Commento al Vangelo
Domenica 29 settembre, commento di don Renato De Zan
Il vero nemico del cristiano è lo scandalo
Mc 9,38-43.45.47-48
In quel tempo,
1. La prima difficoltà del testo della formula evangelica si trova nei vv. 44.46. Se si presta attenzione, la Bibbia della Conferenza Episcopale Italiana riporta i numeri ma non il testo. Ciò è dovuto al fatto che la traduzione latina di Girolamo, la Vulgata, in questi due versetti ripeteva quanto scritto al v. 48 (“Dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue”). I migliori manoscritti greci non hanno questa ripetizione e anche la “Nova Vulgata” non li riporta. Il testo incomincia dicendo: “Giovanni gli disse…”. La Liturgia lo modifica così: “In quel tempo, Giovanni disse a Gesù…”
2. La formula del vangelo è (non facilmente) suddivisibile in tre parti e una conclusione. La prima e la seconda parte sono caratterizzate nel loro inizio dalla ripetizione del vocabolo “nome” (nel tuo nome: v. 38; nel mio nome: v. 41). La prima (Mc 9,38-40) narra la rimostranza dei discepoli sull’estraneo che compie esorcismi. La seconda parte (Mc 9,41-42) è costituita da due frasi che hanno in greco la stessa costruzione (os an + il congiuntivo aoristo del verbo): c’è chi aiuta il credente e chi con lo scandalo non lo aiuta. La terza parte (Mc 9,43-47) è dedicata allo scandalo che lo stesso credente può procurare a se stesso. Il brano è caratterizzato dalle espressioni “andare nella Geenna” (v. 43) / “gettato nella Geenna” (v. 45) / “gettato nella Geenna” (v. 47) che circoscrivono perfettamente Mc 9,43-47. La conclusione (Mc 9,48) tocca, attraverso un’immagine, un tema delicato: il castigo eterno. Si tratta della citazione di Is 66,24. Il testo originale di questa parte è più lungo (Mc 9,43-50). La Liturgia ha soppresso i vv. 49-50 (detto severo sul sale insipido, allusione al credente che non offre il “buon esempio” ai fratelli).
L’Esegesi
1. Ricco dell’insegnamento di Gesù, Paolo scriveva ai Filippesi: “Ma questo che importa? Purché in ogni maniera, per convenienza o per sincerità, Cristo venga annunciato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene” (Fil 1,18). Gesù, infatti, invita a guardare il non-cristiano con simpatia e cordialità, quando il non-cristiano non si pone contro il credente e contro la comunità: “Chi non è contro di noi è per noi” (Mc 9,40). Questo concetto è uno dei fondamenti cristiani dell’universalità insieme al concetto cardine che è la paternità di Dio.
2. I discepoli di Gesù devono guardarsi non da chi non è credente, ma piuttosto da chi intende intaccare la loro fede attraverso lo strumento più deleterio in mano all’uomo: lo scandalo (l’inciampo a credere, il gioco perverso che intralcia il cammino di fede). Lo scandalo, purtroppo, può provenire dal mondo cristiano come dal mondo non-cristiano. Per chi è protagonista dello scandalo, cristiano o non-cristiano che sia, non c’è scampo. Gesù indica il suo futuro: è la Geenna (l’Inferno).
3. Il detto di Gesù (“Chi non è contro di noi è per noi”) era illuminante per la Chiesa di Roma, perseguitata da Nerone. Il non-cristiano che predica e opera “cose cristiane” non può essere “ostile” ai cristiani. Sono amici dei cristiani e della Chiesa tutti i non-cristiani (ebrei, pagani) che erano in disaccordo con Nerone, che non erano dalla parte dei persecutori. Se chi non è “contro”, è già “a favore”, tanto più sarà a favore colui che fa del bene ai discepoli di Gesù (perché discepoli di Gesù) anche con il più piccolo segno di ospitalità come può essere un bicchiere d’acqua.
4. Nei confronti dei discepoli (“i piccoli che credono”) si potrebbe verificare anche un altro fatto. Qualcuno, invece di aiutarli, potrebbe scandalizzarli, cioè dire o fare qualche cosa che trae in errore nella fede qualcuno, attentando alla sua saldezza e alla sua correttezza. Poiché – sia all’epoca di Gesù sia all’epoca della comunità di Marco – si riteneva che gli scandali nascessero dagli istinti umani e questi risiedessero negli organi umani, l’amputazione di un organo veniva praticata nel diritto rabbinico come sostitutivo della pena capitale.
Il Contesto liturgico
1. L’invito di Gesù a guardare con grande apertura il non-cristiano era già presente nell’apertura di Mosè verso Eldad e Medad (prima lettura, Nm 11,25-29). A Giosuè che chiedeva a Mosé di far tacere Eldad e Medad perché stavano profetando, Mosé rispose: “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!”. Questa grande apertura di Mosé viene portata alla maturità dell’universalismo da Gesù.
2. La Colletta propria è imperniata più su un tema legato alla prima lettura (i profeti si ogni tempo), meno su un tema evangelico. Il fine della petizione sembra più ispirato alle parole di S. Paolo ai Filippesi (“a tutti i popoli della terra siano annunciate le meraviglie del tuo amore”), testo non presente nella celebrazione liturgica.