Appuntamenti
Pordenone, mercoledì 9 aprile alla Casa dello studente “Creder, non credere, quale Dio?” con don Giuliano Zanchi

Non martedì ma bensì MERCOLEDÌ A DIBATTITO, per l’ultimo appuntamento nell’ambito del ciclo di incontri a cura di Presenza e Cultura, arrivato al suo 32^ anno di attività. Il filo rosso di questa edizione, curata da Orioldo Marson, presidente di Presenza e Cultura e direttore di Casa Zanussi, è stato “Credere, non credere. Quale Dio?“.
In particolare, l’incontro di mercoledì 9 aprile, alle ore 20.45, vedrà la testimonianza, dopo l’introduzione dello stesso Orioldo Marson, di Giuliano Zanchi in dialogo con Roberto Laurita su fede e cultura.
Ecco il filo dell’incontro: “Quale Chiesa per quale fede? Comunità cristiane: cosa può cadere, cosa deve rimanere, cosa è essenziale”.
Ospite atteso sarà don Giuliano, un prete che non usa l’ecclesialese nei suoi pensieri (pubblicati e parlati), tanto meno quel tono convenzionale che non vuole irritare nessuno, specie dentro la Chiesa. Licenziato in Teologia fondamentale presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, è direttore della Rivista del Clero Italiano e docente di Teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. A Bergamo è stato direttore del Museo diocesano (2008-2019) e ora è direttore scientifico della Fondazione Adriano Bernareggi. Ha pubblicato, tra l’altro: La forma della chiesa, Qiqajon, 2005; 2011; Prove tecniche di manutenzione umana. Sul futuro del cristianesimo, Vita e Pensiero, 2012; L’arte di accendere la luce. Ripensare la chiesa pensando al mondo, Vita e Pensiero, 2015; Rimessi in viaggio. Immagini della chiesa che verrà, Vita e Pensiero 2018. È impegnato con ruoli di responsabilità nel cammino sinodale della Chiesa italiana.
Le domande sulla fede, nel nostro culturale e sociale, stanno diventando sempre più radicali, e i processi di secolarizzazione sempre più estesi e trasversali. Eppure ci sono anche segnali positivi: ad esempio in Francia i catecumeni sono cresciuti in maniera molto significativa. E allora, quale Chiesa? “Al di là delle risposte concrete, sulle quali si discute e pure ci si divide – così ha scritto recentemente – resta il tema di fondo di rendere la chiesa una casa e non una caserma, un luogo dove incontri il Signore e non dei burocrati del sacro. Il Sinodo, mi pare, sta recependo dallo scambio delle chiese e dal senso dei fedeli alcuni nuclei di conversione molto chiari e molto diretti, che possono essere sintetizzati in queste tre espressioni: parole vere, relazioni rispettose, strumenti leggeri”.
Le comunità cristiane sono “le zone a traffico limitato (ZTL) della nostalgia collettiva”, “badanti sociali della tradizione”, comunità che arrivano sempre “dopo” e mai “per tempo”)? Oppure sono chiamate a testimoniare in maniera ancor più credibile e povera la novità radicale del Vangelo? Di che cosa devono sbarazzarsi le comunità cristiane per essere all’altezza della loro missione? Quali priorità possono assumere, quali nodi devono sciogliere per non oscurare il volto del Dio di Gesù Cristo?
“Nulla è più distruttivo, corrosivo, alienante, del testimone infelice; nessuno emana radiazioni più scoraggianti di quello risentito, disadattato, immusonito. Questo non è tempo di resistenza, ma un tempo di fedeltà. Non contro qualcuno; ma per qualcosa. È il tempo della nostra fedeltà alle ragioni del vangelo”.