Diocesi
Domenica 16 marzo, commento di don Renato De Zan

Lc 9,28-36
In quel tempo, 28 Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29 Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30 Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31 apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32 Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33 Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34 Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35 E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36 Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto
Il Testo
1. Luca colloca l’episodio della Trasfigurazione tra la prima (Lc 9,22) e la seconda (Lc 9, 43b-45) profezia della passione. Subito dopo (Lc 9,51) Gesù inizia il suo lungo cammino verso Gerusalemme (Lc 9,11-27). La Liturgia sopprime il lungo incipit biblico (“Circa otto giorni dopo questi discorsi”) e lo sostituisce con il breve incipit liturgico (“In quel tempo”). Questo gioco liturgico sottrae l’episodio della Trasfigurazione ai “discorsi” precedenti, cioè alla prima profezia della passione, alle condizioni per seguire Gesù e all’avvento del Regno (Lc 9,22-27).
2. Sotto il profilo letterario (ripetizione di certe costruzioni), la formula liturgica del vangelo contiene la ripetizione di un indizio importante. Per ben due volte viene (Lc 9,29.33) ripetuta una costruzione (“kài eghèneto en to + infinito del verbo + pronome personale”) che suddivide il testo fondamentalmente in due parti. Dopo la presentazione della scena (Lc 9,28), c’è una prima parte (Lc 9,29-32) dominata dalla trasfigurazione e dalla presenza di Mosé ed Elia che parlano con Gesù del suo “esodo”. Segue una seconda parte (Lc 9,33-35) che contiene lo sproloquio di Pietro (“Egli non sapeva quello che diceva”) e l’apparizione della nube con le parole del Padre. Chiude l’episodio un epilogo (Lc 9,36) in cui si dice che i discepoli non riferirono niente dell’esperienza avuta.
3. Sotto il profilo narrativo (cambiamenti di scena), la formula comprende una presentazione della scena (Lc 9,28-29a) con Gesù che con i discepoli sale sul monte a pregare. Segue la scena della Trasfigurazione (Lc 9,29b-35) scandita in tre momenti: il dialogo di Gesù con Mosé ed Elia, mentre i discepoli dormono (Lc 9,29b-31), il risveglio dei discepoli e l’intervento inopportuno di Pietro (Lc 9,32-34a), l’apparizione della nube con la voce del Padre (Lc 9,34b-35). Chiude la formula l’epilogo (Lc 9,36). Certamente la cadenza letteraria è più semplice, ma quella narrativa è più utile.
L’Esegesi
1. La Trasfigurazione non è un episodio postpasquale, anticipato ad arte dall’evangelista nella vita storica di Gesù (Bultmann), ma è un episodio profetico in cui Gesù manifesta anticipatamente il suo volto di Risorto. La Trasfigurazione avviene in un clima di preghiera, al quale sembra che gli apostoli non partecipino perché dormono (come succederà nel Getsemani!). Mosé ed Elia, rappresentanti della Legge e dei Profeti, discutono con Gesù circa il suo “esodo” (morte-resurrezione a Gerusalemme). Gesù inizierà il cammino verso Gerusalemme subito dopo. I discepoli non hanno ascoltato questa conversazione. Dormivano. Pietro, purtroppo, sbaglia nel pensare di “fermare” Gesù sul monte con le tre tende. Gesù deve, invece, avviarsi verso l’adempimento della volontà del Padre. I discepoli, di ogni tempo e di ogni luogo, sono chiamati a “seguire” il Maestro (non a fermarsi).
2. La scena cambia con l’apparizione della nube, chiaro simbolo veterotestamentario della presenza di Dio in mezzo agli uomini. La reazione dei discepoli è la paura (“All’entrare nella nube, ebbero paura”). Eppure la nube “li coprì con la sua ombra”, quasi un abbraccio delicato di Dio. Questa vicinanza di Dio ha uno scopo: l’ascolto della voce del Padre. Prima il Padre indica in Gesù il suo Figlio e poi lo dichiara “eletto”, alludendo al Servo di Yhwh (Is 42,1: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio”) e alla sua missione. Il Padre conclude con un imperativo: “Ascoltatelo”. Il comando ha un duplice significato. Equivale a dire “prestare attenzione – accorgersi, comprendere, memorizzare, sentire – a tutto ciò che dice e a tutto ciò che fa”. Equivale anche a sostituire il vecchio “Ascolta, Israele” (Dt 6,4-5), dove si esplicitava l’elemento fondamentale della fede (Dio è uno solo) e della Morale (Ama Dio), con uno nuovo: Gesù è la nuova Fede (rapportarsi a Dio e alla realtà come Lui) e la nuova Morale (pensare, decidere e agire come Lui).
Il Contesto Liturgico
1. La Trasfigurazione di Gesù è una scelta fatta dal Signore per mostrare il suo volto di gloria, dopo aver mostrato attraverso la profezia della passione il suo volto di sofferenza (embolismo del Prefazio: “dopo aver dato ai suoi discepoli l’annunzio della sua morte..”). Se il cristiano sa custodire e maturare la propria fede nell’ascolto del Signore (“Ascoltatelo”) anch’egli diventerà come Lui.
2. La prima lettura, Gen 15,5-12.17-18, presenta il racconto di alleanza tra Dio e Abramo, ripulito da tutti gli elementi che legano l’alleanza al cerimoniale ebraico (vv. 13-16: circoncisione ebraica, cambiamento di nome di Sara e benedizione della discendenza). Il testo che resta mostra l’alleanza unilaterale donativa di Dio verso Abramo. Questo atteggiamento divino, alleato e donante, viene assunto dal Padre con ogni credente: il dono della “trasfigurazione-alleanza” viene dato ad ogni credente perché egli sia in tutto come suo Figlio, l’eletto.