Un anniversario da non tradire

Il 9 maggio è data di anniversari: la Russia ricorda gli 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale e del nazismo, che i russi contribuirono ad abbattere; l’Europa i 75 anni dalla Dichiarazione di Schumann, con la quale si fissa la nascita di quel progetto articolato e complesso che nel 2007 approderà all’Unione europea a noi nota.

Indubbiamente si tratta di due punti fermi della storia della parte di mondo a noi vicina, che offrono ora anche due momenti di verifica del cammino fatto e della strada che si disegna per il prossimo futuro.

La Russia che festeggia la vittoria sul nazismo in gran pompa – l’unica tregua che Putin rispetta nella guerra contro l’Ucraina è questa di tre giorni imposta da lui stesso per gli adeguati festeggiamenti – è ben lontana dal quel clima di fine conflitto di quasi un secolo fa. Anzi, deposte le vesti della pacificatrice, dal 2022 ha attaccato e tiene sotto bombardamenti l’Ucraina. Già dal 2014 aveva gettato le sue mire sulla Crimea, oltre i confini nazionali, inseguendo sempre guidata da Putin – al comando praticamente dal 2000 -, un sogno imperiale oggi difficilmente negabile e dagli scenari futuri piuttosto fumosi riguardo al divenire della situazione, sebbene resi manifesti dal timore delle nazioni confinanti.

Per quanto riguarda invece l’Europa quel sogno di unità nella pace è stato ambito da molti tanto è vero che, partita da sei paesi fondatori, è ora un’Unione di ventisette nazioni sovrane. Rispetto alla prima veste di unione commerciale legata al carbone e acciaio (Ceca), è andata crescendo fino ad arrivare al mercato unico europeo (dal Mec alla Cee) e alla moneta condivisa (euro). Eppure, quanto a stima, non sono mancate le defezioni. Ne sono esempio non solo il Regno Unito di Boris Johnson e della Brexit, ma anche i movimenti interni ai singoli paesi che – pure in Italia – non possono dirsi europeisti e hanno a lungo contestato tanto la moneta comune (euro) quanto l’essere nell’Unione stessa.

Momenti forti di crisi l’hanno unita: è il caso del Covid, della condivisione delle forze sia sanitarie che economiche (Pnrr) ma sempre con una parte di opposizione anche vivace. Alcuni scricchiolii sono stati più forti: specie quando si è profilata all’orizzonte la guerra Russia – Ucraina con la scelta del sostegno, economicamente molto importante, alla seconda. Elemento di attrito confermatosi quando, all’indietreggiare del sostegno militare firmato Trump, si è profilato un piano europeo di riarmo molto importante dal punto di vista della spesa necessaria.

E pensare che, quella dichiarazione di Schumann che si va a ricordare il 9 maggio, aveva proprio al centro due concetti: la pace e l’unione. “Obiettivo sensibile è servire la pace” vi si legge infatti. Una pace – continua – che “non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”. E questo potrebbe aprire all’idea – tratteggiata pure dal nostro De Gasperi – di un esercito comune. Ma quel che stupisce è il trovare in quel primo germoglio d’Europa la consapevolezza che non sarebbe stato facile: “L’Europa non potrà farsi una sola volta, né sarà costruita tutta insieme: essa sorgerà da realizzazione concrete, che creino innanzitutto una solidarietà di fatto”. Basterebbe partire da qui per dare, almeno alla ricorrenza che ci riguarda più da vicino, un senso e un futuro.