Il bisogno più grande è la relazione

Al dormitorio notturno La Locanda attivo dal 2016 da ottobre si è aggiunto il centro diurno. In dieci anni cambiate le fragilità

Nicole Rigo, referente della Locanda, gestita dalla Caritas diocesana Concordia-Pordenone

Nonostante possiedano pressoché nulla e trovino rifugio la notte in un dormitorio notturno, “quando a fine anno abbiamo fatto una riunione per chiedere loro di cosa potrebbero bisogno, quali esigenze ci siano, la risposta non è stata qualche oggetto o servizio di comfort in più. La risposta è stata di avere ancora momenti di comunità, eventi insieme, frangenti di festa aperta alla città. La necessità è stata la relazione” così racconta Nicole Rigo, responsabile del dormitorio notturno di Pordenone “La Locanda” gestito dalla Caritas diocesana. Un luogo che apre alle 18.30 ogni giorno, offre un pasto serale e un letto in una delle otto camere di cui dispone, per poi fornire la prima colazione e chiudere alle 8.30 il mattino seguente.

Il nuovo centro diurno
Dallo scorso autunno il dormitorio ha fatto un passo oltre: “Abbiamo aperto anche il Centro diurno attivo i lunedì e i mercoledì dalle 10 alle 13.30. In queste due mattinate accogliamo tra le 15 e le 20 persone, che non coincidono con i venti ospiti notturni”.
“La condivisione con gli ospiti, è una modalità che riteniamo fondamentale per farli sentire protagonisti e non semplici fruitori di un servizio. Aprire spazi o, per usare un’immagine con cui abbiamo accompagnato la relazione del Centro di Ascolto, aprire porte, è utile se poi questi spazi sono abitati da relazioni che sono sì relazioni di aiuto, ma devono essere anche relazioni di reciprocità perché riconosco la persona e la sua dignità a prescindere dalla situazione di deprivazione anche grave che sta vivendo. Per questo diventa importante il condividere spazi in cui si costruiscono insieme attività e relazioni, che sono poi la base su cui si alimenta, per rimanere in tema giubilare, la speranza in queste persone. E a fianco degli operatori, motivati e competenti, perché chi vive in condizione di marginalità ha diritto ad avere persone competenti, è importante la presenza di volontari, altrettanto motivati e competenti, perché testimoniano che c’è spazio per prendersi cura dell’altro per il semplice volere di farlo” spiega Andrea Barachino, direttore Caritas diocesana Concordia-Pordenone.
Il Centro diurno è reso possibile da fondi dell’8xmille: la sala comunitaria per i pasti serali del dormitorio viene dunque aperta anche ad altre persone, specialmente coloro che di notte rimangono in strada senza un posto in cui dormire. Qui le persone possono trovare un pasto caldo a pranzo nelle due giornate di apertura, ma anche un luogo di confronto e di incontro, di conversazione, di lettura dei giornali insieme. “È un luogo aperto alla città, ai residenti del quartiere, a chi ha bisogno di un luogo di accoglienza, non solo uomini ma anche donne a differenza dell’asilo notturno che è solo maschile” aggiunge Nicole.

Servizio docce
Oltre al Centro diurno – sempre in stretto coordinamento tra Caritas diocesana, Croce Rossa Italia, San Vincenzo e Servizi sociali – grazie alla collaborazione della Parrocchia di San Francesco a Pordenone, è stato attivato un servizio settimanale di docce: ogni martedì dalle 9.30 alle 11, anche in questo caso grazie all’aiuto di un custode e di quattro volontari. “È uno dei servizi di base, per cui abbiamo deciso di tenerlo attivo tutto l’anno, certamente d’estate ma anche in inverno” prosegue Nicole.

Gli operatori
Nella Locanda, tra asilo notturno e Centro diurno, sono operativi Nicole (referente di servizio) e altri due operatori cui si aggiunge un giovane del Servizio Civile, cinque custodi notturni, e una decina di volontari. Lo spirito è proprio quello dell’apertura e dell’integrazione con la comunità. Lo scorso mese, caso forse unico in Italia, “abbiamo organizzato una pizzata di ‘dormitorio’, con gli ospiti, i volontari, gli operatori. Il senso è proprio dare dei segni di quella socialità che sta alla base della normalità, che è quanto poi ci accomuna tutti”.

Dormitorio notturno
La Locanda, che ha aperto nell’agosto del 2016, dispone di otto camere da 2 o 3 o 4 posti, ciascuna con bagno interno, un comodino e un armadio. “Gli arrivi vengono concordati con i Servizi Sociali, appena le persone vengono qui diamo loro un primo kit di igiene, delle lenzuola e asciugamani. Ricevono il pasto e la colazione” spiega la referente della struttura. Tutti gli ospiti sono infatti già presi in carico dai Servizi sociali.

Nuove fragilità
La Locanda è un punto di riferimento per persone che si trovano nella marginalità per le ragioni più diverse: “Quando abbiamo iniziato nel 2016 la maggioranza degli ospiti erano stranieri per lo più richiedenti asilo. Nel 2024 il trend si è invertito: la parte di richiedenti asilo è residuale (sono più che altro i non più minorenni che superati i 18 anni devono rifare l’iter); la maggioranza degli ospiti sono italiani che permangono per pernottamenti più lunghi, per lo più ultra45enni inattivi, spesso con fragilità relazionali, senza una rete familiare o amicale di supporto. Oppure stranieri residenti sul territorio da anni con problemi economici, che magari hanno un’occupazione a tempo indeterminato ma non riescono a trovare un alloggio in affitto. La fascia d’età va dai 18 ai 68 anni. Nel 2023 sono entrate 50 persone, nel 2024 38, segno che il periodo di permanenza si è di molto allungato. Il Centro diurno è invece frequentato per lo più da migranti che dormono in strada.

Bisogno di relazione
“Da quando ho iniziato nel 2016 a oggi non ci siamo mai fermati – prosegue Nicole Rigo – Abbiamo provato a fare cose nuove, abbiamo iniziato a organizzare eventi, tornei di calcetto, l’anguriata, a invitare anche i residenti che abitano del palazzo. Abbiamo avviato anche piccole attività con i gruppi parrocchiali e gli scout che ogni tanto vengono a farci visita. Abbiamo provato a scrivere le nostre esperienze, stamparle e distribuirle nel quartiere”. Il fatto di avere degli operatori con formazione specifica fa la differenza nella gestione, ma fondamentale è anche l’apporto dei volontari – come nello spirito Caritas – che riescono a instaurare delle relazioni. “Abbiamo dei momenti di équipe e supervisione dal punto di vista operativo ed emotivo. Incontriamo vite difficili, ma la spinta arriva dal fatto che ci si accorge di quanto basti poco alle persone: un sorriso, un momento di ascolto, la condivisione del pranzo. E noi d’altro canto riceviamo la possibilità dell’incontro con storie tanto diverse che ci insegnano molto” conclude Rigo.