Papa Francesco: l’estraneità

Papa Francesco. ogni volta che prende la parola trova sul suo cammino reazioni diverse, soprattutto quanto parla di emigrazione e di guerra. 

PAPA FRANCESCO, L’ESTRANEITA’

         Ogni volta che prende la parola trova sul suo cammino reazioni diverse, soprattutto quanto parla di emigrazione e di guerra. Mi verrebbe da dire: “Menomale”! Se fosse ascoltato da tutti e magari anche applaudito, poveri noi, la sua parola sarebbe come acqua sul ghiaccio, niente. Invece … L’ultima è un invito ad innalzare “bandiera bianca” per avviare concreti rapporti di possibile intesa e gli viene rinfacciato, proprio da chi lui saluta in continuazione e con tanto affetto, “il martoriato popolo ucraino” attraverso i suoi capi, di favorire una resa. Con questa risposta: “Non bandiera bianca ma bandiera giallo blu”, la bandiera dell’Ucraina. Per non parlare della guerra fra palestinesi e israeliani. Guai dire una parola fuori posto, che lasci anche soltanto intendere una valutazione diversa da quella condivisa dagli uni per un verso e dagli altri per un altro.

         Torniamo alla “bandiera bianca”. Cosa avrebbe potuto dire un papa, papa Francesco in particolare? Avrebbe potuto o dovuto dire questo: “Benedette le due bandiere, l’importante è che si incrociano nel campo condiviso della pace?”. Avrebbe potuto dire anche questo, ma il richiamo alla “bandiera bianca” ha una profondità ben diversa, un riferimento ben diverso, per il papa molto più consistente. Non è forse vero che ogni bandiera colorato porta sullo sfondo un bianco generalizzato? Perché non cercare questo bianco che riguarda tutti, proprio tutti, che viene prima dei colori delle singole bandiere, prima di ogni diversità? Su questo terreno si muove papa Francesco, perché per lui l’umanità è una e ogni uomo merita rispetto per la dignità di cui è investivo, di cui è colorato. Lo sfondo però è lo stesso ed è questo sfondo che va cercato e ricercato, trovato e ritrovato, con pazienza e con fiducia.

         Per papa Francesco e per i cristiani questo sfondo ha un nome ed un volto, ci riporta alla croce, nel riconoscimento del centurione: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio” e nelle lacrime di Maria, la madre. Ci fa guardare in alto (“Ed io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”: Gv 12.32), alla sua reazione al male non allargando il male con le varie forme di violenza in cui si esprime ma restringendolo, mettendolo in un angolo, non dandogli alcuna cittadinanza perché conta solo il rispetto e il riconoscimento reciproco coronato da un amore “senza fine” che passa, nell’attuale condizione umana, attraverso il perdono. Per porre sotto la croce, a questo mira papa Francesco con l’immagine della “bandire bianca”, chi fra i due contendenti è il più coraggioso, il più vicino alla salvaguardia dell’umanità e della dignità di ogni persona. Lui, almeno lui, non si dimentica di quanto san Paolo scriveva in due diversi momenti: “Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1.23-25). Ancora più chiaro successivamente: “Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. 14Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia (…). Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini” (Ef 2,13.14.17). La “bandiera bianca” quindi alla base di ogni espressione di vita, seppure colorata da altri colori, più vivaci e più facilmente individuabili, su questo sfondo che li rende un insieme in vista non di contrasti e supremazie ma per una serena e costruttiva armonia, bella da vedersi seppure difficile da comporsi.  

         Se si trova arduo e difficile partire dalla croce, per vari motivi, soprattutto di carattere storico (la croce non segno di incontro e di unità ma di potere e di contrasto), per questo riferimento alla “bandiera bianca” si può partire da ogni bambino che, quando nasce, è nudo, senza particolari segni di diversità. Che cosa si augurerebbe quel bambino se potesse dire la sua, anche solo con qualche vagito? Di certo si augurerebbe di poter trovare una bella accoglienza e una serie di amici con i quali poter prima giocare e poi, una volta diventato grande, collaborare a rendere la terra la base di tanti incontri e costruzioni, nel rispetto della terra stessa, ovviamente dei suoi abitanti, custodi responsabili. Sogno o esigenza? Per chi guarda solo ai colori della propria bandiera, probabilmente soltanto un sogno che altri coltivano. Per chi guarda anche ai colori delle altre bandiere probabilmente una specificità da coltivare per offrire ad altri il gusto della propria configurazione nel rispetto di quella degli altri. Con un po’ di coraggio e con davanti occhi che non chiedono molto, solo di poter rimanere aperti e vivi per vedere il bello di questa terra e lo sguardo di chi sta accanto con un atteggiamento carico di affetto e di amore.

don Giosuè Tosoni

(delegato per il dialogo ecumenico e interreligioso)