Commento al Vangelo
Domenica 3 novembre, commento di don Renato De Zan
Chi ama ha adempiuto la Legge.
Mc 12,28-34
In quel tempo,
Il Testo
1. La pericope evangelica ha questo inizio: “Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò….”. La Liturgia l’ha così modificato: “In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò…”. Nella pericope evangelica, lo scriba si avvicina a Gesù ben consapevole di trovarsi di fronte a un interprete autorevole delle Scritture perché aveva zittito i sadducei. Nella formula liturgica, lo scriba appare come un semplice ebreo che desidera conoscere da un rabbino la soluzione di un problema.
2. La struttura del testo si fonda sulla legge del dialogo (scriba/Gesù + scriba/Gesù). La dinamica narrativa inizia con l’intervento dello scriba (M12,28) sul primo comandamento. Segue la risposta di Gesù (Mc 12,29-31): Amerai Dio, il prossimo e te stesso. Il dialogo viene ripreso dalla scriba (Mc 12,32-33): l’amore vale più del culto. Segue, ancora una volta, la risposta di Gesù (Mc 12,34). La conclusione è una considerazione dell’evangelista (Mc 12,34d).
L’Esegesi
1. La domanda dello scriba era abbastanza consuetudinaria al tempo di Gesù. La risposta di Gesù desta meraviglia. Egli cita la confessione di fede che è anche la preghiera quotidiana dell’ebreo: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore.
2. Di fronte ai due massimi comandamenti dell’amore (in greco, agàpe) si resta positivamente affascinati, ma contemporaneamente è necessario chiarire alcuni fraintendimenti. Il primo è quello di pensare che il comandamento dell’amore-agàpe riguardi solo la relazione che il credente deve avere con Dio e con il prossimo. Non è così. Non si può, infatti, dimenticare che l’amore cristiano ha tre destinatari: Dio, il prossimo e se stessi. Mancando un sano amore verso se stessi non si è capaci di amare veramente il prossimo perché uno dipende dall’altro (“Amerai il tuo prossimo come te stesso”).
3. Amarsi o rinnegarsi? Gesù, infatti, ha detto: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso…” (Mc 8,34). Poco prima il Maestro aveva insegnato che ci sono due modi di pensare: uno secondo Dio e l’altro secondo gli uomini (cf Mc 8,33). Pensare secondo gli uomini è familiare, immediato, spontaneo. Pensare secondo Dio, invece, implica un cammino, una fatica, una conversione continua. Quando Gesù chiede al proprio discepolo di rinnegarsi, intende dire che il discepolo non deve pensare alla propria realizzazione secondo la logica degli uomini. Deve rinnegarsi, secondo la logica degli uomini. Ciò implica l’amarsi secondo Dio.
4. Nella riflessione fatta dalla Chiesa nascente, l’amore è chiaramente presentato come “il comandamento”. Dal comandamento della carità, la Chiesa faceva derivare due dati importantissimi. Il primo era il perdono dei peccati: “Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati” (1Pt 4,8). Il secondo era la sincerità e veridicità della fede: “Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20).
Il Contesto Liturgico
La prima lettura (Dt 6,2-6) riporta esattamente il testo veterotestamentario (credo e preghiera) citato da Gesù nel vangelo odierno. La Liturgia offre la possibilità di mettere in parallelo i testi per poterne scoprire i legami di promessa o anticipazione e di adempimento.
La Colletta propria è tutta costruita sulla prima lettura. Nell’amplificazione si confessa l’unicità di Dio. Nella petizione chiede la grazia di saper ascoltare. Solo nel fine della petizione compare il tema evangelico dell’amore.