Chiesa
Polonia: 15 suore beate, furono vittime dell’Armata Rossa

Si è svolta oggi a Braniewo, piccola città dell Polonia nordorientale, la cerimonia di beatificazione di quindici suore di santa Caterina Vergine e Martire (Caterina d’Alessandria d’Egitto) violentate, torturate e massacrate nel 1945 da soldati dell’Armata Rossa nel loro cammino verso Berlino. A presiederla sarà il card. Marcello Semeraro.
Il peso della storia. All’invasione della Polonia da parte della Germania nazista di Hitler nel 1939, dopo pochi giorni, fece seguito – da parte dell’Urss – l’occupazione della parte orientale del Paese. Successivamente, racconta la storia, la Germania di Hitler attaccò l’Unione Sovietica ma fu sconfitto e l’Armata Rossa, attraversando la Polonia, arrivò fino a Berlino. Al termine del conflitto in base agli accordi tra gli Alleati e Stalin, l’Europa venne poi divisa in territori di influenza sovietica e occidentale. Un tempo di sofferenza ma anche di santità, come ha ricordato Papa Leone XIV all’udienza generale del 28 maggio sottolineando lo spessore del beato cardinale Stefan Wyszyński che, ai tempi del regime sovietico in Polonia e le persecuzioni della Chiesa, “nonostante la detenzione, rimase un pastore fedele a Cristo”. Il pontefice ha ribadito “l’opera dell’unità della Chiesa e della società” svolta dal primate del Millennio “con il sacrificio e il dialogo”.
La violenza dei soldati sovietici. “Con l’avvicinarsi dell’Armata Rossa all’inizio del 1945 – racconta suor Łucja Jaworska, postulatrice nel processo di beatificazione delle martiri di santa Caterina – la maggior parte degli abitanti di Braniewo e dei villaggi circostanti fuggirono, sapendo dei crimini perpetrati dai soldati. Informazioni che giunsero anche alle suore che, pur avendo la possibilità di fuggire e nonostante sapessero di essere in grande pericolo, decisero di rimanere per prendersi cura dei malati, dei bambini e degli anziani di cui si sentivano responsabili. Anzitutto – prosegue – perché erano donne, e tutti sapevano che i soldati le avrebbero trattate senza alcun rispetto e poi, perché da consacrate, erano considerate doppiamente nemiche a causa dell’ideologia comunista ostile alla Chiesa. Le vittime della violenza letale dei soldati furono numerose, ma solo in alcuni casi si è riusciti a comprovare il martirio in modo inconfutabile”. Ricordando poi le persecuzioni durante il regime sovietico imposto alla Polonia, la religiosa aggiunge: “Deridere e distruggere la fede faceva parte del programma ideologico dell’Armata Rossa. I soldati russi derubavano e distruggevano le Chiese spingendosi anche ad atti profanatori. Tiravano fuori le vesti liturgiche e, beffardi, mettevano le casule ai cavalli per imitare le processioni religiose, Inoltre è importante non dimenticare che anche dopo il conflitto mondiale per molti anni il martirio delle suore e la loro tragica morte furono coperti dal silenzio”.
Don Stanislao Streich. I testimoni cristiani della Polonia sono stati indicati anche da Papa Leone XIV. Domenica scorsa, al termine del Regina Coeli, ha ricordato infatti di un altro martire della Polonia, don Stanislao Streich, “ucciso in odio alla fede nel 1938, perché la sua opera in favore dei poveri e degli operai infastidiva i seguaci dell’ideologia comunista”. Don Streich venne ucciso mentre celebrava la messa domenicale per bambini nella chiesetta di Luboń, un’altra piccola cittadina polacca vicino a Poznan nella Polonia centrale. “Nel suo impegno sacerdotale e pastorale, don Streich ha preso Gesù come modello da imitare”, ha sottolineato nell’omelia durante la liturgia di beatificazione il card. Semeraro, aggiungendo che “amava la vita, la viveva con semplicità e dignità, e soprattutto la spendeva con cuore lieto in favore delle comunità a lui affidate”.
Wyszyński, Popiełuszko e Giovanni Paolo II. Durante la celebrazione, il cardinale non ha mancato di menzionare anche le figure del beato Stefan Wyszyński, imprigionato dalle autorità comuniste dal 1953 al 1956 e del beato don Jerzy Popiełuszko, martirizzato dai sicari del regime comunista nel 1984, indicandolo, quest’ultimo, quale “interprete autentico della dottrina sociale della Chiesa”. Semeraro ha anche citato Giovanni Paolo II, in particolare quando, nel 1999, n occasione della beatificazione a Varsavia di 108 martiri della seconda guerra mondiale, novantanove religiosi e nove laici trucidati nei campi di concentramento e nel corso delle esecuzioni sommarie perpetrate da nazisti affermò che “i beati martiri gridano ai nostri cuori: credete che Dio è amore! Credetelo nel bene e nel male! Destate in voi la speranza! Che essa produca in voi il frutto della fedeltà a Dio in ogni prova”.
Omaggio a Solidarnosc. Infine, il Prefetto del dicastero per le cause dei santi ha sottolineato che le beatificazioni “che avvengono nel contesto di questo Anno giubilare dedicato alla speranza ci insegnano che là dove il male si fa più sentire, possiamo cercare di più Dio e il suo amore. Il male non è più quindi una obiezione, ma l’occasione di un rinnovato atto di fede”. Così “vivere cristianamente le difficoltà significa opporsi al male con il bene: il bene della carità e del dono di sé, del perdono e della preghiera”. In conclusione dell’omelia il card. Semeraro ha osservato che nonostante “questo nostro tempo talvolta sia ostile all’annuncio del Vangelo, siamo chiamati a vivere come apostoli e missionari nella nostra Europa, tradizionalmente cattolica. Abbiamo il compito di riproporre il messaggio di Cristo perché parli all’uomo di oggi”. Il giorno dopo la beatificazione di don Streich, Semeraro ha deposto dei fiori al monumento dedicato, a Poznań, alle sanguinose rivolte di operai polacchi contro il regime comunista nel 1956, 1968 e 1981. L’ultima di quelle date ricorda la ribellione iniziata nei cantieri navali di Danzica e che portò alla nascita del movimento di Solidarnosc.