I santi del freddo e della salute: l’ultimo libro del prof. Giosuè Chiaradia

La copertina dell'ultimo volume di Chiaradia

Quasi 90, ma non li dimostra: il prof. Giosuè Chiaradia continua inesausto a pubblicare i suoi libri e a breve distanza da quello su “La notte di San Giovanni” ecco ora il nuovo “I Santi del freddo e della salute – Le più belle tradizioni nel calendario d’inverno” (ed. Forum).

Il volume – prefato da Pier Carlo Begotti – è dedicato a quei santi e a quelle tradizioni popolari che a essi si riferiscono, anche se non sempre legate al culto religioso. Come sempre l’autore, forte delle ricerche etnografiche condotte a tappeto nel territorio del Friuli Occidentale (con qualche sconfinamento nei vicini territori veneto e friulano), ci propone la figura del santo di turno per poi considerare tutto ciò che vi ruota attorno: momento religioso, ma anche e forse soprattutto le tradizioni popolari a esso legate.

Come fa notare Begotti, parlare di santi significa palare di culto, liturgie, ma anche di forme di devozione popolare, senza dimenticare la dimensione “non religiosa” di certe feste legate in origine più al volgere delle stagioni che alla devozione. Chiaradia ha già trattato le “tempora maggiori” (dall’Avvento al Natale, dalla Quaresima alla Pasqua – le sue ricerche su quest’ultima ricorrenza sono fondamentali per capirne il senso): alla loro cadenza sono legati feste e riti non propriamente religiosi un po’ ovunque in Europa (basti ricordare il dramma “La signorina Giulia” di Strindberg, dove tutto accade nella notte di San Giovanni in Svezia), per non dire dei fuochi epifanici.

Qui, invece, l’autore prende in considerazione i santi dell’inverno: da S. Antonio Abate (gennaio) a San Giuseppe (marzo), passando per S. Sebastiano, Sant’Agnese, San Paolo, la Candelora (2 febbraio), S. Biagio, S. Valentino (cos’è rimasto di religioso per questo santo?), il Calendimarzo (1 marzo: una festa non legata a un santo, ma al fatto che nell’antichità marzo era considerato come il primo mese dell’anno, il mese della primavera e perciò del rinnovamento).

Anche per queste ricorrenze va detto che “manifestazioni antropologiche ed espressioni della religiosità risultano inscindibili” scrive Begotti, ma possiamo aggiungere che addirittura si confondono. Il prof. Chiaradia ci fa capire come il culto dei santi (in generale, e di questi qui trattati in particolare) abbia tratto vigore proprio dalle tradizioni popolari, dalle leggende, dalle devozioni che si tramandavano nelle comunità. E sono così entrati nella quotidianità, diremmo nella familiarità, della gente.

Di ogni ricorrenza-santo l’autore fornisce notizie quanto mai complete: dalla presenza di luoghi sacri (chiese, cappelle) intitolate al santo in questione, alle tradizioni popolari, alle credenze, ai proverbi a esso legati.

Insomma, nuova luce su un passato che riguarda noi tutti e che morirebbe inesorabilmente se Chiaradia non lavorasse per tramandarne la memoria.

Nico Nanni