Diocesi
Ordinazioni diaconali di domenica 7 settembre in concattedrale San Marco
Con il cuore pieno di gioia accogliamo oggi questi nostri tre fratelli Davide, Matteo e Michael che sono stati appena presentati e che l’Imposizione delle mani e il dono dello Spirito Santo li renderà partecipi al Sacramento dell’Ordine, in quella prima e fondamentale dimensione che è il Diaconato. Non il grado più basso, come se il Ministero ordinato forse un’ascesa verso gradini sempre più alti, ma la dimensione centrale di ogni Ordine Sacro, l’abbassamento come ha fatto Gesù che si è fatto uomo e si è messo a servizio di tutti. Ricordiamolo bene che il Vescovo e il Presbitero, rimangono sempre diaconi, sempre servi di tutti. Nel Giubileo dei diaconi, Papa Francesco ricordava che “con l’Ordinazione non si sale, ma si scende, ci si fa piccoli, ci si abbassa e ci si spoglia. Per usare le parole di San Paolo, nel servizio si abbandona l’uomo di terra, e ci si riveste nella carità dell’uomo del cielo” (Omelia 23 febbraio 2025).
Le letture che gli Ordinanti hanno scelto per questa celebrazione esprimono bene alcune dimensioni importanti del diaconato, pur vissuto come passaggio verso il presbiterato, per la vita e il servizio nella chiesa di chi lo riceve, ma anche per ogni cristiano. Il primo volto della vocazione e anche della vocazione al diaconato e quello profetico. Abbiamo ascoltato la storia della chiamata del profeta Geremia. Un giovane recalcitrante che non risponde volentieri alla chiamata. L’attività del profeta Geremia si colloca in un contesto non facile per il popolo, tormentato da minacce esterne e conflitti interni. La riluttanza del profeta nasce dalla tensione tra l’ideale di tranquillità e normalità della vita e la complessità del ministero profetico. Tuttavia, da questa fatica emergono alcuni aspetti della vocazione profetica. È un’esperienza di chiamata che parte dal seno materno; un dono inaspettato di Dio, come sottolineano bene le parole del Salmo 139: “Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre” (v.13). La chiamata di Dio precede il venire al mondo. Certamente ci hanno chiamano alla vita i nostri genitori, che accolsero da Dio il desiderio di donare la vita. La chiamata profetica è una vocazione radicale, che scende nel profondo e chiede di interpretare la vita dalla prospettiva di Dio. Ecco perché il profeta non è indovino che prevede il futuro, ma colui che legge il presente e che insegna a leggerlo nella prospettiva della fedeltà a Dio e alla sua Alleanza, di Dio che vuole il bene per tutti noi. Il profeta annuncia la novità di Dio, aiutandoci a interpretare gli avvenimenti della storia, anche quelli più difficili e dolorosi, e a trasformarli in nuove opportunità di amore verso gli altri. Carissimi, dopo l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione nel consegnarvi il libro dei Vangeli vi inviterò a credere quello che proclamate per portarlo agli altri, per essere anche voi profeti di Dio nell’umanità di oggi. Non siete chiamati a dire parole vostre ma la parola è la promessa di Dio. Accogliete senza riserve la sua Parola, come è stato detto al profeta Geremia: “Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti” (1,8). Dio vi ha scelti e mandandovi, metterà sulla vostra bocca e sul vostro cuore le sue parole.
Per essere profeti nel mondo di oggi, è fondamentale vivere un’esperienza vera di amicizia e di incontro con il Signore Gesù, un’esperienza che deve coinvolgere tutta la vostra vita, arrivando a dire anche voi, con San Paolo: “L’amore del Cristo ci possiede…. tanto che se uno è in Cristo è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco ne sono nate di nuove” (2 Corinzi 5,14.17). Paolo mette al centro della sua vita Gesù, e il Signore di tutti i tempi è presente nella vita di ciascuno di noi. È lui che ci permette di uscire dal guscio delle nostre chiusure, dai nascondimenti e dalle nostre fragilità umane, per essere ambasciatori e testimoni, con la nostra stessa vita, di un messaggio nuovo e vivificante. Con Paolo, desideriamo che la sua presenza di risorto sia in noi e attraverso di noi in tutte le persone che incontriamo, portatori di amore e di riconciliazione.
Carissimi Davide, Matteo e Michael, eravate presenti anche voi al Giubileo dei seminaristi con Papa Leone il 24 giugno. Vi ha calorosamente invitati a vivere una profonda amicizia con Gesù e a fissare il vostro sguardo sul “motore” di tutto il vostro cammino: il cuore: “Come Cristo ha amato con cuore di uomo, voi siete chiamati ad amare con il cuore di Cristo. Ma per apprendere quest’arte bisogna lavorare sulla propria interiorità, dove Dio fa sentire la sua voce e da dove partono le decisioni più profonde”. La pagina del Vangelo che avete scelto, ci aiuta e vi aiuta a considerare la particolarità e la peculiarità del diaconato che ricevete: il servizio. “Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, la sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà” (Giovanni 12,26). L’invito è a seguire Gesù con radicalità, rinunciando al proprio io, lasciando così che il chicco di grano sia gettato in terra e muoia per ottenere frutti abbondanti e la vita eterna. Seguire Gesù significa trovare nel suo stile di vita, che è il servizio, la pienezza, in contrasto con la logica mondana che cerca affermazione e successo personale. Servire è rinunciare, mettendo le esigenze degli altri prima delle vostre. Servire è anche perdere del tempo per gli altri. Ma sappiate che la rinuncia non è fine a se stessa. La sfida è di sapere interpretare e vivere la vita come un dono ricevuto gratuitamente. Un dono che diventa dono agli altri, offerto con semplicità, umiltà, amore e speranza.
Carissimi figli, amate la Chiesa, questa nostra Chiesa diocesana che oggi non solo vi accogliere ma vi fa suoi per sempre con l’incardinazione. Amatela, anche se ha qualche ruga e servitela con gioia e con passione. Lasciatevi sospingere dall’amore e dallo Spirito Santo e non mettete mai confini alla sua fantasia. Aprite strade nuove e abbiate il coraggio di ‘osare’ anche nella pastorale. Questi nostri tempi richiedono ministri innamorati del Signore e della gente, che con coraggio e speranza aprono nuove vie di evangelizzazione. Maria, stella dell’evangelizzazione e vergine delle Grazie vegli sul vostro cammino.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
