Cultura e Spettacoli
Novella Cantarutti. centenario della nascita il 26 agosto
Nata a Spilmbergo il 26 agosto 1920. Voce poetica nel suo friulano di Navarons
Il 26 agosto 1920 – cent’anni fa, dunque – nasceva a Spilimbergo Novella Cantarutti, destinata a divenire una delle voci più alte della poesia friulana e non solo.Se la giovane Novella deve al padre l’interesse per la poesia, deve invece alla madre, originaria di Navarons (Meduno) e alle donne di casa «la lingua, una varietà di friulano “felicissima, fortemente vocale, inquietante” e lo stesso modo di porsi nei confronti del vivere, dell’accadere delle cose» scrive il prof. Rienzo Pellegrini, che della Cantarutti è uno dei maggiori studiosi.E quel friulano è stato – come la poetessa sosteneva – la chiave per entrare in un mondo che lei ha saputo cantare come pochi.La sua maturazione poetica molto deve all’incontro-scontro con personalità forti come quelle di Giuseppe Marchetti (già suo insegnante) che la spronò a scrivere in friulano, e di Pier Paolo Pasolini, che «segnò, nella stagione d’avvio, una dimensione nuova, un’apertura a problematiche e realtà poetiche di largo respiro, dense di spunti e sollecitazioni» come lei stessa riconobbe.Dopo gli studi universitari, Novella Cantarutti iniziò subito – e continuò per tutta la vita – a insegnare; parallelamente, fin da giovanissima, scrisse e non solo poesia: tante le sue collaborazioni a riviste di vario genere (nazionali e locali), a pubblicazioni di Marchetti e Pasolini, a quelle della Società Filologica Friulana e a molte altre testate. Molto ampia e ben documentata da moltissimi scritti la sua ricerca sulle tradizioni popolari. Ma è la poesia la sua dimensione: «risolta in autonomia, pur in debito sia con Marchetti che con Pasolini. Un percorso nel solco della fedeltà: al particolarissimo friulano di Navarons e a una scrittura che ben presto si costringe al ritegno, al rigore formale (e morale) di un dettato asciutto. La poesia della Cantarutti conosce l’asprezza di una ferialità che non appaga e la legge dura dell’esistere, la vertigine dello smarrimento, ma conosce anche l’attimo trasognato dell’abbandono. E al disagio velenoso dell’incrinatura risponde la freschezza della vita che si apre» afferma Pellegrini.In Polvara e rosa (In polvere e in fiore) del 1989 la Cantarutti ha raccolto in un unico volume la sua produzione poetica edita fino a quel momento, consentendo così al lettore uno sguardo complessivo sul suo percorso poetico, che gioca sul contrasto tra morte (polvara) e vita (rosa), laddove è la morte a divenire vita. La sua poesia non si è però conclusa lì: altre raccolte sono uscite successivamente, da Scunfindi il nuja (1997) a Clusa (Siepe, 2004), a Veni (2007) aggiungendo altro valore alla sua già altissima produzione. La quale non è stata solo poetica: elzeviri, medaglioni di personaggi, scritti per libri fotografici e molto altro. Ma ci sono alcune raccolte molto significative: Sfueis di chel âtri jeir (Fogli di un altro ieri, 1997) che riunisce due testi La femina di Marasint (La donna di Marasint) e Pagjni’ seradi’ (Pagine chiuse), raccolta di racconti e leggende il primo, di carattere più familiare il secondo. E Oh, ce gran biela ventura!… (2001) che costituisce la “summa” della ricerca sul campo che la Cantarutti portò avanti sulla “tradizione orale tra il Meduna e le Convalli”.Novella Cantarutti è morta a Udine nel 2009: per ricordare il decennale della scomparsa e per celebrare il conferimento da parte degli eredi delle sue carte alla Biblioteca di Spilimbergo, quel Comune ha edito lo scorso anno «La mia casa è sita…» Una “autobiografia” e alcuni racconti a cura del prof. Rienzo Pellegrini, con i disegni di Lea D’Orlandi.La donazione consta di tantissimi materiali: «delle oltre cento sue “mitiche” agende, che ella conservava in una culla! – spiega Pellegrini – dove scriveva di tutto: minute di suoi lavori, lettere, testi di conferenze, pagine di diario, poesie inedite. Sono agende, da lei stessa riordinate e numerate, che coprono diversi decenni della sua lunga vita, fino all’ultima redatta nel corso del 2009, anno della morte. Alcune parti sono di carattere privato; vi sono i quaderni-diari dai primi anni Quaranta in poi; infine i cartolari, che contengono di tutto: bozze di stampa, lettere fra cui quelle scambiate con Pier Paolo Pasolini o con il poeta Diego Valeri, tanto per citare due figure “nazionali”».Verso la fine della sua vita, Novella Cantarutti stava lavorando a una autobiografia (anche per rispondere a diverse sollecitazioni) «secondo un percorso del tutto personale. Aveva raccolto e materiali dalle varie agende o da altre carte e li riscriveva in un’altra agenda fittissima e piena di correzioni, con colori diversi e una grafia bella ma di non facile decifrazione. Ha riempito così un’intera agenda e parte di quella del 2009: da esse aveva estratto 32 cartelle digitandole al computer».Nasce così La mia casa è sita…, titolo tratto dai “pensierini” di una bambina di seconda o terza elementare che doveva descrivere la sua casa, il luogo dove viveva. «In questo lavoro la Cantarutti non parla mai delle sue poesie o prose, ma racconta dei fatti che per lei erano memorabili. Chiaramente non è un lavoro finito, ma interessante: ella torna su motivi più volte tracciati, la memoria non è lineare, comunque era un lavoro pensato e destinato alla pubblicazione. In questo senso questa edizione non fa violenza alla volontà della poetessa e non ha toccato il terreno degli inediti. A questo scritto seguono alcuni suoi lavori giovanili: cinque racconti in italiano degli anni Quaranta, uno pubblicato su “Ce fastu?” della Società Filologica e gli altri su “Gioia” e su un volumetto. Da questi scritti emerge sia la continuità, ovvero Novella è sempre stata fedele a sé stessa, sia la discontinuità dovuta al maturare. A noi consentono di conoscere una persona fuori dal comune come donna e come scrittrice» conclude Pellegrini.Nico Nanni