Cultura e Spettacoli
Un soffio di umanità
Presentato l'ultimo libro di Giuseppe Ragogna. I proventi alle missioni diocesane in Kenya
Passano storie di un’altra Africa dalle pagine di Giuseppe Ragogna, vicedirettore de Il Messaggero di Pordenone, ormai in profumo di pensione, ma con tanta voglia di fare e di dare (“Perché io dalla vita ho avuto tanto” ammette). Le idee erano chiare fin dall’inizio: chiudendo il ciclo del lavoro, voleva aprire quello del volontariato. “Ho detto a don Romano Filippi – ha raccontato mercoledì 20 giugno alla Casa dello Studente, presentando il suo libro “Un soffio di umanità” edizioni Omino Rosso) – voglio fare qualcosa per le missioni ma devi avere pazienza. Io non so battere un chiodo!”.Il senso pratico di don Romano ha trovato subito la soluzione: “Sai scrivere, scrivi!”. E così è nato un viaggio, fatto con il notes tra le mani. Appunti, foto, impressioni, stupore e scoperte. Una volta rientrato tutto questo si è trasformato in un agile e importante libro.
AIUTIAMOLI A CASA LOROSono storie che escono in un contesto di cronache di respingimenti, di frasi come “Aiutiamoli a casa loro”. E l’autore scrive: “È quello che chiedono gli africani. Ma la frase non può restare uno slogan da urlare nelle piazze, per poi non fare nulla. Si faccia davvero, di più e meglio. Le azioni concrete danno risultati che si colgono in un mondo in movimento: dal Kenya non scappa nessuno, anzi il Paese accoglie numerosi rifugiati dalle fragili aree vicine”. Parole di testimone.
MISSIONE UMANITA’“Volevo capire come funziona l’esercito dei volontari, di religiosi ma anche di laici che insieme stanno costruendo il futuro per tanti ragazzi. Ho cercato di dar voce a chi non ne ha, a chi lavora senza i riflettori e senza chiedere nulla in cambio, solo per aiutare e far crescere gli altri”. Alcuni lo fanno per fede, altri no: tutti danno priorità all’umanità che soffre, che è nel poco, nel niente.”Nelle missioni che ho visitato a Sirima e a Mugunda prima hanno pensato alle scuole, ai dispensari, ai pozzi o all’acqua per coltivare. Solo dopo sono arrivate le chiese. La persona, il prossimo ha la precedenza. Mettono al primo posto la promozione umana, il far uscire dallo stato di bisogno, l’accompagnare nella crescita, l’accendere la speranza. Questo dicono gli sciami di bambini che ogni mattina all’alba arrivano alle scuole, dopo aver camminato per chilometri. Ci vanno con gioia alla scuola, cantando, con gli occhi belli e grandi dei bambini africani: perché lì c’è per loro una possibilità di futuro. E lo sanno. E lo vedono”.Nel libro infatti scrive: “Senza una prospettiva, chi ce la fa scappa e va ad alimentare flussi migratori imponenti, che nessuno riuscirà mai a fermare. Non ci sono barriere che tengano: chi parte con l’idea di sopravvivere ha già messo in conto il rischio di morire”. Ma le scuole dei missionari sanno dare la prospettiva.Tanto è rimasto colpito da questi bambini che, grazie al sostegno della Bcc Pordenonese – che ha coperto le spese di stampa -, tutti i proventi del libro sono interamente devoluti alle scuole delle missioni diocesane in Kenya.Questo non è stato un viaggio di curiosità, ma di presa di coscienza. Un viaggio fatto insieme a Lorenzo Garziera e Silvano Mazziol, preparato con Maria Pia Macchi (per i contatti con don Romano e don Elvino Ortolan), contagiato dal mal d’Africa di Cristina Savi, presente il 20, autrice della presentazione al volume oltre che del libro “Africa da morire”.
DUE SACERDOTIIl 20, al tavolo dei relatori, c’erano anche don Romano Filippi e don Pierluigi Di Piazza.Don Romano ha aggiornato i numerosissimi presenti circa lo stato dei lavori del suo progetto dell’acquedotto: in collaborazione con la regione Veneto, che si è gemellata con la diocesi di Nyeri, si arriverà alla costruzione di una diga che darà più disponibilità di acqua alla sua gente e ai campi. “Io ho fatto tutto con un obiettivo – ha dichiarato – non farli abbandonare la loro terra, non farli andare a Naironi dove si perdono. Da qui sono nate le scuole, il liceo, le professionali; da qui i 650 km di acquedotto. Da qui, l’ultimo progetto per i miei ragazzi: un centro sportivo che è in costruzione”.Don Pierluigi ha evidenziato le diversità: “Leggo queste pagine e vivo le sofferenze di questi giorni. Siamo all’uomo contro l’uomo, alle chiusure dei porti e alle gabbie per dividere le mamme dai loro figli. Siamo al ’prima noi’ e dopo gli altri. Chiedete a un missionario: chi vi direbbe lo stesso? Abbiamo bisogno di uscire dalla crosta del nostro egoismo. Abbiamo proprio bisogno di un soffio di umanità, come ben dice il titolo di questo libro”.Simonetta Venturin