Domenica 20 luglio, commento di don Renato De Zan

20.07.2025      16° T.O.-C

Lc 10,38-42

In quel tempo, 38 mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39 Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40 Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41 Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42 ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola

Il Testo

1. Dopo la parabola del “Buon Samaritano” (Lc 10,29-36) e prima dell’insegnamento del “Padre nostro” (Lc 11,1-4), troviamo questo piccolo cammeo di Lc 10,38-42. Si tratta di un episodio che sa di famiglia. Eppure, dietro a questo episodio intimo si nascondono insegnamenti notevoli. Leggendo l’episodio dell’incontro tra Maria Maddalena e il Risorto (Gv 20, 11-18) leggiamo che la donna si rivolge a Gesù chiamandolo “Rabbunì” (Gv 20,16) che l’evangelista traduce “Maestro” (più precisamente sarebbe “Maestro mio”). È interessantissimo perché all’epoca di Gesù non esisteva il discepolato femminile presso nessuna scuola rabbinica. Rabbi Elieser diceva: “Meglio che gli insegnamenti della Torà siano bruciati, piuttosto che affidarli alle donne». E rabbi ben Yohanan rincarava: “Non parlare troppo con le donne…Ogni volta che si parla troppo con una donna ci si attira la sfortuna”. Gesù è il primo rabbino a fondare in qualche modo il discepolato femminile. E tale opera di fondazione si ha nell’episodio di Marta e di Maria (Lc 10,38-42).

2. La Liturgia non ha ritoccato il testo. Ha solo aggiunto il solito incipit “In quel tempo”. La struttura narrativa della formula è semplice. C’è una introduzione (Lc 10,38) in cui si dice che Gesù era “in cammino”. In Lc 9,51 il Maestro aveva appena incominciato il cammino verso Gerusalemme. Vengono presentati i due personaggi più importanti: Gesù e Marta. Maria è un personaggio più defilato, ma teologicamente di primo piano. Seguono dei versetti (Lc 10,39-40) che descrivono i due modi per accogliere Gesù, quello di Maria con l’ascolto e quello di Marta con il servizio. Chiude il racconto (Lc 10,41-42) il dialogo tra Marta e Gesù.

L’Esegesi

1. Nell’episodio di Lc 10,38-42, la tradizione ha voluto leggere in Maria il simbolo della vita contemplativa come superiore alla vita attiva, rappresentata da Marta. Non era esattamente questo il messaggio voluto dall’autore sacro. Leggendo attentamente Lc 10,39, troviamo scritto che Maria, “seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola”. L’espressione “seduta ai piedi del Signore” è una espressione tecnica per indicare il discepolato. Paolo, infatti, quando viene preso sotto custodia dal centurione a Gerusalemme volle parlare ai Giudei e disse loro che egli si era formato “alla scuola di Gamaliele” (in greco, invece, si ha “presso i piedi di Gamaliele”). Era cioè un discepolo del rabbino Gamaliele (allora conosciutissimo). Maria, dunque, aveva scelto di essere discepola di Gesù ricevendone la piena approvazione. Da qui la comprensione chiara dell’espressione di Gesù circa Maria che ha scelto la parte migliore.

2. Oltre al tema del discepolato femminile, nel brano è presente il tema dell’accoglienza. Poco prima di questo episodio Gesù era stato respinto dai Samaritani per motivi religiosi (Lc 9,52-53). Ora le due sorelle accolgono Gesù attraverso il servizio e l’ascolto. Si tratta di un gesto umanissimo e contemporaneamente ricco di valenze teologiche. Gesù, infatti, esprime con chiarezza la gerarchia di questi due modi inscindibili, l’accoglienza e l’ascolto. Prima viene la Parola e successivamente il servizio. Il messaggio è forte. Prima di ogni servizio (= diaconia) ci deve essere l’ascolto della Parola. Diversamente la diaconia potrebbe ridursi a un arido affaccendarsi o a una pura filantropia che inganna di più chi lo/la compie che non chi lo/la riceve. Oggi, purtroppo, esiste il pericolo di ridurre la carità all’affaccendarsi filantropicamente, dimenticando la dimensione di fede che porta prima all’ascolto di Lui nella Parola per saperlo ascoltare nel bisognoso.

3. C’è, infine, un ultimo tema sottile e determinante. Bisogna premettere che ognuno di noi ha delle preferenze nell’essere amato. Gli altri, invece, molto spesso ci amano come vogliono loro. Per Marta amare Gesù equivaleva a servirlo: questa era una valutazione della donna. Per Gesù, invece, sentirsi amato equivaleva a sentirsi ascoltato. Maria aveva capito molto bene questa sfumatura e da persona sensibile ama Gesù come il Maestro preferisce. Egli, dunque, non rimprovera l’amore di Marta, ma semplicemente lo indirizza. Gesù stesso, di fronte al cieco di Gerico, non si permette di amarlo senza chiedere al cieco stesso come desideri essere amato. Per questo motivo il Signore dirà: “Che cosa vuoi che io faccia per te?” (cf Mc 10,51).

Il Contesto celebrativo

1. La Colletta propria compie una sintesi teologica molto importante. L’assemblea, dopo aver contemplato il premuroso servizio di Marta verso Gesù e l’adorante silenzio di Maria (perché non il suo ascolto?), chiede di non anteporre nulla all’ascolto della sua parola. La prima lettura (Gen 18,1-10a) illustra il tema biblico dell’accoglienza attraverso un episodio della vita di Abramo. Questa accoglienza ha avuto come risultato finale l’annuncio, da parte del Signore, della nascita di Isacco.