Diocesi
Suor Serafina Gregoris: il 30 gennaio si ricordano i 90 anni dalla sua salita al cielo. Celebrazione alle 18 sia a Fiume Veneto (casa natale) che a Venezia

30 gennaio, anniversario ovvero giorno natalizio al Cielo della Venerabile Suor Serafina degli Angeli: un appuntamento che la coincidenza del 90° della morte santa (1935) con l’Anno giubilare “della Speranza” rafforza di motivazioni. La celebrazione, riproposta dalle Suore Francescane di Cristo Re, si tiene alla stessa ora e data, giovedì 30 alle 18, sia nel luogo che vide la nostra Serafina soffrire e offrire – la Casa Madre delle sue suore alla Celestia in Venezia (ovvero San Francesco della Vigna, una delle culle del francescanesimo a Nord Est) – sia nella parrocchiale a Fiume Veneto (anche con l’adorazione eucaristica alle ore 20.30) ove ella venne alla luce della vita e della fede: qui le suore ne testimoniano l’ardore francescano e missionario abitando la casa che fu di Vittoria Gisella Gregoris.
La speranza è stata totale confidenza nel e con il Signore nella vita tribolata di Suor Serafina, che avrebbe avuto tutte le ragioni umane per di-sperare, essendo stata colpita precocemente (a soli 24 anni) da un morbo molto doloroso (la spondilite) e di impedimento progressivo dell’attività che aveva abbracciato con entusiasmo, dopo essere stata molto determinata nell’intraprendere la vita religiosa, a favore dei piccoli del sestiere veneziano di Castello nella scuola delle suore. Anche il tasso di umidità di quel luogo, che era l’unico allora di presenza delle Francescane dette in quel tempo di Santa Maria Assunta e San Giuseppe, non poté essere di sollievo a un tanto male che la portò infine alla dipendenza completa dagli altri. Suor Serafina fece di necessità (anche ambientale) virtù quando le fu detto che non restava che “recitare il Padre Nostro” (che la malattia era cioè inesorabile), ma subito mostrando di sapersi rialzare spiritualmente: costante si mantenne infatti la sua serenità e ciò non poteva spiegarsi “se non sul fondamento della speranza teologale” (voto VI sull’eroicità delle virtù, Congregazione delle Cause dei Santi 2004): essa permette di vivere le prove dell’esistenza (“i piedi nella polvere”, come ripeteva Serafina) con “gli occhi al cielo e il cuore a Gesù”.
È la speranza il banco di verifica dell’autenticità di un’esistenza nello spirito. Nel caso: “Se [Suor Serafina] non fosse vissuta nella speranza del premio eterno non avrebbe potuto accettare [tali e tante] sofferenze” (Positio super virtutibus, 210, teste suor Lina Tonetto, citata in voto VIII), da lei viste come volontà di Dio, dono di Lui. Può questo solo una prospettiva altra e alta (altissima, soprannaturale: vivere di Dio e con Dio), creduta perché si spera (in Lui).
La speranza (solo) in Dio si vide nettamente in Suor Serafina quando le venne portato il Santo Viatico nelle ore finali della sua esistenza, che precipitò quasi all’improvviso, la sera del 29 gennaio 1935, dopo 38 anni di malattia, 19 dei quali costretti a letto seppure mai inoperosi: “Fu commovente per tutte [noi] – testimoniò la madre generale Arcangela Salvalaggio – vedere quella anima più del cielo che della terra … tranquilla, sul suo volto traspariva una pace celestiale” (Positio, 494-495). Aveva Suor Serafina scritto, a commento del Padre Nostro al passo del Fiat: “Se sentirò più pesante la croce, innalzerò gli occhi al cielo e ripeterò con Gesù: sia fatta la tua volontà”.
Nel Giubileo della Speranza, a novant’anni dall’esaudimento del suo desiderio ardente di Dio, nel clima propizio anche delle giornate della Vita Consacrata e per la Vita (2 febbraio), sostiamo meditabondi sull’esercizio eminente che la Venerabile Serafina compì della speranza come tensione alla Fonte della beatitudine eterna; e sul fatto che seppe infonderla in tutti coloro che ebbero a incontrarla, e si edificarono grandemente di lei, sia da giovane operaia e credente a Fiume che poi da malata sino dal secondo anno di religiosa professa a Venezia, ove visse un vero e proprio “martirio bianco”. E ne auspichiamo la beatificazione – di lei che contò unicamente sull’aiuto promesso da Dio – come “apostola della speranza”, virtù cristiana non sempre alla nostra portata. Walter Arzaretti