“Sopravvissuta ad Auschwitz – Liliana Segre testimone della Shoah”

Con la prefazione del cardinale Carlo Maria Martini la ripubblicazione del libro della Zuccalà che narra la vicenda di Liliana Segre

Emanuela Zuccalà, giornalista, scrittrice e regista specializzata in diritti delle donne, ha pubblicato nel 2005 per le editrici Paoline “Sopravvissuta ad Auschwitz – Liliana Segre testimone della Shoah”. E’ stato il cardinale Carlo Maria Martini, da Gerusalemme nell’ottobre del 2004, a scrivere la presentazione al volume, che è uscito in una nuova edizione nel 2020. Il card. Martini aveva conosciuto Liliana Segre qualche anno prima a Villa Sacro Cuore di Truggio, vicino Milano, in occasione di un Consiglio pastorale diocesano. Liliana Segre con tanta pacatezza aveva portato la sua testimonianza, senza odio, sottolineando l’ammonizione che di fronte al male non si può mai dire “Non ce la faccio più”. E’ la stessa ammonizione che Liliana Segre ha pronunciato di fronte ai tanti giovani che ha incontrato. Come tanti deportati ha fatto molta fatica ad accettare di testimoniare, sempre “in bilico” tra la necessità di dimenticare e quella di dover raccontare perché tanto male non si ripeta più.Il libro della Zuccalà narra in prima persona la vicenda di Liliana Segre, tratta dagli incontri con i giovani e da quelli personali tra le due donne. Dallo scritto emerge la storia di una bambina milanese, orfana di mamma a neanche un anno di età, vissuta con papà e nonni paterni fino al pronunciamento delle leggi razziali nel 1938. Inizia a soffrire terribilmente per essere additata al proprio passare per via. Perché si perseguitano gli ebrei? Sono italiani, alcuni anche fascisti. Papà e zio hanno combattuto nella prima guerra mondiale. L’unica colpa? Essere nata ebrea. Nel dicembre del 1943 la partenza, nel gennaio 1944 quella per Auschwitz con papà. Liliana Segre aveva 13 anni. Al campo la selezione, uomini divisi dalle donne. “Lasciai per sempre la mano di papà, non lo avrei mai più rivisto ma allora non potevo saperlo”. Liliana si salverà per il forte attaccamento alla vita. Ogni deportato per sopravvivere aveva escogitato una propria strategia. Ad aiutarla a ricostruire la vita dopo il lager, un amore nato sulla spiaggia, poi suo marito.