Lavoro
1° Maggio: lavoro povero e salari fermi: l’allarme

Primo maggio all’insegna della sicurezza sul lavoro, tema scelto in modo unitario dai sindacati per caratterizzare la Festa del 2025. “Quella delle morti del lavoro è una piaga che non accenna ad arrestarsi e che, nel nostro Paese, ha già mietuto, in questi primi mesi, centinaia di vite, con altrettante famiglie consegnate alla disperazione”, ha detto il Presidente della Repubblica visitando nei giorni scorsi un’azienda di Latina. Rispetto a questo fenomeno “non sono tollerabili né indifferenza né rassegnazione”. Proprio alla vigilia della Festa del lavoro il Consiglio dei ministri ha stanziato circa 650 milioni di euro, che si aggiungono ai 600 dei bandi Inail, portando a oltre un miliardo e 200 milioni di euro il totale destinato a potenziare la sicurezza, come ha fatto notare la premier Giorgia Meloni. L’8 maggio il governo incontrerà i sindacati per un confronto su questo tema.
Allarme salari bassi. L’altro grande filone critico nel mondo del lavoro è quello dei salari e anche su questo si è soffermato Sergio Mattarella nell’incontro di Latina. “Per quanto ci riguarda si registrano oggi, in questo periodo, segnali incoraggianti sui livelli di occupazione”, ha rilevato il Capo dello Stato, ma “permangono, d’altro lato, aspetti di preoccupazione sui livelli salariali, come segnalano i dati statistici e anche l’ultimo Rapporto mondiale 2024-2025 dell’Organizzazione internazionale del lavoro. Quel documento nota che l’Italia ‘si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo, con salari reali inferiori a quelli del 2008’, nonostante l’avvenuta ripresa a partire dal 2024”. Anche l’Istat segnala il problema. Nonostante l’aumento tendenziale del 4% delle retribuzioni nel mese di marzo, osserva l’Istituto nazionale di statistica, “le retribuzioni contrattuali reali di marzo 2025 sono ancora inferiori di circa l’8% rispetto a quelle di gennaio 2021”. E l’ultimo dato sull’inflazione certifica che l’andamento dei prezzi è nuovamente in crescita: ad aprile l’indice è arrivato al 2%, trainato da alimentari e servizi per i trasporti. “Salari inadeguati sono un grande problema, una grande questione per l’Italia”, ha detto ancora Mattarella. Essi “incidono anche sul preoccupante calo demografico, perché i giovani incontrano difficoltà a progettare con solidità il proprio futuro” e allo stesso tempo “resta alto il numero di giovani, con preparazione anche di alta qualificazione, spinti all’emigrazione”.
Il lavoro povero. In evidenza anche il fenomeno del “lavoro povero”. “Negli ultimi 10 anni i lavoratori in povertà relativa sono aumentati del 55%, passando dal 4,9% al 7,6% sul totale occupazionale”, ha affermato il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, commentando i dati della ricerca dell’Iref, realizzata sulla base di circa 800mila dichiarazioni anonime dei redditi fornite dal Caf dell’associazione. “Sono numeri preoccupanti che ci raccontano di occupazioni con stipendi da fame, orari impossibili, contratti al di sotto di ogni minimo di legge”, ha aggiunto Manfredonia, ed è ancor più preoccupante “il fatto che la povertà lavorativa sia interconnessa con questioni generazionali, di genere e territoriali: per ogni uomo con un lavoro povero ci sono 2 donne, mentre le percentuali di incidenza della povertà lavorativa su un ventenne sono di 3,5 volte maggiori rispetto a quelle di un cinquantenne”.