Pordenone
Pordenone: cerimonia per il Giorno del ricordo
Nella sede dell’ex Provincia, autorità pubbliche e civili, studenti e cittadini, tra i gonfaloni delle istituzioni e i labari delle associazioni combattentistiche e civili, si è celebrato il Giorno del Ricordo per richiamare una volta di più l’attenzione sui fatti risalenti ai giorni immediatamente successivi all'otto settembre del 1943, data a partire dalla quale si susseguirono eccidi, deportazioni, soprusi, torture, infoibamenti
Nella sede dell’ex Provincia, autorità pubbliche e civili, studenti e cittadini, tra i gonfaloni delle istituzioni e i labari delle associazioni combattentistiche e civili, si è celebrato il Giorno del Ricordo per richiamare una volta di più l’attenzione sui fatti risalenti ai giorni immediatamente successivi all’otto settembre del 1943, data a partire dalla quale si susseguirono eccidi, deportazioni, soprusi, torture, infoibamenti; un genocidio perpetrato a danni di famiglie italiane residenti da secoli nei territori allora italiani, oggi di Istria, Fiume, Dalmazia, esiliati dalle proprie case.
Dopo la deposizione della corona ai piedi della targa che ricorda le dolorose vicende del confine orientale nell’immediato dopoguerra e negli anni successivi, il Sindaco di Pordenone Alessandro Ciriani ha evidenziato il dramma e le tragedie vissute da tanti Italiani istriani, giuliani e dalmati costretti all’esodo, vittime di una vera e propria pulizia etnica, rafforzata da connivenze politiche, ma anche conseguenza dell’ostilità, del disinteresse e della scarsa conoscenza del fenomeno, il più delle volte generata dalla malafede: «Fu una storia per troppo tempo negata e cancellata a causa di condizionamenti politici, ricatti ideologici, pavidità culturali e storiche. Quello che accadde in quelle terre fu spaventoso e non ammette giustificazionismi, riduzionismi né tantomeno negazionismi: fu una scientifica, cosciente, programmata, brutale operazione razzista di pulizia etnica anti italiana ispirata all’ideologia comunista. E alla pulizia etnica seguì una – oggi incomprensibile – contrapposizione ideologica che, come triste corollario degli stermini, generò la fuga di 350.000 italiani dalle loro terre. Si trattò di una fuga dal terrore ma anche uno straordinario gesto di italianità. L’esodo svuotò una terra che da duemila anni parlava di Roma, di Venezia, di Italia: dalle italianissime Fiume, Zara, Rovigno, Capodistria, Pola se andarono 130 mila abitanti su una popolazione complessiva di 140 mila. Tali fatti sono parte integrante di una strategia pianificata, che aveva come elemento principale l’eliminazione degli Italiani».
E ha ricordato che «noi siamo Italiani e, come Italiani, non possiamo che sentirci popolo e stringerci fraternamente a tutti quegli Italiani ingiustificatamente, ingiustamente e crudelmente perseguitati, torturati, umiliati, assassinati».
A seguire, l’assessore regionale alle Risorse agroalimentari, forestali, ittiche e montagna Stefano Zannier ha lanciato un monito chiaro e perentorio: «Questa giornata diventi occasione per dire una volta per tutte “basta” ad atteggiamenti ambigui. Basta all’applicazione di due pesi e due misure. Basta alla divisione delle vittime in serie A e serie B. Questi fatti non sono ancora sufficientemente conosciuti, nonostante tutti gli sforzi e l’impegno profusi e ciò impedisce di farli diventare parte integrante della memoria collettiva italiana. Il Giorno del Ricordo sia una giornata di significato, affinché viva la testimonianza di fatti storici che ancora non si vogliono riconoscere. Il ricordo è la dignità di trasmettere a testa alta la memoria immane della tragedia di un popolo, il nostro».
Ricordare le decine di migliaia di vittime, l’esodo e la tragedia di centinaia di migliaia di Italiani cacciati dalle proprie terre, rappresenta un insegnamento fondamentale da trasmettere alle future generazioni. L’invito del sindaco Ciriani è stato rivolto quindi agli studenti presenti, ma soprattutto a insegnanti e famiglie affinché forniscano ai ragazzi l’opportunità di approfondire una pagina di storia ancora poco conosciuta, perché per anni è stata assente dai testi scolastici: «Ricordare è un imperativo morale. Io, come i miei coetanei di 50 anni e più, devo solo alla mia curiosità, alla fortuna incidentale di aver conosciuto qualche esule, al desiderio di verità e giustizia, l’aver appreso accadimenti che mai, in anni di scuole medie, superiori e università, sono stati riportati sui testi di storia o anche in una sola riga di libro scolastico».
Il presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD) Silvano Varin, ha poi ammonito, con una lucida punta di giustificatissima polemica, lo Stato italiano che ancora oggi, dopo 62 anni, non ha onorato il patto con la Jugoslavia, sancito da legge, di rifondere le famiglie degli esuli dei beni espropriati e trafugati nell’esodo.