Educare è anche non esagerare

Lasciamoli andare. Lasciamoli sbagliare. Lasciamoli “picchiare il naso”, tantopiù se possono farlo in un ambiente protetto, perché questo è un allenamento alla vita vera... sarà la strada giusta per educare?

Lasciamoli andare. Lasciamoli sbagliare. Lasciamoli “picchiare il naso”, tantopiù se possono farlo in un ambiente protetto, perché questo è un allenamento alla vita vera

“Ma lasciarli in pace?”. Così titolava qualche giorno fa il breve commento di Massimo Gramellini sul Corriere della Sera. In prima pagina, nella consueta rubrica “Il caffè”.

La domanda è rivolta agli adulti, mentre quelli da “lasciare in pace” sono naturalmente i più giovani, i ragazzi e le ragazze, gli studenti nella fattispecie. Il commento, infatti, prendendo spunto da alcuni fatti di cronaca, cominciava così: “Genitori che accompagnano i figli a occupare la scuola, e altri (è appena successo in un liceo romano) che partecipano ai sit-in contro l’occupazione. Oltre al senso del ridicolo, che evidentemente però si è smarrito da tempo, li accomuna questo dannato bisogno di rivivere l’adolescenza per interposto pargolo, ma soprattutto l’ansia di evitargli qualsiasi trauma”.

In effetti possiamo riconoscere in queste parole un leit motiv del nostro tempo, cioè la preoccupazione degli adulti di accudire – oltre misura? – i propri figli. Lo si può riscontrare in tanti diversi atteggiamenti, a cominciare da un tratto caratteristico della società consumistica nella quale un po’ tutti siamo immersi: riempire i ragazzi di ogni cosa, ben al di là delle reali necessità. Comprare di tutto, dai vestiti costosi all’ultima versione dello smartphone, magari spendendo anche più di quanto ci si può permettere. Ma no, ai ragazzi non può mancare niente.

Lo si vede bene a scuola, in tutti quegli episodi nei quali genitori si intromettono ben oltre le proprie prerogative nella “difesa” di figli “evidentemente” maltrattati da insegnanti e istituzioni che non li capiscono e/o assecondano. La deriva sono le aggressioni, verbali e fisiche, che la cronaca ci restituisce sovente.

Gramellini, con il tono leggero che gli è solito, capace però di toccare tasti importanti, accende una luce su un problema di fondo: quello degli adulti irrisolti, che vorrebbero addirittura mettersi al posto dei loro adolescenti, dimenticando così il ruolo autentico che spetta a un genitore e a qualsiasi educatore, cioè aiutare a imparare, attrezzare ciascuno perché cammini da solo, creare le condizioni perché i più giovani facciano da sé e possano prendere il largo.

Lasciamoli andare. Lasciamoli sbagliare. Lasciamoli “picchiare il naso”, tantopiù se possono farlo in un ambiente protetto, perché questo è un allenamento alla vita vera che è mare aperto e nella quale bisogna aver imparato a nuotare fin da piccoli, magari anche essendo finiti qualche volta sott’acqua, quando c’era un bagnino vicino pronto a soccorrere.

Riferendosi ancora alle occupazioni scolastiche Gramellini chiosa: “Per molti ragazzi si tratta della prima vera esperienza conflittuale in un luogo diverso dalla famiglia. Un rito di passaggio che, per essere tale, richiede la presenza dei professori, ma l’assenza dei genitori. Di tutti i genitori, occupanti e contro-occupanti”. E alla fine conclude la propria riflessione: “Del poco che ho capito finora, riguardo a questo mestiere complicatissimo, da un lato un genitore deve sempre esserci per i figli, ma dall’altro deve saper allentare il cordino invisibile con cui vorrebbe tenerli legati a sé”.

Vale la pena di lasciarsi provocare. Educare, far crescere è un compito decisivo che richiede anzitutto amore, una disposizione che apre alla libertà e non ha niente a che vedere con le cappe soffocanti generate dall’ansia di protezione.