L'editoriale
Non dimenticare la luce
Sono i giorni di passaggio tra un anno e l’altro. Le vie strisciate dalle luci natalizie diventano, per una notte, incendi colorati di stelle, chiassosa accoglienza di ogni anno nuovo. Questo da noi.
Ma altre notti restano nere. Quelle dei cieli ucraini dove quasi duecentomila persone nei giorni che hanno preceduto il natale, sono rimaste al buio e al freddo, private di ogni forma di energia e di calore. Nessuna luce festosa brillerà sui cieli di Gaza, dove l’acqua di piogge scroscianti ha rubato il poco di chi prova a sopravvivere in tenda.
Mentre i nostri cuori si spaurano e si scoraggiano di fronte a queste e altre simili realtà, piovono come un balsano le parole del primo messaggio di papa Leone XIV per la 59a Giornata della pace (1° gennaio 2026). Si svela un papa realista, consapevole che “dimenticare la pace è purtroppo possibile”, che si può cedere alla rappresentazione del mondo parziale e distorta “nel segno delle tenebre e della paura”. Ma, rifacendosi al suo amato Agostino, ricorda come il santo “esortava i cristiani a intrecciare un’indissolubile amicizia con la pace”, perché solo custodendola all’interno di noi stessi possiamo irradiarla all’esterno.
Il papa invita a non disperare, a perseverare nella speranza, ci indica chi sta molto peggio di noi: “Anche nei luoghi in cui rimangono solo macerie – scrive – e dove la disperazione sembra inevitabile, proprio oggi troviamo chi non ha dimenticato la pace”. A Betlemme l’albero torna davanti alla basilica della Natività come a Kiev mani ucraine accolgono piccoli Gesù, presepi tascabili per il desiderio più grande: la pace. Questo è il dono che possiamo fare a noi stessi e al mondo: non dimenticare la luce, farci portatori della pace e del suo desiderio, bene supremo ancor più necessario nel deflagrare violento del male.
Simonetta Venturin
