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Udine: il primo trapianto da cuore battente
L'operazione è stata eseguita su un paziente di 69 anni con una cardiomiopatia post-ischemica in fase terminale, ricoverato presso la terapia intensiva della cardiochirurgia, la cui vita era dipendente da sistemi meccanici di assistenza cardiocircolatoria.
Con il primo trapianto cardiaco a cuore battente effettuato in Europa, il reparto cardiochirurgico di Udine ha raggiunto un traguardo senza precedenti che testimonia l’elevata competenza dei propri operatori e la funzionalità della struttura organizzativa creata e implementata nel tempo.
Un’esperienza di successo che nasce da lontano: da quasi quarant’anni la Cardiochirurgia a Udine è un punto di riferimento nazionale per l’attività trapiantologica. La possibilità di costruire in autonomia condizioni di lavoro ottimali per il personale è stato tra i fattori fondamentali che hanno permesso il conseguimento di questo risultato, impensabile fino a poco tempo fa.
Questa, in sintesi, la riflessione dell’assessore regionale alla Salute in occasione della conferenza stampa, tenutasi oggi all’ospedale “Santa Maria della Misericordia” di Udine, in cui è stato presentato il primo trapianto cardiaco a cuore battente in Europa, effettuato lunedì scorso nel reparto di cardiochirurgia dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (Asufc).
L’operazione è stata eseguita su un paziente di 69 anni con una cardiomiopatia post-ischemica in fase terminale, ricoverato presso la terapia intensiva della cardiochirurgia, la cui vita era dipendente da sistemi meccanici di assistenza cardiocircolatoria.
Come è stato spiegato nel corso della conferenza del 23 maggio, fino ad oggi il trapianto di un cuore era possibile solo dopo averlo arrestato attraverso soluzioni specifiche per poterlo trasportare e successivamente impiantare nel torace del nuovo paziente. In alcuni casi, a seconda della distanza dalle sedi del prelievo e dalle modalità di trasporto, con le tecniche convenzionali il tempo in cui l’organo rimaneva fermo e non perfuso poteva essere molto variabile, raggiungendo in alcuni casi le 4-5 ore, tempo oltre il quale il rischio di non ripresa del cuore diventava elevato. Il trasporto dell’organo mediante un sistema di preservazione a cuore battente, in normotermia, associato al successivo impianto senza dover nuovamente arrestare l’organo, ha permesso di ridurre il tempo di ischemia, e quindi di possibile danno d’organo, a soli 35 minuti.
Grazie alle moderne tecnologie sviluppate negli anni nel reparto cardiochirurgico di Udine, inoltre, è oggi possibile aprire nuovi orizzonti per la preservazione del cuore e aumentare, nel pool di donatori, la disponibilità di organi utilizzabili ampliandola anche a una gamma dei cosiddetti cuori “marginali” (ovvero quelli attualmente “fuori protocollo”). Ciò consentirebbe, di conseguenza, di allargare il numero di pazienti trapiantabili, offrendo così nuova speranza alle numerose persone in attesa di un organo.