Sabato 8 febbraio: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’inaugurazione di Go2025!

Il presidente Mattarella nel 2021 alla cerimonia di designazione (foto Quirinale)

Sabato 8 febbraio, con la presenza del nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, della sua omologa slovena Natasa Pirc Musar e del vice della Commissione Europea – e ci piace citare tra le autorità invitate i sindaci di questa nostra regione friulgiuliana da sempre di contatti – prende avvio ufficiale GO!2025, l’anno di una capitale europea della cultura transfrontaliera senza precedenti. Non era infatti ancora successo che due città, per giunta non appartenenti allo stesso Stato, Nova Gorica e Gorizia, si mettessero insieme nell’organizzare un evento di tale portata e che assume un significato eccezionalmente bello e profondo, incoraggiante e infondente speranza in questo tempo disturbato da guerre, morte, divisione, distruzione, odio fra popoli abitanti la medesima terra; guerre che (vedasi la non lontana Ucraina) sono mosse persino da rivendicazioni territoriali anacronistiche e dissonanti rispetto a quella vocazione all’amicizia e collaborazione fra vicine nazioni, che Gorizia e Nova Gorica stanno praticando da tempo e dunque insegnando.
GO!2025 incarna e riafferma questi valori ed è importante perché la sola prospettiva che abbiamo in questo mondo è quella della pace e fraterna convivenza fra diversi, ma tutti umani.
Dobbiamo pure tenere ben presente che Gorizia e Nova Gorica sono città sì di due nazioni diverse, ma affacciate sullo stesso confine, divenuto un ponte talmente aperto da essere divenuto in questi anni l’emblema di una nuova civiltà nella cura dei rapporti transfrontalieri. Laddove era stato steso sotto casa un reticolato di separazione e si era respirata a lungo una palpabile tensione, oggi fluisce non solo lo scambio commerciale ma una corrente di relazioni che questo anno europeo ricco di un’osmosi di idee servirà a consolidare, a depurare da residue diffidenze e a comunicare all’Europa che non deve fare passi indietro nella sua costruzione anche politica.
Se non vi sono nostalgie qui per il confine fisico fatto di sbarre e posti di blocco, resta vero che senza l’innaturale disegno di esso il 10 febbraio 1947, GO!2025 ora non si celebrerebbe.
Perciò l’inizio solenne di Nova Gorica/Gorizia Capitali Europee della Cultura, previsto alle ore 16 dell’8 febbraio nella rinnovata piazza Transalpina su cui si affacciano e Italia e Slovenia, avvenga alla vigilia del Giorno del Ricordo delle tragedie che, provocata nel sangue della Seconda guerra quella demarcazione, si abbatterono su questa terra, che continuò a soffrire: vedasi il dramma delle foibe e in generale dell’odio etnico che qui lacerò corpi e animi, compresi l’esodo dalle terre abbandonate dall’Italia a seguito di quel trattato e le separazioni che esso procurò. A Gorizia – che nel 1946 in trentamila si erano riversata nella piazza Vittoria per tentare di salvarsi dall’annessione alla Jugoslavia e fu tagliata sebbene ai bordi del suo centro storico – queste cesure si videro nelle famiglie e tra amici che a lungo non poterono più incontrarsi, tanto da arrivare a pacificamente protestare, quelli della sponda jugoslava, nella “domenica delle scope” 13 agosto 1950. Ci fu allora, al valico della Casa Rossa, la pressione sul confine sigillato da tre anni di un popolo bisognoso di venire di qua a comprare quello che non si trovava di là (neppure la saggina per confezionare scope), ma anche voglioso di rivedere luoghi e persone che erano stati abituali: e per quella volta le guardie titine, i graniciari, non spianarono il mitra in faccia a coloro che avessero anche solo azzardato avvicinarsi alla linea tracciata. Una linea che segò persino le proprietà (casa in uno stato, pollaio o stalla nell’altro; qualche volta persino stanza da letto di qua e cucina di là), come ancora è immaginabile transitando al valico del Rafut dove oggi il sedime del confine è stato trasformato in una bella pista ciclabile. Si sono ripresi, in questi anni di definitiva riapertura, anche i percorsi spirituali che erano nella tradizione religiosa goriziana e portano in breve, oltre che al Monte Santo, al santuario mariano cittadino sulla collina, subito di là, della Castagnavizza, luogo panoramico da cui la linea confinaria, insinuandosi tra le viuzze periferiche sottostanti, non è assolutamente individuabile. Quale assurdità fu il passare, con la calce bianca segnalante la nuova delimitazione italo-jugoslava, all’interno del cimitero di Merna. Come stucchevole resta, in faccia alla Gorizia rimasta italiana, la cubitale scritta di grosse pietre sul Sabotino: Nas Tito, il nostro Tito (ancora la si legge)!
Tremendo fu il frangente della divisione di Gorizia, già ribattezzata Nizza d’Austria per la purissima e medicamentosa aria e la lunga appartenenza all’Impero asburgico che le aveva dato lustro e ricchezza e mantenuto unito il composito popolo abitante l’ampia valle dell’Isonzo (italiani, friulani, bisiachi, sloveni). Chi scrive ha trascorso un certo tempo a ridosso del confine di Gorizia, e proprio dove solo un muretto separa la casa delle Suore del Convitto Universitario (in Italia) da un’abitazione costruita a ridosso (ma che sta in Slovenia) e ricorda i nostri militi di guardia alla diritta via pubblica che proprio lì dove stava, sconcertato la prima volta, s’interrompeva con l’invadente casello di confine di San Pietro. Essi un bel giorno scomparvero (guardie e casello): era arrivata (e benedetta) Schengen, la possibilità di varcare quella soglia che, non essendo un valico internazionale, era interdetta a chi non aveva la residenza anagrafica nel comune e dunque il diritto alla prepusnica, il famoso lasciapassare che era stato concesso ai locali solo nel 1955, dopo un bel po’ d’anni di imposta reciproca clausura. Un passato doloroso (i goriziani non possono dimenticare i tanti spariti nei 40 giorni in cui la città, al pari di Trieste, fu percorsa e percossa dalla furia titina nel 1945!) e poi disagiato (visto che compromise la capacità d’intrapresa di questo angolo della nostra regione, oltreché segnarne lo spirito degli abitanti) sta dunque come nella retrofacciata di GO!2025. Un passato da ricordare – come facciamo nel Giorno del Ricordo – perché fu comune a tutti, anche al popolo sloveno, pure perseguitato e impoverito dal regime. Si trova forse in questa comunanza di dolore il mastice che potrà sempre più affratellare questa terra, queste due città adagiate nell’unica conca goriziana. GO!2025 sia ben vissuto non solo dai goriziani ma da tutti coloro che faranno visita per capire e imparare la bellezza della pace, convivenza, stima reciproca, arricchimento che viene dall’incontro con ciò che uno è in umanità, con la sua propria lingua e cultura, e fa “per l’edificazione comune”, che ha qui concretamente il nome di Europa.
Per l’occasione il presidente Mattarella torna nella nostra regone, quarta volta in un anno.
Walter Arzaret