La Parola del Papa
Sabato 18 maggio: Papa Francesco a Verona ha incontrato le monache, poi sacerdoti e consacrati
Papa: “memoria della chiamata” per “non promuovere noi stessi, ma il Vangelo”
“Io ho voluto incominciare salutando queste donne che sono monache di clausura. Nella clausura non si perde la gioia. Sono brave, non fanno mai chiacchericcio”. Con queste parole Papa Francesco ha aperto la sua visita a Verona, sabato 18 maggio, prima dell’incontro con i sacerdoti e i consacrati, nella basilica di San Zeno. Poco prima, il Pontefice aveva salutato padre Ibrahim Faltas e benedetto una statua del Cristo che il frate francescano porterà in Terra Santa.Parlando con i sacerdoti, il Papa si è soffermato su due punti: la “chiamata ricevuta che sempre va accolta” e la “missione da portare avanti sempre con audacia”. “Cerchiamo di non perdere mai lo stupore della chiamata – ha aggiunto –, ricordare il giorno in cui il Signore mi chiama. Questo ci porta gioia. Anche piangere di gioia per il momento della chiamata. Sempre dobbiamo avere la memoria con noi”. Quindi, il Papa ha ammonito: “Se smarriamo questa coscienza e questa memoria rischiamo di mettere al centro noi stessi invece che il Signore. Senza questa memoria rischiamo di agitarci attorno a progetti e attività che servono più a nostre cause invece che a quelle del Vangelo. Rischiamo di vivere l’apostolato nella logica della promozione di noi stessi e alla ricerca del consenso, anche cercando di fare carriera, invece di spendere la vita per il Vangelo e per un servizio gratuito alla Chiesa. Lui ha scelto noi”. Quindi ha esortato tutti, “nei momenti della delusione”, a “non fermarci, resistere”.
AI SACERDOTI. PERDONATE TUTTI
“L’audacia è un dono che questa Chiesa conosce bene. Se c’è infatti una caratteristica dei preti e dei religiosi veronesi, è proprio quella di essere intraprendenti, creativi, capaci di incarnare la profezia del Vangelo”. Così Papa Francesco nel suo discorso ai sacerdoti e ai consacrati durante il primo appuntamento della sua visita a Verona, nella basilica di San Zeno. Il Pontefice ha ricordato “tanti sacerdoti, religiosi e laici nell’Ottocento, che oggi possiamo venerare come santi e beati”. “Testimoni della fede che hanno saputo unire l’annuncio della Parola con il servizio generoso e compassionevole dei bisognosi, con una ‘creatività sociale’ che ha portato alla nascita di scuole di formazione, di ospedali, case di cura, case di accoglienza e luoghi di spiritualità”.Ricordando ancora questi santi e sante “immersi nella storia turbolenta del loro tempo”, il Papa ha ribadito che “attraverso la fantasia della carità animata dallo Spirito Santo, riuscirono a creare una specie di ‘santa fratellanza’, capace di andare incontro ai bisogni dei più emarginati e dei più poveri e di prendersi cura delle loro ferite”. “Una fede che si è tradotta nell’audacia della missione. Ci serve questo anche oggi: l’audacia della testimonianza e dell’annuncio, la gioia di una fede operosa nella carità, l’intraprendenza di una Chiesa che sa cogliere i segni del nostro tempo e rispondere alle necessità di chi fa più fatica. A tutti, lo ripeto, a tutti dobbiamo portare la carezza della misericordia di Dio”.Guardando ai sacerdoti ministri del sacramento della penitenza, il Papa si è rivolto loro dicendo: “Perdonate tutto. E quando la gente si viene a confessare ‘per favore, non torturate i penitenti’. E perdonare senza far soffrire. La Chiesa ha bisogno di perdono e voi siete lo strumento perdonare. A tutti dobbiamo portare la carezza della misericordia di Dio. Soprattutto a chi si trova ai margini”. “Specialmente a chi ha sete di speranza, a chi si trova costretto a vivere ai margini, ferito dalla vita, o da qualche errore commesso, o dalle ingiustizie della società, che vanno sempre a scapito dei più fragili. Perdonare tutti!”.