Friuli Occidentale
Un ginko biloba dedicato al “giusto” don Milani

Una festa gioiosa per il sacerdote ed educatore “della disobbiedenza”: nella mattinata di oggi ha fatto il suo ingresso nella Foresta dei Giusti del Friuli Venezia Giulia Don Lorenzo Milani, il fondatore della mitica Scuola di Barbiana. Nell’ambito del progetto “La memoria del legno”, ideato e promosso da Damatrà onlus con la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia – Assessorato alla Cultura, il progetto ha fatto tappa a San Vito al Tagliamento, in sinergia con l’Amministrazione comunale. Nel parco della Scuola Secondaria di Primo Grado “Amalteo-Tommaseo” un Gingko Biloba è stato intitolato a don Milani, cittadino esemplare e “Giusto” del mondo, con l’obiettivo di promuovere i valori della sostenibilità e i diritti di ogni persona, quindi l’educazione ambientale e quella civica. Alla intitolazione hanno partecipato 45 studenti, che in questi mesi hanno preso parte al progetto insieme ai loro insegnanti. I giovani hanno raccontato al pubblico la storia di Don Lorenzo Milani e tutti, grazie all’uso di smartphone e cuffie audio, hanno potuto ascoltare le storie di chi si prende cura delle foreste in Friuli Venezia Giulia: racconti che diventeranno un podcast a cura dei giovani artisti di Invasioni creative, online dal mese di giugno sul sito https://lamemoriadellegno.damatra.com
Don Lorenzo Milani, inserito fra i Giusti del nostro tempo dalla Fondazione Gariwo, Gardens of the Righteous Worldwide che è partner del progetto in Friuli Venezia Giulia, nasce a Firenze il 27 maggio 1923 da una famiglia colta, laica e benestante. Il 13 luglio del 1947 Lorenzo diventa don Milani, negli anni cui il governo istituisce le scuole popolari, don Milani ne fonda una nella sua canonica e la fonda laica, perché nessuno, nemmeno i figli degli operai comunisti, se ne senta escluso. Nella sua classe si leggono i giornali, si prova a comprendere l’attualità, soffermandosi sulle parole più difficili: le parole sono al centro, il possesso della lingua come strumento per arrivare all’eguaglianza degli uomini. Di don Milani si comincia a discutere anche fuori dal suo ambiente quando, nel 1965 scrive, insieme ai suoi ragazzi, un invito alla disobbedienza ai cappellani militari toscani – che avevano tacciato gli obiettori di coscienza come traditori della patria, accusandoli di viltà ed estraneità al comandamento cristiano dell’amore. La lettera, invitava i cappellani a educare i soldati non all’obbedienza, ma all’obiezione di coscienza, richiamando anche all’articolo 11 della Costituzione – l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa. Le sue ultime parole, quelle del breve testamento che lasciò, furono ancora una volta per i ragazzi: «ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho la speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto”.