e quello biblico-liturgico del vangelo (Mt 18,15-20) coincidono. La Liturgia ha aggiunto l’incipit: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli”. Il testo si può dividere in due parti: Mt 18,15-17 e Mt 18,18-20. Nella prima parte viene presentato il triplice caso della correzione. Nella seconda parte, scandita dall’espressione “in verità vi dico” (Mt 18,18.19), viene presentato, prima, il potere di perdonare, presente nella comunità credente, e, poi, il potere insperato della preghiera della comunità (“due o tre riuniti nel mio nome”) in cui si fa presente il Signore.
Riflessione biblico-liturgica
a. “Guadagnare il fratello” non indica solo l’obiettivo positivo ottenuto. Indica anche altro: “Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore lo salverà dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (Gc 5,19-20). Aiutare qualcuno a convertirsi significa avere perdonati i propri peccati.
b. Chi sbaglia potrebbe non ascoltare. L’espressione finale di Gesù “sia per te come il pagano e il pubblicano” più che indicare l’allontanamento di chi ha sbagliato, suggerisce al credente di assumere lo stesso atteggiamento che Gesù ha avuto verso i pubblicani e i pagani.
c. L’espressione “legare /sciogliere” è di origine rabbinica. Gesù vuole evidenziare il potere divino di perdonare i peccati trasmesso alla comunità cristiana liturgica (nel N.T. la parola greca “ekklesìa” indica di norma la comunità riunita in assemblea liturgica).
d. Nell’assemblea liturgica è sempre presenta anche Gesù (si veda la costituzione “Sacrosanctum Concilium 7).