5 e 6 aprile: Giubileo di ammalati, sofferenti e tutto il personale sanitario a Roma

Roma, 24 febbraio 2025: Papa Francesco ricoverato, le preghiere dei fedeli fuori dal Gemelli (foto Calvarese Sir)

Il 5 e 6 aprile viene celebrato in Piazza San Pietro il Giubileo dedicato agli ammalati ai sofferenti e a tutto il personale donne e uomini che lavorano nel mondo della sanità prendendosi cura del prossimo. Infatti tutti coloro che svolgono la loro missione nel settore della sanità offrono un prezioso servizio verso tutti i fratelli ammalati.
Curare a volte non vuol dire solo cercare di far guarire da una malattia, ma prendersi a cuore, dare dignità, consolare anche quelle persone che sono nella sofferenza o stanno percorrendo l’ultimo tratto della loro vita terrena. Il personale della sanità si è sempre caratterizzato per la passione verso l’essere umano. Sono dei “Professionisti della salute” che prendono coscienza dei bisogni del paziente con atti e gesti di carità cristiana. I medici e gli infermieri e tutti gli altri operatori non si limitano alla sola cura negli ospedali, nelle residenze per anziani e in altre strutture sanitarie, spesso seguono anche migranti che si trovano sulle imbarcazioni, nei centri di accoglienza, nelle case di reclusione e anche nelle “periferie” delle città spesso dimenticate e dove la sanità non è equa.
Donne e uomini che dedicano la propria vita al soccorso. In una società sempre più individualista, anche la Chiesa – Papa Francesco ce ne sta dando un esempio – è vicina ai malati fragili, a coloro che affrontano un periodo di prova. Essa è una testimonianza sicura dell’amore di Dio per i più deboli.
Quando si è ammalati ricorda il Santo Padre, la nostra fede non deve vacillare, dare un senso alla malattia che è anche un’occasione per riflettete e riscoprire il vero valore delle cose più importanti della vita. Cogliere qualcosa di bello anche nei momenti bui. Nella sofferenza ogni speranza viene dal Signore.
Anche l’accompagnamento di un malato terminale è l’unica risposta d’amore. Come più volte ha sottolineato mons. Paglia Presidente della Pontificia Accademia per la vita: “La Chiesa, ma anche la Comunità dei credenti è chiamata a stare accanto alla persona che soffre e che sta morendo con tutto l’amore e con tutte le professionalità disponibili e più ancora con tutta l’umanità che può esprimere perché possa affrontare questo momento della vita confortato dall’affetto e dalla cura”. Chi ora scrive qui non può non richiamare alla memoria in occasione di tale Giubileo la figura di San Camillo de Lellis patrono universale dei malati, degli infermieri, degli ospedali. Egli impegnato anche nel curare ed assistere gli ammalati e sofferenti, si prodigò nel sostituire presso i luoghi di cura i mercenari, con persone disposte a stare con gli ammalati solo per amore. Egli aveva a cuore un elevato rispetto del malato. Non era infatti inusuale incontrarlo nelle corsie in atteggiamento di una vera e propria adorazione dei malati. La sua azione caritatevole esercitata a favore del prossimo presto mostrò i propri frutti e in seguito si estese in molti ospedali da Genova a Napoli, Milano, Roma, Mantova. Oggi in Italia e in altre parti del mondo l’opera dei Camilliani religiosi e laici di cui molti missionari proseguono l’opera diffusa su larga scala iniziata da San Camillo de Lellis nei confronti dei malati e bisognosi. È una figura di riferimento che il mondo sanitario e degli ammalati deve associare nella propria “missione”. Occorre essere vicini al personale della sanità e il servizio sanitario nazionale è un bene comune che dobbiamo preservare. Purtroppo, in questi nostri tempi sono aumentati il numero degli atti di violenza (verbale, psicologica con insulti, minacce e anche violenza fisica) specie nei pronto soccorso compiuti ai danni degli operatori della sanità che si occupano della nostra salute e ci aiutano a curarci (le persone più esposte sono le donne).
Grazie a tutto il personale che svolge il servizio in tutti gli ospedali, nei luoghi di cura nelle residenze per anziani ecc. perché il loro operare di equipe ha bisogno oltre che di sicurezza anche di amore e dedizione. Con il loro servizio che si manifesta quotidianamente cresce una testimonianza concreta di speranza. Ognuno ha bisogno dell’altro per vivere. Siamo legati al prossimo e non dobbiamo chiuderci a riccio in noi stessi: l’umano si genera nell’incontro.
Il ritorno in Vaticano di Papa Francesco afferma il cardinale Gambetti è una speranza anche per tutte le persone che soffrono. Buon Giubileo della Speranza.