Myanmar: è emergenza umanitaria. Ma mentre si scava tra le macerie, si bombarda la popolazione colpita dal terremoto

Foto AFP SIR
Foto AFP SIR

Si scava tra le macerie, si contano i morti ma è l’assistenza umanitaria l’emergenza più grave del post terremoto. E’ l’arcidiocesi di Mandalay – città che si trovava venerdì 28 marzo nell’epicentro del sisma – a fare il “punto” aggiornato della crisi inviando al Sir Report sulla situazione corredato da una serie di foto scattate in città di edifici sbriciolati a terra, sfollati per strada e chiese colpite. L’arcidiocesi  ha istituito una squadra di soccorso e di emergenza per fornire assistenza umanitaria alle persone colpite dal potente terremoto. Le due forti scosse di terremoto che hanno colpito il Myanmar centrale, hanno avuto per epicentri localizzati le città di Mandalay e Sagaing, città quest’ultima che si trova nell’arcidiocesi di Mandalay. Da allora sono state registrate diverse scosse di assestamento. I due terremoti più forti nella regione di Mandalay hanno avuto un impatto su tutte le township della regione. Secondo il Report dell’arcidiocesi più di 1.000 persone hanno perso la vita, oltre 2.200 sono rimaste ferite e circa 200 sono ancora disperse nel Myanmar centrale e nord-occidentale. Ma i dati sono provvisori. La maggior parte dei decessi è stata registrata nella regione di Mandalay.

(Foto arcidiocesi di Mandaly)

Al momento – scrive l’arcidiocesi -, le necessità più urgenti sono l’assistenza umanitaria, tra cui cibo, medicine, rifugi temporanei, kit igienici e kit di beni di prima necessità. In futuro, l’assistenza finanziaria sarà essenziale per ricostruire la comunità. Il terremoto ha causato la distruzione diffusa di case e gravi danni alle infrastrutture. Migliaia di persone stanno trascorrendo le notti per strada o in spazi aperti a causa dei danni e della distruzione delle case o per paura di ulteriori terremoti. Anche le principali infrastrutture di fornitura di acqua ed elettricità e le torri di comunicazione sono state gravemente colpite. Per questo i servizi sono stati interrotti, anche nella regione di Yangon. Le reti fisse, mobili e Internet restano instabili.  Secondo i Report, gli ospedali di Mandalay, Magway, Nay Pyi Taw e Sagaing stanno avendo difficoltà a gestire l’afflusso di persone rimaste ferite durante il terremoto. Sono stati mobilitati rifornimenti di emergenza umanitaria per sostenere le comunità colpite a Mandalay. Partner umanitari, l’Onu, le Ong internazionali e locali stanno pianificando di condurre una valutazione congiunta per implementare una risposta immediata e coordinata, utilizzando le risorse già disponibili a Mandalay.

(Foto arcidiocesi di Mandalay)

“Negli ultimi quattro anni, da quando l’esercito del Myanmar ha rovesciato il governo civile democraticamente eletto guidato dal premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi con un colpo di stato, la difficile situazione del paese è scivolata fuori dall’agenda internazionale”, osserva su UcaNews Benedict Rogers, giornalista. “A parte qualche raro rapporto di cronaca, le numerose altre crisi mondiali e gli sforzi della giunta per isolare il Myanmar dal mondo esterno hanno fatto sì che la sua difficile situazione sia stata ampiamente ignorata”. Ora il Myanmar – scrive il giornalista – “è tornato sui titoli dei giornali, ed è tempo che il mondo agisca”. E’ un segno della gravità di questo disastro l’inedito appello del portavoce della giunta Zaw Min Tun all’aiuto internazionale. Il fatto gravissimo però è che, mentre “la giunta militare chiede aiuti, continua a bombardare i civili nelle aree colpite dal terremoto”. “Quale gruppo di esseri umani bombarda altri esseri umani le cui vite sono state appena devastate da un terremoto?”, chiede Rogers. “Che tipo di governo chiede aiuti internazionali e poi bombarda il suo stesso popolo?”. Anche le Nazioni Unite hanno descritto questi attacchi aerei come “completamente oltraggiosi e inaccettabili”. Per questo, il card. Charles Bo ieri ha fatto un appello al cessate il fuoco.  “I leader mondiali, tra cui il segretario generale delle Nazioni Unite, il papa, il presidente Trump e i governi della regione – osserva Rogers -, devono farsi portavoce di questo appello. Bisogna fare pressione sulla giunta affinché fermi i bombardamenti mentre gli operatori umanitari cercano di salvare i civili dalle macerie del terremoto”.