Domenica 30 giugno, commento di don Renato De Zan

Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità

Mc 5,21-43In quel tempo, 21 essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22 E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23 e lo supplicò con insistenza: “La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”. 24 Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. 25 Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28 Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”. 29 E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. 30 E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi ha toccato le mie vesti?”. 31 I suoi discepoli gli dissero: “Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?””. 32 Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33 E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34 Ed egli le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”. 35 Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”. 36 Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: “Non temere, soltanto abbi fede!”. 37 E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39 Entrato, disse loro: “Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”. 40 E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41 Prese la mano della bambina e le disse: “Talità kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico: àlzati!”. 42 E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43 E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Il Testo

1. Alla pericope biblica, la Liturgia aggiunge solo l’incipit classico: “In quel tempo”. La formula del Lezionario, Mc 5,21-43, nella sua integrità presenta due racconti: il racconto della guarigione della donna emorroissa (Mc 5,24-34) che si trova inserito nel racconto della rivivificazione della figlia di Giàiro (Mc 5,22-23.35-42). Come si vedrà, questo abbinamento è fondamentale per la logica dell’evangelista. La Liturgia, tuttavia, ha pensato di offrire per la celebrazione una formula evangelica più corta (Mc 5,21-24.35b-43). In pratica, la Liturgia ha soppresso il racconto dell’emorroissa, lasciando il racconto della rivivificazione della figlia di Giàiro. Questa scelta ha impoverito la teologia del brano. Se è possibile dare un suggerimento, sarebbe più corretto leggere il brano evangelico per esteso.

2. Dopo quanto è appena stato detto, diventa facile comprendere quale sia la struttura della formula evangelica. Troviamo la presentazione dello scenario (Mc 5,21), l’episodio della rivivificazione della figlia di Giàiro (Mc 5,22-24a.35b-42) che incorpora l’episodio dell’emorroissa (Mc 5,24b-34). Mc 5,43 funge da conclusione. Se l’evangelista ha voluto che un racconto inglobasse l’altro, significa che i due racconti vanno letti, cercando quale sia, da una parte, la loro singolarità e, dall’altra, il loro denominatore comune. Si tenga presente la finezza dell’evangelista. In Mc 5,27-28 si dice che l’emorroissa, intenzionalmente, tocca il mantello di Gesù. Se Gesù fosse solo un uomo, sarebbe diventato impuro, mentre, invece, è la donna a guarire. Il messaggio è sottile, ma forte: Gesù non è solo uomo, ma è anche Dio. Una nuova sottolineatura dello stesso tema si ha in Mc 5,41 (“Prese la mano della bambina” morta, perciò impura). Il lettore del vangelo è già pronto a capire che Gesù restituirà la vita alla piccola. Egli è Dio.

L’Esegesi

1. Per comprendere il loro denominatore comune, bisogna ricordare quale fosse nel mondo ebraico il concetto di purità (= pienezza di vita). Se una persona impura ( = mancante di vita) entrava in contatto con una persona pura, quest’ultima diventava impura. Se, invece, la persona impura entrava in contatto con il divino (Dio, un angelo, ecc.), la persona impura non contaminava il divino, ma veniva contaminata positivamente dal divino, diventando pura.

3. Questi racconti sono idealmente la risposta alla domanda imbarazzata dei discepoli che è stata formulata alla fine della formula evangelica di domenica scorsa: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?” (Mc 4.41). Gesù è uomo e Dio. Il valore, tuttavia, dei singoli racconti, presi a se stanti, è diverso. Il racconto dell’emorroissa ha qualche cosa di simpaticamente ironico: c’è una folla ingombrante che spintona Gesù e il Maestro chiede chi abbia toccato le sue vesti. Al sorriso si accompagna la guarigione e alla guarigione si accompagna lo svelamento della causa: “Figlia, la tua fede ti ha salvata”. Certamente la fede della donna non è una fede matura, ma un inizio di fede che potremmo definire fiducia in Gesù per la propria guarigione (“Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”). Gesù, però, valuta questa fede già sufficiente e capace di favorire il miracolo.

4. Il tema della fede non emerge nell’episodio della figlia di Giàiro. Emerge la concezione della morte che Gesù aveva e che il cristianesimo nascente aveva adottato: “Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”. Lo stesso atteggiamento di Gesù si trova nell’episodio della rivivificazione di Lazzaro: “Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo” (Gv 11,11). Gesù ha voluto sottolineare questa dimensione della morte. È come il sonno: ci si risveglia. Per la bambina è stato un risveglio delicatissimo: “Ragazzina, àlzati” o forse “Talità, alzati”. Talità è anche un nome proprio rinvenuto negli scavi archeologici. La debolezza aveva messo alla prova il fisico della piccola e Gesù aggiunge un tocco di garbo dicendo di darle da mangiare.

Il Contesto Liturgico

1. Il versetto alleluiatico offre il tema principale del vangelo: “Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo” (cf 2Tm 1,10). A questo versetto fa eco la prima lettura: “Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura” (Sap 1,13-15; 2,23-24). La Colletta propria riprende il tema nell’amplificazione dell’invocazione (“ci fai ricchi del dono della tua stessa vita”) e nel fine della petizione (“sperimentia