Domenica 20 aprile, Pasqua di risurrezione, Commento di don Renato De Zan

Gv 20,1-9

1 Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2 Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3 Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4 Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5 Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6 Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7 e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8 Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9 Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti

L’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette

1. Il Testo

1. Il Testo di Gv 20 è difficile da decifrare. La prima pericope sarebbe circoscrivibile in Gv 20,1-18 perché in Gv 20,1-2 sono nominati tre personaggi: Maria di Màgdala, Simon Pietro e l’altro discepolo, quello che Gesù amava. La narrazione prosegue esaurendo il ruolo dei due discepoli  in Gv 20,9, ma il ruolo di Maria di Màgdala si conclude in Gv 20,18 (con un’ottima inclusione: v. 1 Maria di Màgdala e v. 18 Maria di Màgdala; il nome “Maria”, in Gv 20,11, non essendo completo, non ha funzione stilistica).

2. La formula evangelica che la Liturgia propone è cadenza in quattro momenti principali. Nel primo (Gv 20,1-2) la protagonista principale è Maria di Màgdala. Il secondo momento (Gv 20,3-5) presenta come protagonista il discepolo che Gesù amava. Nel terzo (Gv 20,6-7) troviamo Simon Pietro e nel momento conclusivo (Gv 20,8-9), un po’ oscuro, ritroviamo il discepolo che Gesù amava che vede e crede e, sottintesi della terza persona plurale del verbo “non avevano ancora compreso”, Simon Pietro e Maria di Màgdala, che immediatamente dopo, proprio non avendo compreso ancora la Scrittura, scambia il risorto con il giardiniere (Gv 20,11-18).

2. L’Esegesi

1. I razionalisti del passato avevano fondato un loro argomento contro la risurrezione sul fatto che Giovanni, diversamente dai Sinottici non parla di “donne” al sepolcro, ma della sola Maria Maddalena. Sbagliavano. Se avessero letto il testo con un po’ più di attenzione e con meno pregiudizi, si sarebbero accorti che la Maddalena dice: “Non sappiamo dove l’hanno posto”. L’indizio è chiaro: il verbo svela la presenza di altre persone (presumibilmente donne) accanto a Maria di Màgdala.

2. Il “discepolo che Gesù amava” è un personaggio misterioso: compare in Gv 13,23 (ultima cena); 19,26 (crocifissione); 20,2 (al sepolcro); 21,7 (pesca miracolosa a Tiberiade); 21,20 (stimato da Pietro). Chi sia il discepolo che Gesù amava, nessuno lo sa con certezza. La tradizione lo identifica con Giovanni, l’apostolo. Alcuni biblisti, prestando attenzione all’associazione “Gesù + amava”, si sono accorti che l’espressione ricorreva ancora solo una volta, in Gv 11,5 (rivivificazione di Lazzaro). Hanno ipotizzato che il discepolo fosse Lazzaro.

3. Sappiamo già che la traduzione di Gv 20,5-7 proposta dalla CEI non è l’unica (né la migliore)  possibile. Molti biblisti propongono che i teli fossero “afflosciati” e il sudario, “avvolto su se stesso”, si trovasse “nello stesso luogo” (il greco, ripetendo una costruzione semitica, dice: in un luogo uno). I teli che avvolgevano il corpo di Gesù erano “svuotati” e quindi “afflosciati”. Non c’erano strappi, tagli o disordine. La scena si presentava come se il corpo di Gesù avesse trapassato i teli, senza scompaginarli.

Il sudario, invece, che sotto i teli creava una protuberanza, era ancora lì, al suo posto. Questa scena – vista dal discepolo, da Pietro e dalla Maddalena – lasciano gli ultimi due incapaci di capire. Il discepolo che Gesù amava conosceva la Scrittura e la scena vista “ha parlato”: vide e credette.

4. Sappiamo che la risurrezione è un fatto reale, accaduto nella storia, ma non appartiene alla storia, bensì all’escatologia. Gesù -diversamente da Lazzaro, dalla figlia di Giàiro e dal figlio della vedova di Nain, che sono tornati in vita per tornare a morire – torna in vita per non morire più: “Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui” (Rm 6,9). Il Risorto porta in sé l’eternità. Questo spiega tante cose. Per entrare nel mistero della Morte-Risurrezione è necessario farsi guidare dalla Scrittura, accolta con fede. Gesù lo dirà ai discepoli di Emmaus (Lc 24,27) e ai discepoli riuniti a Gerusalemme (Lc 24,44). Per avvicinare il Risorto, che non è più conoscibile in modo “immediato”, alla maniera storico-umana, con la fede bisogna affidarsi alla “parola” e al “segno”, gli unici due elementi che guidano l’uomo storico verso l’eternità. Per inciso, si ricordi che “parola” e “segno” sono gli elementi costitutivi della Liturgia.

3. Il Contesto Liturgico

1. La sequenza pasquale Victimae paschali laudes” si chiude con questa strofa: “Scimus Christum surrexisse a mortuis vere: tu nobis, victor Rex, miserere – Sappiamo che Cristo è veramente risorto dai morti: tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi” . La traduzione ufficiale italiana, purtroppo, è un po’ diversa:  “Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto. Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza”. La strofa esprime la fede in Cristo risorto, che oltrepassato il muro insormontabile della morte, e la consapevolezza dell’enorme distanza tra noi, ancora profondamente toccati dal peccato dalla morte, e Lui. Ma noi risorgeremo?

2. Lo scrittore sacro ci offre la risposta nella seconda lettura (1Cor 5,6b-8): “Quando si manifesterà Cristo, vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria”. Noi, dunque, siamo già risorti (cf Col 3,1: “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”). Alla fine de storia, la nostra risurrezione non sarà una “novità”, ma non sarà altro che la manifestazione di ciò che in realtà siamo già, fin d’adesso in forza del nostro battesimo