Domenica 9 novembre, commento di don Renato De Zan

Gv 2,13-22

13 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15 Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17 I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà. 18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19 Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20 Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere

La festa

Nella zona orientale del Celio c’era un ampio terreno con una domus appartenente alla famiglia romana dei Laterani. Quando Costantino sposò in seconde nozze Fausta dei Laterani, la proprietà passò a Costantino. Inoltre lì vicino c’era anche la caserma degli “equites singulares”, alleati di Massenzio e sconfitti da Costantino. Egli sciolse il corpo degli “equites” e donò il tutto al papa. Nel 324 papa Silvestro consacrò la sua basilica e la dedicò al Ss Salvatore. Per secoli la memoria di tale erezione venne festeggiata solo dalla comunità cristiana di Roma. Più tardi la basilica prese il nome completo di “Arcibasilica del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano, Madre e Capo di tutte le Chiese della Città e del Mondo”. Nella riforma del calendario liturgico del 1565 la festa venne estesa a tutte le comunità cattoliche di rito latino di tutto il mondo. Poiché la basilica lateranense è stata fin dagli inizi la chiesa del Papa perché lì il pontefice aveva la sua cattedra, la festa assume oggi un valore di amore, di unione e di fedeltà a “Pietro e ai suoi successori”. Assume anche il valore di “onore” verso la chiesa-edificio.

Il Testo di Gv 2,13-22

1. La pericope evangelica e il formulario Liturgico sono perfettamente identici. La Liturgia non è intervenuta. Il testo si può scandire in cinque momenti. Il primo, Gv 2,13-14, presenta la circostanza (la Pasqua dei Giudei) e il luogo dell’episodio (nel tempio), dove Gesù trova “gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete”. Il secondo momento illustra l’azione di Gesù, Gv 2,15-17: Gesù caccia dal tempio i venditori di animali e rovescia i banchi dei cambiamonete. Il terzo momento comprende un breve intervento del narratore (Gv 2,17). Il racconto continua con il quarto momento, Gv 2,18-20 che riporta il dialogo tra i Giudei e Gesù sul gesto compiuto dal Maestro. Infine, il quinto momento riporta un ulteriore commento del narratore sull’accaduto.

L’Esegesi

1. Una prima comprensione del gesto narrato in Gv 2,13-22 indica in Gesù il continuatore della linea profetica. Amos, nel sec. VIII a.C., affermava che il vero culto a Dio non è l’offerta sacrificale, bensì è la “ricerca di Dio” e della sua volontà (Am 4,4-12; 5,4-7). Isaia, sempre nello stesso secolo, predicava che la ricerca del bene e il suo compimento è ciò che è gradito a Dio, mentre i sacrifici, le offerte e le preghiere non venivano accolte dal Signore perché falsate da una vita non giusta (Is 1,10-20). Geremia, poi, a cavallo tra la fine del sec. VII e inizi del VI a.C., chiedeva alla gente di abbandonare le offerte sacrificali false e proponeva con forza la ricerca della giustizia, il soccorso all’oppresso, la protezione degli interessi dell’orfano, la difesa della vedova, ecc. (Ger 7,21-26). Durante l’esodo Dio aveva chiesto di ascoltare la sua voce e non aveva dato ordini né sugli olocausti e i sacrifici (Ger 7,21-23).

2. Una seconda linea di comprensione porta a leggere il gesto come un gesto di rivelazione. Il pensiero rabbinico, fondandosi sul testo di Zac 14,21 (nei tempi messianici non ci sarebbe stato nessun “cananeo=mercante” nel tempio), aveva elaborato una figura di Messia con in mano il flagello – simbolo dei dolori che avrebbero inaugurato i tempi nuovi – per castigare i vizi, i peccati, le malvagità, ecc. Con questo gesto Gesù pone in atto una delle diverse autorivelazioni come Messia. C’è anche una terza linea di comprensione: la funzione del tempio consiste nell’essere il “luogo d’incontro” con Dio (= preghiera, ascolto della Parola) e non “luogo di scambio” con il Signore (= sacrificio). Egli può dire con autorità “non fate della casa del Padre mio un mercato!” perché ha con Dio un rapporto unico (“Padre mio”). Gesù, dunque, toglie dal luogo di culto e dal culto stesso il criterio di “mercanteggiamento” con Dio, riportando il culto al dialogo salvifico ed efficace con Dio e alla sua funzione di sorgente di impegno morale.

3. Il luogo dell’incontro con Dio non è più il tempio, ma la persona stessa di Gesù (“egli parlava del tempio del suo corpo”). Nell’incontro con Lui e nell’essere una cosa sola con Lui si compie il culto in “spirito e verità” (cf dialogo con la Samaritana: Gv 4,21-24), illustrato da Paolo in Rm 12,1-2: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale…”.

4. Ricordando e riflettendo su questo avvenimento gli apostoli hanno visto una delle cause indirette della sentenza di morte pronunciata dal Sinedrio (cf Mt 26,61). In ciò erano sostenuti dalla lettura profetica di Sal 69,10a. Inoltre, gli apostoli hanno scoperto che il vero tempio di Dio è il corpo di Cristo. Da qui a comprendere che i credenti sono il tempio di Dio (prima lettura di 1Cor 3,9c-11.16-17) il passo è logico e stringente. Infine, i discepoli non solo hanno colto il valore profetico dell’Antico Testamento, ma hanno anche visto la capacità profetica insita nelle stesse parole del Maestro (“credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù”).