Commento al Vangelo
Domenica 21 luglio, commento di don Renato De Zan
Venite in disparte, voi soli
Mc 6,30-34In quel tempo, 30 gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31 Ed egli disse loro: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’”. Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32 Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33 Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. 34 Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Il Testo
1. La formula evangelica è facilmente divisibile in tre parti. La prima è una parte narrativa (Mc 6,30) e costituisce il segmento /a/ della struttura concentrica. Al centro si trova una parte discorsivo-narrativa (Mc 6,31-32) e rappresenta il segmento /b/ o segmento centrale della struttura. Questo segmento è chiaramente incluso dalle due espressioni “in disparte e “un luogo deserto” (v. 31, all’inizio: Venite in disparte….in un luogo deserto”; v. 32, alla fine: “Verso un luogo deserto, in disparte”). Chi è sensibile alla stilistica semitica si accorge che l’inclusione è di tipo chiastico. Nel segmento iniziale troviamo: a (in disparte) + b (un luogo deserto). Nel segmento finale si legge: b (un luogo deserto) + a (in disparte). Infine, la terza parte (Mc 6,33-34), di tipo narrativo, costituisce il segmento /a’/.
2. Se la stilistica ci ha permesso una buona suddivisione della formula liturgica del vangelo, la ricerca delle fonti del testo ci dicono che Mc 6,30-34 è un testo composito. Mc 6,30 narra il ritorno degli apostoli e la loro relazione sulla missione. Mc 6,31-32 presenta il progetto del riposo e l’attraversata del lago. Mc 6,33-44 racconta il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Come si può notare la Liturgia cuce insieme le prime due brevi pericopi (Mc 6,30 e Mc 6,31-32) alle quali associa l’inizio della pericope della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mc 6,33-34). La nuova pericope è dominata dal tema dell’insegnamento perché è inclusa dal verbo “didasko”, insegnare (Mc 6,30: avevano insegnato; Mc 6,34: si mise a insegnare). A questo brano composito, la Liturgia aggiunge il solito incipit (“In quel tempo”).
L’Esegesi
1. A una prima lettura qualcuno potrebbe pensare: “Anche gli Apostoli sono andati in vacanza”. Non è così. La smentita arriva immediatamente. Molta gente si affrettò verso il loro approdo, precedendoli.E il riposo? Entriamo pian piano nel testo. Gesù aveva scelto i Dodici in primo luogo “perché stessero con lui” (Mc 3,14) e per “mandarli due a due” in missione (Mc 6,7). In Mc 6,30 _ inizio del vangelo odierno – si dice che gli apostoli (in greco, “apòstoloi”, solo qui e in Mc 3,14) riferirono a Gesù ciò che avevano fatto e insegnato (greco: “edìdaxan”). Il verbo “didàsko” (insegnare) è adoperato da Marco per indicare la predicazione di Gesù. Solo i “mandati” da Gesù possono insegnare ciò che Gesù ha insegnato. E ciò avviene perché essi “stanno con Lui”. L’invito di Gesù è, perciò, facile da capire. I Dodici, i mandati, e solo essi possono stare con Gesù dopo la missione. Lo stare con Gesù è il loro “riposo”.
2. Se dovessimo tradurre in termini odierni, si potrebbe dire così: i veri predicatori del vangelo sono tali “solo e unicamente” quando sono dei “mandati”. Non agiscono, dunque, per iniziativa propria. Riprendono con correttezza e autenticità l’insegnamento di Gesù (e non il proprio) e lo ripropongono fedelmente perché hanno imparato, stando con Lui, la sua mentalità. Di conseguenza non edulcorano il messaggio, ma anche non lo snaturano con forzature indebite e non lo parzializzano con silenzi riduttivi. I “mandati” devono continuare l’opera di Gesù e devono continuarla con lo stesso stile di Gesù.
3. Il Maestro ebbe compassione (“esplagnìsthe”) della folla. Il verbo dice la commozione profonda, la vibrazione delle viscere materne perché Dio è madre: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 45,15). Questa tenerezza di Dio si è fatta presente nell’atteggiamento di Gesù.Si tratta della compassione che i pastori del popolo di Israele (re, sacerdoti e profeti di corte) non ebbero nel sec. VI a.C. – e non hanno nemmeno ai tempi di Gesù – quando, invece di prevenire, guidarono gli ebrei verso il disastro: nel sec. VI a.C. verso l’esilio di Babilonia, all’epoca di Gesù verso la distruzione di Gerusalemme.
Il Contesto liturgico
1. Nella prima lettura (Ger 23,1-6) leggiamo le parole di Dio riportate dalla predicazione di Geremia. Si tratta di una durissima reprimenda che Dio annuncia contro i pastori del popolo ebraico: “Io vi punirò per la malvagità delle vostre opere”: Contestualmente Geremia annuncia il Messia: Susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra”. Il testo di Geremia costituisce lo sfondo veterotestamentario in cui collocare il testo di Mc 6,30-34.La Colletta propria riprende il tema della compassione divina intrecciandolo con la profezia di Geremia, soprattutto nella petizione e nella complementare: “Donaci di riconoscere in lui (Gesù) il vero re e pastore, che rivela agli uomini la tua compassione e reca il dono della riconciliazione e della pace”.