Domenica 10 novembre, commento di don Renato De Zan

Gli scribi recitano la fede, la povera vedova la vive

10.11.2024 – 32° T.O.-B

 

Mc 12,38-44

In quel tempo, Gesù nel tempio 38 diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39 avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40 Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». 41 Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42 Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. 43 Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

 

Il Testo

 

1. Sotto il profilo esegetico Mc 12,38-40 (invettiva contro gli scribi) è una pericope completamente autonoma rispetto a Mc 12,10-12 (l’obolo della vedova). La formula evangelica è una “creazione” della Liturgia che ha voluto associare i due testi per antitesi. Da una parte, vengono presentati i sadducei che recitano una fede (lunghe vesti, saluti nelle piazze, primi posti, pregano per farsi vedere) e sono avidi di ricchezza (divorano le case delle vedove). Dall’altra, viene presentata una vedova “povera” con una autenticità di fede profonda che la fanno essere generosa oltre ogni pensiero (dona “tutto quanto aveva per vivere”.

 

2. Le due pericopi bibliche che compongono la formula evangelica sono aperte da un incipit creato dalla Liturgia: “In quel tempo, Gesù nel tempio diceva alla folla nel suo insegnamento”: Il testo originale dice solo: “Diceva loro nel suo insegnamento”. La Liturgia esplicita il mittente (Gesù), il destinatario (la folla) e il luogo (nel tempio): tutti elementi tratti dal contesto biblico e necessari per comprendere il brano evangelico. La struttura narrativa del testo è facile da identificare perché segue la circoscrizione delle pericopi che compongono la formula: Mc 12,38-40 (invettiva contro gli scribi) e Mc 12,10-12 (l’obolo della vedova).

 

3. Infine c’è da sottolineare che la Liturgia propone la lettura lunga del Vangelo (Mc 12,38-44: gli scribi giudicati da Gesù e l’obolo della vedova) e la lettura breve del medesimo (Mc 12,41-44: l’obolo della vedova). E’ chiaro che il tema portante è quello presente in tutte e due le proposte di lettura: la visione divina della giustizia proporzionale, dove l’autenticità della fede e la generosità hanno la meglio.

 

L’Esegesi

 

1. Gesù non ha mai apprezzato la “commedia” della fede. Per ben tredici volte egli adopera la parola greca “ypokritài” (in aramaico non c’è l’equivalente; Gesù l’ha pronunciata in greco), rivolgendosi agli scribi e ai farisei. In un suo intervento contro costoro – riportato da Matteo (Mt 23,23-31) – Gesù adopera parole durissime contro chi ha sposato la filosofia del “sembrare” (calpestando quella dell’ “essere”). Ipocrita, infatti, in greco non significa bugiardo, ma “commediante”, “colui che recita”, “attore che interpreta un personaggio”. Gli scribi, dunque, erano – come si suole dire oggi – “molto devoti e per niente credenti”.

 

2. I ricchi si privano del superfluo. La vedova si priva di ciò che è necessario per vivere. Lei, e non gli altri, getta nel tesoro più di tutti. La vedova non recita, non interpreta nessun personaggio. La vedova è autentica nella sua scelta. Gesù in questo modo illustra uno dei fondamenti della vita cristiana: il credente è chiamato a dare il massimo che gli è possibile, mettendo in secondo piano il risultato oggettivo (e l’apparenza della santità): essere, non sembrare.

 

3. La giustizia proporzionale di Dio non è facile da accogliere perché siamo abituati all’oggettivo. Un’azione è buona o è cattiva. Me consegue che chi la fa o è meritevole o è colpevole. Tutto giusto. Manca un passaggio ulteriore. È meritevole quanto? È colpevole quanto? In Lc 12,47-48 il pensiero di Gesù è chiaro: “Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche”. Per il merito, notiamo che nella parabola dei talenti secondo Matteo (Mt 28,14-30) il padrone premia i primi due servi allo stesso modo (vv. 21.23: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”). Eppure il primo aveva consegnato dieci talenti, mentre il secondo solo quattro. Ma ambedue avevano dato il cento per cento e la giustizia proporzionale di Dio si dimostra rispettosa dell’individuo e perfetta.

 

Il Contesto Liturgico

 

La prima lettura (1Re 17,10-16) presenta l’incontro tra il profeta Elia e la vedova di Sarèpta. Costei, nella sua povertà dona tutto ciò che ha al profeta. La sua generosità viene ampiamente ricompensata. Nella Colletta propria, il tema dell’orfano e della vedova compare nell’amplificazione della petizione e diventa equivalente al tema di “chi confida nel tuo amore”. Nella complementare della petizione compare il tema della generosità del dono. La figura esemplare non è più la vedova, ma la persona di Gesù “che ha offerto la sua vita per noi”.