Commento al Vangelo
Domenica 21 dicembre, commento di don Renato De Zan
Mt 1,18-24
18 Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20 Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21 ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». 22 Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23 Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. 24 Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Maria darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù
Il Testo
1. Il vangelo dell’Infanzia secondo Matteo (Mt 1-2) è di facile accostamento. Dopo la genealogia (Mt 1,1-17), ci sono tre medaglioni: Giuseppe perplesso di fronte a Maria incinta (Mt 1,18-25), la fuga in Egitto (Mt 2,13-18) e il ritorno dall’Egitto (Mt 2,19-23). Tra il primo e il secondo medagliano c’è il ciclo dei Magi ed Erode (Mt 2,1-12). I tre medaglioni sono costruiti con lo stesso schema letterario. Prima viene presentato un problema, poi l’angelo presenta la soluzione. Giuseppe esegue e il narratore si premura di dire che ciò che è avvenuto non è altro che il compimento di una profezia veterotestamentaria.
2. La formula evangelica di Mt 1,18-25 è stata impoverita dalla Liturgia del v. 25 (“senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù”) perché altrimenti saremmo già a Natale. Il testo della formula evangelica di Mt 1,18-24 costituisce fondamentalmente il primo medaglione del vangelo dell’Infanzia di Matteo. La struttura narrativa è di facile identificazione. In Mt 1,1a troviamo il titolo della pericope (“Così fu generato Gesù Cristo”). Successivamente troviamo la presentazione del problema (Mt 1,18b-19): Maria è incinta, ma non da Giuseppe che non sa come comportarsi. L’angelo (Mt 1,20-21) spiega a Giuseppe la maternità di Maria per opera dello Spirito Santo. Il narratore interviene per dire al lettore che tutto ciò è adempimento di Is 7,14. Il testo si conclude (Mt 1,24) con Giuseppe che prende con sé Maria.
L’Esegesi
1. Una prima osservazione va fatta sulla traduzione. In Mt 1,18, Maria viene giustamente chiamata “promessa sposa” di Giuseppe. La traduzione del verbo greco “mnestèuo” è corretta (essere fidanzata, essere promessa sposa). Diventa problematica l’affermazione di Mt 1,19: “Giuseppe suo sposo”. Proprio no. Giuseppe era “il suo uomo”, ma non sposo. Ne deriva che il verbo “ripudiare” a fine versetto è una traduzione impropria del verbo greco “apolùo” (che significa rimandare, allontanare e anche ripudiare). Una traduzione più idonea sarebbe: “Giuseppe, il suo uomo, poiché era giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di rimandarla in segreto”.
2. Dopo il libro di Daniele, dove l’angelo interprete è diventato una figura essenziale per la comprensione della realtà, possiamo capire quanto sia giusto ciò che dice il Siracide: “Se non sono una visione inviata dall’Altissimo, non permettere che (dei sogni) se ne occupi la tua mente” (Sir 34,6). Nel caso di Giuseppe è giusto che Giuseppe se ne occupi. L’angelo svela a Giuseppe ciò che è detto in forma molto più ampia e comprensibile in Lc 1,26-38 (annunciazione di Gabriele a Maria). Matteo, molto saggiamente aveva già delicatamente anticipato questo mistero alla fine della genealogia (Mt 1,16) dove Giuseppe non genera Gesù, come Giacobbe ha generato Giuseppe. Gesù nasce da Maria e non da Giuseppe: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo”. La stessa delicatezza e chiarezza si trova nel v. 25, soppresso per oggi dalla Liturgia: Senza che Giuseppe “conoscesse” Maria, “ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù”.
3. La citazione di Is 7 14 come profezia che si adempie in Maria (“Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele”), è tratta dal testo greco dei LXX. Questa traduzione dall’ebraico-aramaico in greco, compiuta nell’arco di due secoli (dal sec. III agli inizi del sec. I a.C.), è stata la Bibbia di tutti gli ebrei di lingua greca della diaspora, approvata dal rabbinato ebraico fino a subito dopo il 70 d.C. La chiesa nascente adotta come testo dell’Antico Testamento il testo greco dei LXX e questo spiega la citazione di Matteo. Il testo ebraico ha una piccola variante: “Ecco, la giovane donna concepirà e darà alla luce un figlio…”. Il testo greco, traducendo il pensiero teologico rabbinico, ha invece scritto “vergine”.
Il Contesto celebrativo
1.Il Natale ormai è qui. Pochi giorni e il tempo dell’attesa (Avvento) si trasformerà in tempo della contemplazione del Bambino, di Dio che si fa uomo. Nel cammino dell’Avvento abbiamo avuto come compagni di viaggio il profeta Isaia, Giovanni Battista e Maria Vergine. Si tratta di personaggi che hanno sostenuto il popolo di Dio nell’attesa della salvezza (Isaia) e del Messia (il Battista). Maria ha un posto particolare nell’attesa. Lei ha aspettato il Messia con tutta se stessa, coinvolgendo non solo il suo spirito, ma con il suo “si” a Dio, anche la sua carne. La maternità messianica, annunciata dal profeta Isaia in una profezia severa e ricca di speranza (prima lettura, Is 7,10-14), trova compimento nel mistero del grembo della Vergine. Non si tratta di una realtà comprensibile alla ragione umana. Giuseppe, come la comunità celebrante, ha bisogno che dal mondo divino venga una guida e un interprete.
