L'Editoriale
Mini tregue su una immane tragedia
Una quasi buona notizia dentro quella che resta un’immane tragedia: sono concesse mini tregue sanitarie per consentire la vaccinazione antipolio dei 640mila bambini che vivono - sopravvivono o cercano di farlo - nella striscia di Gaza (foto: fonte Unicef)
Una quasi buona notizia dentro quella che resta un’immane tragedia: sono concesse mini tregue sanitarie per consentire la vaccinazione antipolio dei 640mila bambini che vivono – sopravvivono o cercano di farlo – nella striscia di Gaza. La campagna vaccinale è stata avviata domenica primo settembre e avrà bisogno di una doppia somministrazione per essere completata, anche se efficace già dal primo trattamento.
L’Unicef e l’Oms avevano da tempo segnalato il problema e da Ginevra erano già arrivate nella Striscia più di un milione e mezzo di dosi, rimaste inutilizzate per la violenza senza tregua degli attacchi.
Ora, con una nota del 29 agosto, il governo di Israele ha concesso tregue circoscritte alle operazioni vaccinali nella Striscia, il che significa che dovranno – o dovrebbero – essere rispettati dei tempi e dei luoghi di sospensione di lanci di missili e operazioni militari. Si è letto di mini tregue orarie concordate con pause mattutine (dalle 6 alle 15) ben localizzate nel territorio (dove non opera l’esercito israeliano), e comunque non superiori a cinque giorni. Il che significa si dovrebbero vaccinare oltre centomila bambini al giorno per consentire la prima dose a tutti i 640mila di età tra zero e dieci anni.
Che Gaza non fosse un posto salubre – come non lo sono mai i territori in guerra – era più che certo. Le organizzazioni che si prendono cura dei bambini nel mondo avevano da tempo lanciato appelli. Lo aveva fatto l’Unicef denunciando che, dopo settimane di attacchi aerei e tagli alle vie di rifornimento, i bambini a Gaza non avevano più cibo, acqua e cure, che la capacità di fornitura idrica era scesa al 5% dei livelli normali e che per questo, specie al nord, 700mila persone erano costrette a bere acqua salina e contaminata, rischiando il colera. In tutta la Striscia la situazione è al collasso: “Qui ogni 3 minuti un bambino viene ucciso o rimane ferito”. Anche Save The Children si era fatto sentire, denunciando che ogni quindici minuti muore un bambino e che, dall’inizio del conflitto, ne sarebbero stati uccisi oltre tremila. Per quelli feriti le cure possibili sono poche con gli ospedali in sovraccarico e senza elettricità, tanto è vero che all’ospedale Al-Shifa neonati malati o prematuri in attesa di supporto vitale sono morti per le interruzioni di corrente, scarsità d’acqua e ossigeno.
In più, dopo venticinque anni, a Gaza è tornata la poliomielite: il primo colpito è un bambino di undici mesi, ora paralizzato nella parte sinistra del corpo. La poliomielite è causata da un virus molto contagioso e potenzialmente letale. Vaccinati, e quindi protetti, noi lo abbiamo dimenticato ma il virus circola ancora.
La poliomielite è stata una delle malattie infantili più temute del XX secolo: ha reso paralizzate migliaia di persone, soprattutto bambini. Le epidemie sono cominciate alla fine Ottocento ma è nel primo decennio del Novecento che Europa, America, Asia e anche Africa ne furono travolte, con almeno mezzo milione di casi l’anno, fino a che non arrivò il vaccino negli anni ’50.
Intervenire è urgente, ma lo è altrettanto fermare questa guerra. Per Gaza come per Israele dove altre famiglie piangono ostaggi. Non c’è paese e non c’è uomo al mondo a cui la guerra giovi.