Domenica 15 dicembre, commento di don Renato De Zan

Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco

15.12.2024 3° dom. Avvento – C

 

Lc 3,10-18

In quel tempo, 10 le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». 11 Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12 Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13 Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14 Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». 15 Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16 Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17 Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». 18 Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

 

 

Il Testo

 

1. Nel vangelo di Luca, la predicazione di Giovanni Battista è riportata in Lc 3,1-18. Il brano odierno costituisce la parte finale del testo. La Liturgia ha modificato il testo della formula. La pericope originale iniziava in questo modo: “Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?»”. La formula liturgica, invece, incomincia in quest’altro modo: “In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?»”. Con questo procedimento il contesto precedente (descrizione della persona di Giovanni e le sue minacce) viene lasciato in ombra.

 

2. Sotto il profilo letterario, il formulario evangelico di Lc 3,10-18 è suddivisibile in tre momenti. Il primo (Lc 3,10-14) comprende la catechesi del Battista ed è caratterizzato dalla triplice domanda “Che cosa dobbiamo fare?” pronunciata dalla folla (v. 10), dai pubblicani (v. 12) e dai soldati (v. 14). Il secondo momento (Lc Lc 3,15-17) è caratterizzato dalla confessione del Battista: egli non è il Cristo che sarà più forte di lui e che verrà dopo. Infine, il terzo momento è brevissimo (Lc 3,18). Si tratta del sommario che, veloce come una pennellata, descrive l’apostolato del Battista e che si riassume con un verbo: “evangelizzava il popolo”.

 

L’Esegesi

 

1. Molti studiosi ritengono che Lc 3,10-14 rispecchi la catechesi prebattesimale praticata nelle comunità lucane. L’elenco dei richiedenti presenta delle tipologie precise. Le folle erano ritenute dalle autorità religiose ebraiche di un’ignoranza invincibile e irrecuperabile circa la Toràh. I pubblicani, collaborazionisti con gli occupanti Romani e ladri, erano considerati da tutti i più peccatori fra i figli di Abramo. Infine, i soldati, mal visti dai “puri” di allora (e di oggi?), erano ritenuti dei violenti e dei sopraffattori. Si trattava di persone per le quali i ben pensanti erano convinti che non ci fosse possibilità di salvezza. Il Battista (e la chiesa nascente), invece, le accoglie e fa loro delle proposte praticabili perché inizino un cammino di preparazione all’impegno cristiano. I tre capisaldi proposti dal Battista sono: la condivisione, la giustizia, il “no” alla violenza gratuita ed egoisticamente interessata.

 

2. La risposta evangelica del Precursore, improntata alla maturazione delle persone, propone piste diverse di testimonianza, rifiutando di emettere sentenze sul loro stato di vita, ma facendo perno sulla loro crescita interiore. Nessuno porta in sé il timbro della condanna senza appello per la sua storia e situazione personale. In ogni situazione (folla, pubblicani, soldati; oggi le categorie sono altre) c’è lo spazio per non scoraggiarsi, come dice la prima lettura (Sof 3,16): “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia”), e per accogliere con gioia le proposte di Dio. Si veda sempre la prima lettura (Sof 3,17): “Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore….”). Questo è il fondamento della gioia e della consolazione cristiana.

 

3. Giovanni è il profeta che annuncia il giorno grande e liberante del Messia. Egli predica nello spirito e nella forza di Elia (cf Lc 1,17), guida i credenti a offrire “frutti di penitenza” (cf Lc 3,8) e a rispondere positivamente all’alleanza con Dio. Si tenga presente che l’espressione : “Che cosa dobbiamo fare?” è l’espressione interrogativa di quella assertiva del popolo, quando accettò l’alleanza con Dio (Es 19,8): “Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!»”.

 

Il Contesto Liturgico

 

1. La terza domenica di Avvento viene chiamata “Dominica Gaudete” dal fatto che l’Antifona d’Introito invita alla gioia: “Rallegratevi (Gaudete) sempre nel Signore. Ve lo ripeto: rallegratevi (gaudete). Il Signore è vicino”.  Il tema della gioia è presente nelle prime due letture. Nella prima lettura (Sof 3,14-18: “Gioisci, figlia di Sion…”) l’invito alla gioia è rivolto a Gerusalemme. Nella seconda (Fil 4,4-7: “Fratelli rallegratevi nel Signore, sempre, ve lo ripeto ancora, rallegratevi..”), Paolo rivolge l’invito – ripreso dall’antifona sopra riportata – ai cristiani di Filippi. Perché la Liturgia ha fatto questa scelta a metà del cammino di conversione dell’Avvento? Gesù aveva detto che nel momento in cui il discepolo sceglie di convertirsi deve fare un lavorio interiore. All’esterno è giusto che viva con grande serenità: “Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,17-18).

 

2. La Colletta generale presenta l’attesa, ricca di fede per “il Natale del Signore” (amplificazione), come una realtà che sfocerà nella celebrazione natalizia “con rinnovata esultanza” (complementare della petizione). La Colletta propria vede in Dio la “fonte della vita e della gioia” (amplificazione) e invoca l’Altissimo per essere capaci, con la testimonianza e la parola, di portare agli uomini “il lieto annuncio del Salvatore” (fine della petizione).