Commento al Vangelo del Primo gennaio

Maria, da parte sua, custodiva queste cose nel cuore

Lc 2,16-21
In quel tempo, i pastori 16 andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17 E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18 Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19 Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore, 20 I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. 21 Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Il Testo

  1. Il testo di Lc 2,16-21 è un testo composito. Lc 2,16-20 narra l’arrivo dei pastori a Betlemme e la loro partenza. Costituisce la parte finale di una pericope molto più ampia (Lc 2,8-20 o, secondo la maggioranza degli studiosi, Lc 2,1-20). L’altra pericope (Lc 2,21) che narra la circoncisione di Gesù, è un testo a sé. La Liturgia li ha associati per dare compimento a quanto l’angelo aveva detto a Maria durante l’annunciazione: “Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Lc 1,31). La Liturgia ha aggiunto alla pericope il solito incipit: “In quel tempo”.
  2. La struttura del formulario ha una sua logica, nonostante si tratti di un testo composito. All’inizio del testo troviamo l’espressione “i pastori andarono…”, mentre al v. 20 leggiamo l’espressione antitetica “i pastori se ne tornarono”. All’interno dell’unità letteraria così delineata si trova la reazione di “tutti” (si stupirono) e quella di Maria (custodiva e meditava). Il versetto di Lc 2,21 ha una sua autonomia.

L’Esegesi

  1. L’angelo aveva dato ai pastori un segno: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2,12). Come Maria andò “in fretta” a verificare il segno che l’angelo le aveva dato (Elisabetta incinta al sesto mese), allo stesso modo anche i pastori “senza indugio” andarono a verificare il segno dato dall’angelo. È già stato visto nella quarta domenica di Avvento come la teologia del “segno” sia importante per la fede. Un segno è stato dato a Mosè perché compia la missione di liberare Israele dalla schiavitù d’Egitto (Es 3,12). Un segno è stato dato a Gedeone per essere certo che Dio avrebbe salvato Israele dall’invasione dei Madianiti, di Amalèk e dei figli dell’oriente. Il segno è lo strumento che Dio adopera per rassicurare i suoi “eletti”.
  2. I pastori giungono nella casa di Betlemme, dove i presenti (parenti giunti per il censimento) si stupiscono di ciò che i pastori raccontano. Per il terzo evangelista lo stupore è la sintesi di più sentimenti: gioiosa meraviglia, titubanza a convincersi delle meravigliose opere di Dio, arrendevole constatazione di fronte ad esse, comprensione esitante e gioiosa delle medesime. Si veda l’atteggiamento dei discepoli di fronte alla tempesta sedata (Lc 8,25) o quello della folla di fronte a un esorcismo di Gesù (Lc 11,14) o ancora l’atteggiamento di Pietro di fronte al sepolcro vuoto (Lc 24,12).
  3. Maria, invece, non reagisce con lo stupore, ma con il modo tipico dei sapienti biblici. Prima di ogni cosa “custodiva tutte queste cose” (in greco: “custodiva tutte queste parole”). Ricordiamo che per l’ebreo “parole, cose e avvenimenti” sono sempre “parole” (debarìm, in ebraico). La memoria è parte integrante della cultura biblica e Maria non fa eccezione (forse Luca vuol dire che le notizie sull’infanzia di Gesù le ha attinte da Maria o dalla sua famiglia di origine?).
  4. Il testo dice che Maria meditava “queste parole” nel suo cuore. Il testo greco ha il verbo “symbàllo” che significa “comparare”. La traduzione italiana semplifica l’azione di Maria, che invece era complessa. Maria cercava di capire “tutte le parole” (avvenimenti e parole) comparandole con la Sacra Scrittura. Praticava, cioè, ciò che i rabbini – copiando da Qumran – chiamavano “Midrash pèsher”: cogliere nella Scrittura il brano biblico che dava significato al vissuto.
  5. La legge di Mosè è tassativa (Lc 12,2-4): “Se una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà impura per sette giorni; sarà impura come nel tempo delle sue mestruazioni. L’ottavo giorno si circonciderà il prepuzio del bambino. 4 Poi ella resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione”. Gesù all’ottavo giorno viene circonciso e gli viene imposto il nome di “Yehoshuah”, abbreviato in “Yeshuah” (Yahweh salva). Solo dopo trentatré giorni saranno compiuti “i giorni della loro purificazione” (Lc 2,22).

Il Contesto Liturgico

La comunità è chiamata ad accogliere la benedizione Dio (cf la 1° lettura: benedizione sacerdotale di Nm 6,22-27). E’ giusto ricordare che la benedizione divina, nella Parola di Dio, non equivale a “dire bene” ma a “donare”. Accogliere la benedizione di Dio significa accogliere il suo dono. Il Vangelo illustra l’adempimento più alto del dono divino: il dono di suo Figlio all’umanità (Lc 2,16-21). La Colletta riprende il tema, affermando nella “causa” del testo eucologico che Gesù, autore della vita, ci è stato donato da Dio per mezzo di Maria. Con il Figlio, – dice la II lettura, Gal 4,4-7 – il Padre ha donato all’umanità anche lo Spirito ( “Dio manda il Figlio” = v. 4; “Dio manda lo Spirito” = v. 6).
Renato De Zan