Pordenonelegge: Storie di montagna in Friuli

Questa mattina la presentazione del libro di Giuseppe Ragogna che raccoglie storie di rinascita e buone notizie, alle 10 nella sede di Confindustria Alto Adriatico

Venerdì 15 settembre alle ore 10 presso Confindustria Alto Adriatico il giornalista e autoreGiuseppe Ragogna incontrerà i ragazzi delle scuole superiori sul tema “Storie di montagna. Esperienze di vita e di lavoro”. L’incontro è incentrato sull’ultimo libro di Giuseppe Ragogna “Friuli – Storie di rinascita della montagna”. Pubblicato per L’Omino rosso lo scorso giugno, sta avendo grande successo. A Pordenonelegge si intende presentarlo alle scuole, ci ha detto Ragogna. Con l’autore saranno presenti due tra i tanti protagonisti del libro. Chiara Spigarelli, tosatrice di pecore, e Ivan Provenzale impegnato nella rigenerazione territoriale della val Silisia. Giuseppe Ragogna, giornalista, già vicedirettore del Messaggero Veneto, andato in quiescenza, la sua curiosità ha continuato a portarlo a cercare nelle nostre terre e in quelle lontane, come le terre d’Africa, stili di vita, problematiche, missionari eroici. Le sue ricerche si sono riversate in numerosi articoli anche per il nostro settimanale “Il Popolo”, e in alcuni volumi. Siamo soliti vedere Ragogna camminare per Pordenone, munito di zaino e berretto in testa durante l’inverno, e quando non lo vediamo pensiamo che sarà sicuramente nelle nostre valli oppure, se il tempo dell’assenza si dilata, qualche voce, quella del giornalaio, dell’amico, o la sua stessa al cellulare ci dice che è in Africa, in qualche missione. Al rientro porterà a casa esperienze importanti, se pur a volte angoscianti e ce le racconterà. Del suo “Friuli” non pensava a una seconda edizione in soli due mesi, ma è arrivata. “Ho venduto soprattutto grazie alle tante presentazioni: una quindicina”. E continua a farle. Le farà anche alle varie UTE del territorio. “Sono ritornato in giro per le montagne del Friuli rispondendo a ogni invito anche nelle malghe e nei rifugi. L’incontro più affascinante nella borgata abbandonata a Tàmar nel cuore della Val Tramontina. Un centinaio di persone si sono date appuntamento al chiaro di luna per ascoltare i racconti. Si sono fatte un paio d’ore di cammino”. Assicuriamo che le fotografie di quella serata sono affascinanti. Il libro nasce dallo sconforto dell’autore nel leggere articoli che trattano sempre la montagna come un problema: spopolamento, chiusura di servizi primari, disastri idrogeologici. Possibile che le vallate siano soltanto sommatorie di disgrazie? Così – ci racconta Ragogna – si è lasciato trascinare dal fiuto delle “buone notizie”, quelle che profumano di ottimismo e di speranza. Le ha cercate con lo spirito  del viandante, cioè di colui che è capace di osservare e e ascoltare, per capire e scrivere. Vista la consistenza del libro (di quasi trecento pagine), non è mai tornato a casa senza aver raccolto qualche segno di rinascita. Assicuriamo che il libro è affascinante, 50 storie più una finale che narra dello spopolamento montano attraverso la voce di alcuni protagonisti. Quattro facciate per racconto, rigorosamente. Storie di vita che conquistano, affascinano in luoghi che spesso ci sono noti. Tra monti, boschi case diroccate. Non posso dimenticare il racconto dell’affiorare delle case di Movada nel lago di Redona quando è in secca, mi hanno affascinata fin da bambina. “I racconti si srotolano con semplicità narrativa lungo un percorso compiuto rigorosamente sul campo, con lo zaino in spalla e il taccuino degli appunti in mano. Ragogna è entrato così nelle confidenze personali degli interlocutori, in modo da poter cogliere ogni sfumatura. Una chiacchierata ha tirato l’altra e i fogli si sono riempiti. Ne è uscito un reportage di viaggio sin dentro le vallate più appartate e sconosciute del Friuli: dal Cansiglio al Piancavallo, dalla Valcellina alla Val Tramontina, dalla Val Colvera alla Val d’Arzino, dalla Carnia al Canal del Ferro, dalla Val Resia alle Valli del Natisone. Da ovest a est, lambendo le aree a ridosso di Austria e Slovenia.Nel lavoro di ricerca si intrecciano identikit diversi: chi alleva animali (per lo più mucche, pecore e capre) per trasformare il latte in formaggio e ricotta; chi coltiva piante ed erbe officinali per vari usi, in campi carichi di colori e profumi che si trasformano in quadri di Van Gogh e di Cézane; chi mantiene in vita tradizioni artigianali con pratiche innovative; chi sviluppa cultura, attraverso piccoli eventi di promozione territoriale, e attività digitali connesse con il mondo; chi sceglie semplicemente un’esistenzaappartata tra i silenzi, lontano dal caos. Sono queste le storie di Gloria, Paolo, Alessia, Enrico, Mariaeveline, Carlo, Angela, Ivan, Elisa, Kaspar, Chiara e di tanti altri interpreti di una montagna che vuol vivere nonostante le difficoltà. Quasi tutti i protagonisti sono imprenditori ben motivati (molti giovani) che svolgono il lavoro con passione, ma anche con una visione economica “multitasking”, ovvero mettendo insieme più funzioni eco-sostenibili. Non sono degli sprovveduti. Emergono dalle storie tanti visionari con i piedi per terra, che si muovono consapevolmente controcorrente”. “A stare quassù ci prendono per matti – raccontano – ma le nostre sono invece scelte ragionate, impostate sulla connessione con la natura, in sintonia con i ritmi delle stagioni, che sono quelli più umani. Il valore del tempo ribalta molte priorità imbastendo nuovi stili di vita. Basta poco per essere felici. Non serve più scappare da luoghi considerati difficili e fragili, perché le tecnologie moderne aiutano a stare nel mondo.Gli abitanti della montagna amano quindi definirsi spiriti liberi. Ecco, magari sono proprio loro le avanguardie di un movimento di rinascita di territori considerati già persi. Tra le righe, il libro contiene dei garbati consigli a politici e amministratori pubblici impegnati in piani di rilancio delle nostre montagne. Sono proprio le persone come quelle raccontate in “Friuli” che possono salvare le nostre vallate. Come? Vivendoci, ovviamente. Sarebbe importante che coloro che si occupano di progetti e strategie incrociassero le loro vite, cogliendo problemi e difficoltà di ogni genere, ma anche passioni e visioni di futuro, tutte cariche di valori sociali. Chi vive lassù ha il senso di comunità. I montanari, vecchi e nuovi (questa è una mescolanza molto importante), potrebbero suggerire con il loro stile di vita i percorsi virtuosi dei cambiamenti, magari senza sperperare energie e finanziamenti in opere faraoniche, ma con qualche sensibilità in più a partire dalle connessioni di reti capaci di aprire al mondo anche i luoghi più isolati. La Regione Friuli Venezia Giulia potrebbe metterci il coraggio di sperimentare, attraverso la propria autonomia statutaria, qualche semplificazione burocratica e un po’ di fiscalità diversificata. Altrimenti ci toccherà assistere nel tempo al rocesso di desertificazione di metà della superficie regionale, che non è certo una buona cosa in tempi di emergenze climatiche e di consumo dissennato di suolo”. Ringraziamo Giuseppe Ragogna sempre generoso nello scrivere per “Il Popolo” e per averci  anche in questa occasione suggerito una lettura profonda del suo “Friuli”.