Card. Pizzaballa: “guerra in un momento decisivo, è l’ultimo treno”

“Siamo a un momento decisivo, dirimente. La guerra finirà, spero che con i negoziati si risolva qualcosa: ho dei dubbi, ma è l’ultimo treno. Se non si arriva a un cessate il fuoco ora sarà drammatico”. Lo ha detto il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, intervenuto il 20 agosto mattina alla sessione inaugurale del 45° Meeting di Rimini.

“Siamo a un momento decisivo, dirimente. La guerra finirà, spero che con i negoziati si risolva qualcosa: ho dei dubbi, ma è l’ultimo treno. Se non si arriva a un cessate il fuoco ora sarà drammatico”. Lo ha detto il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, intervenuto il 20 agosto mattina alla sessione inaugurale del 45° Meeting di Rimini. Parlando della guerra in corso tra Hamas e Israele, iniziata il 7 ottobre scorso, il patriarca ha spiegato che “si può andare verso il cessate il fuoco, ma anche verso una degenerazione. Tutto dipende dai prossimi giorni”. E davanti a questo rischio, ha rimarcato, “è importante pregare, possiamo solo pregare. Il male prodotto questa guerra, gli atteggiamenti di sfiducia, l’odio reciproco, il rancore, il disprezzo profondo, il rifiuto dell’esistenza dell’altro resteranno e ci dovranno impegnare tutti. Sarà una fatica immane”. In questa ricostruzione morale e spirituale, ha aggiunto, “un ruolo importante lo avranno i responsabili delle varie religioni. Purtroppo, in questo momento, il dialogo interreligioso è in crisi. È un dato di fatto che ora cristiani, ebrei e musulmani non riescono ad incontrarsi, almeno non pubblicamente. E a livello anche istituzionale, facciamo fatica a parlarci. Questo è un grande dolore anche per me personalmente”. Pizzaballa ha ricordato il documento sulla fratellanza di Abu Dhabi e ha auspicato che “tutto quanto è stato fatto nel campo del dialogo tra le religioni non sia buttato via perché avremo bisogno di ricominciare con una nuova fase. Il dialogo in religioso dovrà essere meno di élite e più di comunità. I leader religiosi hanno una grande responsabilità, non solo quella di pensare alla propria comunità, ma anche di aiutarla a non chiudersi dentro la propria narrativa, a non piegarsi su se stessa, ma ad alzare lo sguardo, a guardare l’altro, a riconoscere l’altro”.