Commento al Vangelo
Domenica 29 giugno, Solennità di Pietro e Paolo, commento di don Renato De Zan

Mt 16,13-19
In quel tempo, 13 Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». 14 Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». 15 Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». 16 Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17 E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18 E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19 A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Pietro, che confessò la fede nel Cristo, Paolo, che illuminò le profondità del mistero
Il Testo
1. Dopo il vangelo dell’Infanzia, Matteo scandisce il suo vangelo in cinque grandi unità in modo che appaia come il Pentateuco cristiano. In ogni unità si trovano due parti: una narrativa (fatti) e una discorsiva (discorso lungo). Nella quarta unità (Mt 13,53-19,1), la parte narrativa (Mt 13,53 – 17,27) presenta gli avvenimenti dalla moltiplicazione dei pani alla Trasfigurazione, mentre la parte discorsiva è occupata dal lungo discorso ecclesiale (Mt 18,1-35). Il brano odierno (Mt 16,13-19) è tratto dalla parte discorsiva della quarta unità.
2. La struttura di Mt 16,13-19 è facilmente identificabile. In Mt 16,13-15 vengono evidenziate due domande che Gesù fa su che cosa la gente dica del Figlio dell’uomo e su ciò che i suoi discepoli dicono (“La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” / “Ma voi, chi dite che io sia?”). Questa prima parte si conclude con la confessione di fede di Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. La seconda parte, Mt 16,16-19, è tutta dedicata a Pietro. Prima Gesù lo chiama “beato” perché destinatario della rivelazione divina e poi dona a Pietro – come dicono i teologi – il primato.
L’Esegesi
1. Cosa pensa la gente di Gesù? La risposta dimostra che le folle hanno intuito in Gesù qualche cosa di grande (il Battista, Elia, Geremia, un profeta) perché in Lui vedono di volta in volta il predicatore apocalittico, uno dei profeti che dovevano precedere il Messia, un profeta che annunciava la fine del silenzio di Dio. Nessuna risposta, però, ha colto l’identità di Gesù. Ancora oggi molti hanno tentato di “ridurre” Gesù a un “grande” profeta (o al vero rivoluzionario, al pacifista universale, al sapiente per eccellenza, all’uomo perfetto, al sognatore utopico, all’uomo dell’amore divino, al filantropo vero, ecc.). Nessuna di queste risposte coglie l’identità profonda di Gesù. La risposta di Pietro (“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”) va oltre le possibilità umane perché gli giunge da una rivelazione del Padre. I titoli in quanto tali (Messia e Figlio del Dio vivente) erano conosciuti nel mondo biblico e indicavano l’amore salvifico di Dio per il suo popolo e l’esperienza che il popolo ne aveva fatto. Pietro è stato guidato nell’applicare tali titoli a Gesù.
2. Il primato petrino è fondato su un gioco di parole molto interessante. Pietro viene conosciuto nella Chiesa nascente come “Cefa” (cf 1Cor 15,5: “E che apparve a Cefa e quindi ai Dodici”). La parola Cefa (si pronuncia Chefà) significa pietra, rupe. La frase di Gesù poteva suonare così: “Tu sei Cefa e su questa cefa edificherò la mia Chiesa”. Il potere delle chiavi dato a Pietro è comprensibile alla luce del potere dato da Dio a Eliakìm (Is 22,20-23): “Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire”. L’autorità di Pietro (e solo sua e dei suoi successori) è unica. Si possono ridiscutere certe forme storiche di primato (lo ha affermato Giovanni Paolo II stesso), ma il primato con ciò che dottrinalmente ne consegue è fondato sulle parole di Gesù.
Il Contesto celebrativo
1. La solennità dei Santi Pietro e Paolo è una delle celebrazioni più “ecumeniche” che si trovano nella Chiesa cattolica e nelle Chiese orientali. La Chiesa d’oriente chiama i due apostoli Protóthronoi e Protokorypháioi. La Chiesa cattolica esprime lo stesso concetto con le espressioni “primi nella potestà apostolica” e “primi nell’annuncio del Vangelo”. Nella Chiesa cattolica c’è, giustamente, uno spostamento in favore di Pietro, del quale si riconosce il primato. Nella Liturgia della Parola, infatti, la prima lettura e il vangelo – At 12,1-11; Mt 16,13-19 – ha Pietro come figura apostolica protagonista. Paolo compare nella seconda lettura, 2 Tm 4,6-8.17-18 (un testo che l’esegesi non attribuisce unanimemente a Paolo come autore).
2. Mentre la Liturgia della Parola privilegia Pietro a causa del primato, l’eucologia pone i due apostoli alla pari sia nelle Collette (Messe della vigilia e del giorno) sia nel prefazio che diventa un capolavoro di sintesi di teologia e di merito: “Oggi ci dai la gioia di celebrare i due santi apostoli: Pietro, che per primo confessò la fede nel Cristo, Paolo, che illuminò le profondità del mistero; il pescatore di Galilea, che costituì la Chiesa delle origini con i giusti d’Israele, il maestro e dottore, che annunciò la salvezza a tutte le genti”.