Giubileo 2025
Giubileo dei Giovani: don Pincerato (Cei), “una gioventù consapevole di vivere un tempo forse irrepetibile”

“Una settimana segnata da un crescendo di bellezza, attesa e consapevolezza”. Così don Riccardo Pincerato, direttore del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei (Snpg), commenta, ‘a caldo’, i giorni intensi del Giubileo dei giovani che si è concluso ieri a Tor Vergata, con la messa di Papa Leone XIV celebrata davanti a un milione di persone. Uno sguardo maturato sul campo, da dentro le giornate romane che hanno raccolto, intorno ad un fitto programma di eventi, centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze da ogni parte del mondo. “La messa di apertura, martedì, ha dato il via a un’intensità e a una temperatura interiore crescenti – racconta –. L’arrivo a sorpresa di Papa Leone in piazza e le sue parole, ‘Siate sale, siate luce’, hanno aperto una settimana davvero ricca. E oggi, ancora una volta a braccio, ha rinnovato quell’invito con la stessa forza”.
(Foto Siciliani – Gennari/SIR)
Per don Pincerato è stata un’esperienza “molto sentita, in cui i giovani si sono sentiti accolti, accompagnati, messi di fronte a una proposta alta, capace di interrogarli e coinvolgerli davvero”. Fede, amicizia, crescita, senso di Chiesa: “tutti elementi che hanno trovato spazio, e che fanno maturare nei ragazzi la consapevolezza di vivere un tempo prezioso, forse irripetibile”.
Cristo al centro. Nel cuore di questa esperienza, emerge con forza l’appello a “rimettere Cristo al centro”. È il messaggio che – secondo il sacerdote – ha attraversato tutto il Giubileo. “Cristo risorto è la speranza concreta per operare scelte difficili – osserva –. Il tema della scelta è ritornato più volte, soprattutto nella veglia e nella messa. Il Papa ha invitato i giovani, citando sant’Agostino, a cercare la fonte di ciò che ci muove: non fermarsi alla bellezza, al creato, al cuore, ma risalire all’oltre che ci attende. E quell’oltre è Cristo. Non un ideale da difendere, ma una relazione da vivere. Ed è solo a partire da un incontro, da una relazione viva, che possiamo compiere scelte importanti. Lo ha detto chiaramente: non si tratta di avere qualcosa, ma di incontrare qualcuno”.
“Non qualcosa da possedere, ma qualcuno da amare”.
(Foto Calvarese/SIR)
La fragilità. Un’altra suggestione forte riguarda la fragilità. “Confesso che durante la veglia di sabato, mi era sfuggita – ammette –. Ma la domenica, vedere titolare i giornali, ‘La fragilità non è un tabù’, ne ho colto tutta la potenza”.
“È un messaggio controcorrente: in una società che premia la forza, il Papa invita i giovani a non nascondere le proprie ferite. A dire con libertà: ho bisogno, ho limiti, ma non per questo sono meno amato o meno degno. Il Papa ci ha invitato a non avere paura di mostrarla, a viverla con verità”.
Un appello che, aggiunge, “fa bene alla Chiesa, e fa bene anche alla città. Una società disarmata è una società disarmante, capace di accogliere e riconciliarsi con la propria umanità”.
Fame di senso. Poi uno sguardo più personale che racconta la capacità mostrata dai giovani “di passare dalla festa alla riflessione”: “Giovedì, in piazza San Pietro, li ho visti capaci di passare dalla festa alla riflessione, fino alla confessione. Sapevano collocarsi. Intuivano quando era il momento di gioire, quando quello di tacere. È una gioventù che desidera esserci, che ha fame di senso, che vuole rispondere alla vita. E Roma, in questi giorni, è stata attraversata da questa umanità in cammino. Pellegrini stanchi, ma con il sorriso. Volti che portavano con sé l’altro, e l’Altro. Donne e uomini in cerca di Dio. È stata un’iniezione di speranza, un bene prezioso per la nostra città”.