Sabato 16 novembre: Giornata della Dieta Mediterranea

Sabato 16 novembre 2024, la Dieta Mediterranea festeggerà i 14 anni di riconoscimento quale patrimonio culturale da parte dell’UNESCO.

Sabato 16 novembre 2024, la Dieta Mediterranea festeggerà i 14 anni di riconoscimento quale patrimonio culturale da parte dell’UNESCO. È il Cilento, in Italia, l’emblema di questa tradizione, il luogo simbolo dello stile di vita patrimonio dell’umanità, dove lo studioso americano Ancel Keys, negli anni ’60, teorizzò i suoi studi sul mangiar sano all’italiana salvaguardando l’ecosistema”. Quattordici anni dopo, cosa è rimasto, in Italia, di questa tradizione distintiva per il nostro Paese? Oggi i giovani non solo faticano a praticare la Dieta Mediterranea: spesso neppure la riconoscono, come testimonia la nuova indagine dell’Osservatorio Waste Watcher International “La Dieta Mediterranea in Italia: un’eredità di cui riappropriarsi”. Sembra effettivamente che nel nostro Paese non sia questo il modello nutrizionale di riferimento per le nuove generazioni. Solo il 23% dei giovani tra i 18 e i 24 anni – quasi uno su 4 – si allinea a questo stile alimentare, definendola però, imprecisamente, “un regime alimentare che prevede un consumo elevato di carne, pesce e latticini, con un ridotto apporto di carboidrati”. Va meglio in altre fasce anagrafiche, il 77% di chi ha fra 55 e 64 anni la riconosce come “uno stile di vita che include abitudini alimentari equilibrate, basate su olio d’oliva, cereali, frutta, verdura, pesce, carne moderata, e il rispetto della stagionalità e della biodiversità”. Complessivamente, il 72% degli intervistati dimostra di avere una comprensione adeguata della dieta, ma a praticarla sono soprattutto i più anziani, che ne fanno quasi una regola di vita: la segue infatti l’85% di chi ha oggi 65 anni, o più, e il 71% afferma di praticarla “sempre” o “spesso”. Tuttavia, 1 italiano su 3 sembra seguirla a modo suo, affermando che la sua famiglia ha adottato “uno stile alimentare mediterraneo, con pasta e pizza”. D’altra parte, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, solo il 5% della popolazione adulta italiana segue rigorosamente questo modello alimentare. La maggior parte (83,3%) presenta un’aderenza moderata) e solo il 4% degli intervistati si dichiara “attento alla sostenibilità”, dimostrando così una attenzione generalmente labile a un valore urgente del nostro tempo. Fra chi ha una definizione corretta della Dieta Mediterranea il 75% la segue regolarmente, contro il 60% di chi ne ha una percezione errata: una conoscenza precisa sembra quindi incentivare l’adozione di questo stile alimentare. Ma quali sono le ragioni di resistenza all’adozione della Dieta Mediterranea? Le principali barriere sono i costi elevati dei cibi freschi (42%) e la mancanza di tempo per predisporre i piatti (27%), indicazioni che salgono in modo significativo fra i giovani: è troppo costosa per il 50% dei 18-24enni e fa perdere troppo tempo per il 38% dei giovani. Ma ricerche condotte dal team Waste Watcher sul costo della spesa dimostrano che Il carrello settimanale della dieta mediterraneo costa ben 7,28 € in meno rispetto al carrello della dieta seguita degli italiani (46,27 euro vs. 53,55 euro). E in generale gli ingredienti freschi, come frutta e verdura di stagione, cereali, legumi e olio d’oliva, sono spesso più economici rispetto ai prodotti più elaborati. Mentre l’aspetto delle abitudini alimentari consolidate, che riguarda 1 italiano su 4 (il 26% degli intervistati) rappresenta un ostacolo sia per i più giovani sia per gli anziani, indicando una resistenza al cambiamento su entrambi i fronti generazionali.«La perdita di un Patrimonio culturale e alimentare, qual è la Dieta mediterranea, sarebbe un danno gravissimo per le future generazioni. Il contrasto all’impoverimento alimentare dei ceti socio-economici meno abbienti e di una parte delle giovani generazioni è la sfida che abbiamo davanti per promuovere stili alimentari sani e sostenibili – spiega l’economista Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero e Direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International – L’indice di povertà assoluta nell’ultimo anno è passato in Italia dal 7,7 all’8,5% della popolazione e tocca ben 5,7 milioni di cittadini. Un dato che genera nelle famiglie meno abbienti una riduzione del 2,5% nella spesa reale (ISTAT), così le persone più vulnerabili sono spesso costrette a consumare solo alimenti di base o prodotti a buon mercato, spesso malsani. Garantire lo “ius cibi”, il diretto di tutti ad una alimentazione sana e sostenibile, significa oggi prevedere un serio investimento per ridurre le spese sanitarie derivanti dalle malattie causate da un’alimentazione scorretta». E conferma il coordinatore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International, Luca Falasconi: «per affrontare tutte le percezioni infondate, è fondamentale investire nell’educazione alimentare, chiarendo che la Dieta Mediterranea non solo è accessibile ma anche sostenibile. È cruciale fornire informazioni chiare e pratiche su come comporre pasti sani e sostenibili, per attrarre le nuove generazioni e rendere la Dieta Mediterranea un’opzioneallettante. Ed è essenziale promuovere un punto d’incontro e uno scambio intergenerazionale. Gli anziani, custodi di tradizioni culinarie preziose, possono insegnare ai giovani l’importanza di un’alimentazione sana e delle pratiche gastronomiche tradizionali».DIETA MEDITERRANEA, 2024: COME (NON) LA PRATICANO GLI ITALIANI. Entrando nel dettaglio dell’indagine: le donne tendono a seguire la Dieta Mediterranea più fedelmente rispetto agli uomini, con consumi più alti di frutta e verdura. Il 24% delle donne consuma 11-15 porzioni settimanali di verdura, contro il 17% degli uomini, e il 21% delle donne consuma 11-15 porzioni di frutta, rispetto al 19% degli uomini. Gli uomini, invece, consumano più carne rossa e bevande alcoliche: il 49% degli uomini consuma 1-5 porzioni settimanali di alcol, rispetto al 42% delle donne. E ancora: 1 persona over 65 su 4 (25%) consuma 11-15 porzioni di verdura a settimana, contro l’8% della fascia 18-24 anni. Per la frutta, il 29% degli anziani consuma 11-15 porzioni settimanali, rispetto al 9% tra i 25-34 anni. Anche il consumo di olio extravergine di oliva è più frequente tra le persone di età più avanzata, mentre il consumo di carne rossa svetta decisamente fra i giovani: il 27% degli under 25 consuma carne rossa settimanalmente, contro solo l’11% degli over 65. Anche i cluster geografici denotano differenze, e a sorpresa: mentre a nord-ovest, il 25% della popolazione consuma 11-15 porzioni di verdura settimanali, al Sud solo il 12% raggiunge questo livello. Nelle Isole, invece, il 24% degli abitanti consuma 11-15 porzioni di frutta fresca, più di quanto non accada al Nord-Est e al Centro (18%). Conta anche il cluster sociale, naturalmente: le persone che si autoincludono nel ceto medio e medio-basso seguono maggiormente le raccomandazioni rispetto al ceto popolare. Nel ceto medio, il 22% consuma 11-15 porzioni settimanali di verdura, rispetto al 18% del ceto medio-basso. Anche per la frutta fresca, il 22% del ceto medio consuma 11-15 porzioni settimanali, contro il 17% del ceto medio-basso. E i comportamenti alimentari si riverberano nello stato di salute generale delle persone: i normopeso e sottopeso tendono a consumare più frutta e verdura rispetto a quelle sovrappeso o obese. Tra gli obesi, solo l’8% consuma frutta in quantità adeguata e si registra un consumo più elevato di carne rossa, indicando una predilezione per alimenti calorici. D’altra parte, e statistiche confermano che nei 28 Paesi UE le donne e gli uomini della fascia di reddito più bassa hanno rispettivamente il 90% e il 50% di probabilità in più di essere obesi rispetto alle persone che percepiscono redditi più alti, accrescendo le diseguaglianze di salute.Come promuovere l’adozione della Dieta Mediterranea? La misura più apprezzata è l’educazione alimentare nelle scuole (64%), sostenuta soprattutto dagli over 55 (73%). Seguono le campagne di sensibilizzazione sulla salute (46%), elemento di particolare interesse sono le indicazioni offerte dai giovani: la preferenza dei 18-24enni non va tanto alle campagne di educazione alimentare quanto – più di 1 giovane su 2, il 58% – all’adozione di etichette che possano aiutare il consumatore nella scelta dei prodotti più idonei per seguire una dieta sana. E quasi 1 giovane su 3 (il 27%) propone di tassare i cibi non salutari. Com’è noto, la Dieta Mediterranea ha una intrinseca efficacia antispreco, favorendo il recupero e riutilizzo del cibo. Fra il 2021 e il 2024 lo spreco alimentare domestico registra complessivamente una lieve riduzione per alcuni alimenti, in Italia: lo spreco medio settimanale della frutta passa da 32,4 grammi a 27,1 grammi, quello dell’insalata da 22,8 a 22,3 grammi settimanali. Una tendenza che può essere attribuita alla crescente sensibilizzazione pubblica. Ma è in lieve aumento lo spreco del pane fresco (da 22,3 a 24,1 grammi settimanali), così come per la verdura che sale da 22,2 a 24,6 grammi settimanali.