Pordenone, 17 aprile: messa del Crisma e Giubileo sacerdotale. Omelia del Vescovo Giuseppe Pellegrini

La pagina del Vangelo di Giovanni narra il celebre episodio della lavanda dei piedi. Mentre nei vangeli sinottici l’Ultima cena di Gesù è incentrata sull’istituzione dell’Eucaristia, in Giovanni c’è in primo piano questo atto altamente simbolico. Per capire profondamente il significato di questo gesto è importante sapere che nella società ebraica tale gesto era compiuto dai servi. Possiamo così immaginare i volti sbigottiti dei discepoli davanti al gesto di Gesù. Ne è prova la reazione di Pietro: “Signore tu lavi i piedi a me? … Tu non mi laverai i piedi in eterno” (13, 7-8).  Per lui e i suoi compagni il posto di Gesù è tra coloro che si fanno servire e non tra i servi. Al centro del messaggio evangelico della lavanda dei piedi non c’è il ‘servizio’, ma l’ ‘essere servi’, per non cadere in una esteriorità del servire come un ‘fare qualcosa per gli altri’, dimenticando la qualità personale di chi serve, chiamati a diventare servi sulle tracce di Gesù.  

Inizia il racconto: “Gesù sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (13,1). La lavanda dei piedi non è semplicemente un gesto da imitare, ma fa capire l’offerta che Gesù fa di sé sulla croce per amore, trasformando nella forza di un segno quanto nella vita aveva più volte vissuto e insegnato: il più grande è chi si fa servo degli altri; per essere primi era necessario scegliere l’ultimo posto; lui era venuto per servire e non per essere servito. Probabilmente i discepoli non avevano ancora compreso il significato profondo di quelle parole. Assumendo questo ruolo, Gesù opera un capovolgimento dei valori, dicendoci che la sua autorità e il suo essere Figlio di Dio si concretizzano nel servire e nell’amore. In Gesù Dio si inginocchia ai piedi dell’uomo e si mette a suo servizio. Nell’immaginario di molte culture e tradizioni religiose Dio siede, inaccessibile all’umanità, su un altro trono. Gesù, invece, ci presenta un Dio vicino a noi, un Dio che ci ama e che vuole il nostro bene, facendosi servo di tutti. In questo modo Gesù aiuta i discepoli a comprendere e interpretare il significato della sua morte imminente. La croce deve essere vista non come una condanna o un fallimento, ma come un atto di amore e di servizio di Gesù verso i suoi, permettendo loro di entrare in una relazione più autentica con Dio. Il discepolo che non accetta la croce non può stabilire una relazione duratura con Gesù.

Questo gesto di Gesù ha un carattere paradigmatico anche per la Chiesa e per noi: “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ha fatto a voi” (v.15). Gesù instaura una nuova pratica che deve guidare la cerchia dei discepoli: il suo amore illimitato fino alla morte in croce fonda l’amore e il servizio che i discepoli dovranno avere tra di loro e con tutti gli altri. La lavanda dei piedi è stata non solo una rivelazione di chi Gesù, ma un esempio, un paradigma che viene proposto ai discepoli. È dalla fede in Gesù che scaturisce il fare dei discepoli. Significativo che questo gesto Gesù non lo compie, com’era abitudine, all’inizio ma nel corso della cena, quando la coesione e l’amicizia tra i commensali era più forte, per ricordarci che la comunione potrà essere nutrita, sostenuta e possibile con il mettersi a servizio degli altri.

Al cuore della lavanda dei piedi noi abbiamo il corpo di Gesù che si fa servo e non padrone del corpo dei suoi fratelli. Paolo nella Lettera ai Corinzi, presentandoci l’eucaristia, mostra la stessa dinamica: l’eucaristia è sacramento del corpo donato di Cristo, del corpo del Servo, non di colui che si erge a padrone dei corpi e dunque delle vite degli altri. E così crea la fraternità e la comunione. “Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: questo è il mio corpo, che è per voi” (1Corinzi 11,23-24). L’eucaristia non ci pone davanti semplicemente il pane, ma il pane spezzato, non ci presenta semplicemente il vino, ma il vino versato. Entrambi sono segno del corpo donato, della vita donata di Gesù. Dividere il pane con i commensali è atto di condivisione che crea unità. Dal pane spezzato e dal vino versato siamo dunque rinviati al corpo donato di Gesù. Un dono che può creare comunione. I cristiani di Corinto, divisi nei loro particolarismi, posti di fronte al pane spezzato e al vino versato, vedono come Gesù ha saputo trasformare la violenza contro di lui in un dono. E anche loro possono trarre forza di trasformazione della propria violenza in mitezza. Perché questa è la via di Dio per incontrare l’uomo. Questa la sua verità che si manifesterà pienamente nell’evento della morte di croce da cui sgorga la vita piena della resurrezione.

Carissimi, accogliamo e viviamo questo gesto non solo come anticipazione della passione e morte del Signore, ma anche come sintesi di tutta la sua vita e gesto che rivela l’amore di Dio per noi. Lavare i piedi significa nient’altro che donare se stessi, fare quello che ha fatto Gesù presente nell’Eucaristia.

                                                                       + Giuseppe Pellegrini, vescovo