Commento al Vangelo
Domenica 19 ottobre, commento di don Renato De Zan
Lc 18,1-8
In quel tempo, Gesù 1 diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2 «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3 In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4 Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5 dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6 E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7 E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8 Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Chi prega certamente si salva
Il Testo
1. S. Alfonso Maria de’ Liguori diceva: “Chi prega certamente si salva, chi non prega certamente si danna”. Forse, questa affermazione del Santo, che ha rinnovato la morale cattolica, può essere un commento ottimo che guida alla comprensione di Lc 18,1-8. Gesù stava completando il suo cammino verso Gerusalemme. Si trovava nelle vicinanze di Gerico e il suo insegnamento diventava sempre più stringente. Le tematiche sono diversissime (la preghiera, la presunzione, l’umiltà di riconoscersi bisognosi del perdono divino, le ricchezze, ecc.). In questo caso il tema riguarda il tema della preghiera continua (“pregare sempre, senza stancarsi mai”).
2. La formula evangelica è uguale alla pericope biblica con l’aggiunta, però, dell’incipit liturgico (“In quel tempo, Gesù…”). Il brano si suddivide in tre momenti letterari. Il primo (Lc 18,1) funge quasi da titolo. Il secondo momento (Lc 18,2-5) comprende la parabola esemplare del giudice “disonesto”, che non temeva Dio e non aveva riguardi per nessuno. Il terzo (Lc 18,6-8) racchiude le riflessioni sapienziali di Gesù che, però, conclude con una domanda problematica: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.
L’Esegesi
1. All’inizio del testo c’è una certa tensione tematica. Sembra, infatti, che la parabola del giudice iniquo voglia illustrare l’importanza della preghiera instancabile. Così, infatti, recita il versetto di apertura (Lc 18,1). Alla fine della parabola, però, Gesù pone l’attenzione sul giudice disonesto: “Avete udito ciò che dice il giudice disonesto?”. È intenzione del Maestro, infatti, porre per antitesi un parallelismo tra il comportamento del giudice e il comportamento di Dio.
Esiste, dunque, nel testo stesso un invito sottile a una doppia lettura del brano. La parabola è stata usata da Gesù per un fine preciso (comportamento del giudice iniquo – comportamento di Dio), mentre la rilettura della Chiesa nascente di Luca, dalla ricchezza della parabola pesca solo un elemento: l’importanza della assiduità e della perseveranza nella preghiera. Come vedremo, questo è il criterio interpretativo voluto dalla Liturgia.
2. La vedova in Israele era una delle figure più fragili della società ebraica. Questa fragilità era condivisa anche dall’orfano e dallo straniero. Per questo motivo, spesso, nella Torah si dice che Dio si prende cura di queste tre persone, che il buon ebreo deve offrire la decima anche per esse, che nel raccolto del grano e delle olive è giusto lasciare nel campo qualche cosa per esse, ecc. Il giudice, poi, verso queste persone deve avere uno sguardo di benevolenza. Egli non può comportarsi con il povero e con la vedova come si comporta con gli altri. La Legge, infatti, dice: “Non prenderai in pegno la veste della vedova” (Dt 24,17).
3. Il giudice della parabola, invece, non ha questo atteggiamento e la vedova è costretta a una preghiera incessante per ottenere giustizia. Alla fine l’ottiene. Di quale giustizia si tratta? La risposta si può cercare partendo dall’ultima frase del brano. Gesù si pone una domanda: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Il legame fra questa interrogativa e la preghiera continua e perseverante suggerisce di individuare nell’espressione “farà giustizia” (Lc 18,5.7) una forte allusione a una espressione equivalente: “Donerà la salvezza”. La preghiera incessante, dunque, è legata intimamente alla richiesta insistente della salvezza.
Contesto celebrativo
1. Sotto il profilo esegetico la parabola può essere letta sia a livello del Gesù storico (Dio è infinitamente più attento alla preghiera dei suoi figli di quanto lo sia il giudice iniquo) sia a livello della Chiesa nascente (l’insistenza della preghiera della vedova ha ottenuto giustizia). La Liturgia sceglie decisamente la lettura della parabola a livello della Chiesa nascente. Il contesto del Lezionario colloca accanto a Lc 18,1-8 il brano veterotestamentario di Es 17,8-13 (prima lettura), che sviluppa il tema della preghiera. Mosè prega per la vittoria.
2. Gesù è preoccupato per la preghiera dei discepoli. C’è il pericolo che il discepolo preghi in modo non corretto, anteponendo l’invocazione per questa o quella grazia, al dono supremo che è il dono dello Spirito per la salvezza eterna. La Colletta propria costituisce un ottimo criterio interpretativo del brano evangelico. Nell’amplificazione si evidenzia l’accoglienza divina nei confronti della preghiera di Mosè (“che hai accolto l’intercessione di Mosè”), mentre nella petizione chiede la perseveranza nella fede e nella preghiera (“dona alla Chiesa la perseveranza nella fede e della preghiera”). Quest’ultima richiesta è una specie di endiadi inversa: dona alla Chiesa la perseveranza della preghiera per mantenere la fede.
