Commento al Vangelo
Domenica 17 marzo, commento di don Renato De Zan
Dal chicco che muore nasce la vita
Gv 12,20-33
In quel tempo,
Il Testo
1. La pericope biblica e la formula liturgica del vangelo sono perfettamente identiche (Gv 12,20-33), fatta salva la dicitura liturgica di apertura (“In quel tempo”). Sotto il profilo letterario, la formula evangelica è scandita in quattro momenti. In Gv 12,20-22 il narratore presenta la scena in cui i Greci (probabilmente dei proseliti, pagani convertiti all’ebraismo) vogliono vedere Gesù. Subito dopo, in Gv 12,23-26, Gesù rivolgendosi a loro (e non solo a loro) fa il paragone del chicco di grano: se non muore resta solo, se muore porta molto frutto. L’allusione alla salvezza di tutti gli uomini, ebrei e pagani, è sottintesa, ma chiarissima. Segue il Getsemani giovanneo (Gv 12,27-30): Giovanni non riporta l’episodio del Getsemani, ma riporta le parole di Gesù dette in quella circostanza. Chiude la pericope (Gv 12,32-33), caratterizzato dal duplice avverbio “ora” (v. 31) un annuncio esplicito della sua morte salvifica e della vittoria sul principe di questo mondo.
2. Giovanni non riporta l’episodio del Getsemani, anche se sembra lo conosca perché in Gv 18,1 dice che dopo l’ultima cena “Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli”. Giovanni preferisce sorvolare sull’episodio perché vuole evidenziare l’ora di Gesù. Non a caso sia il brano di Gv 12,12-26 sia Gv 12,27-30, che sono testi centrali nella pericope in esame (Gv 12,20-33), iniziano con un esplicito riferimento all’ora (v. 23: “è venuta l’ora…”; v. 27: “Padre, salvami da quest’ora?”). In Giovanni l’ora indica il compimento del progetto salvifico di Dio, in modo particolare indica la morte di Gesù dove si rivela l’amore del Padre che, mediante la morte del Figlio riconcilia a sé tutta l’umanità, donando la vita eterna.
L’Esegesi
1. Alcuni Greci vogliono vedere Gesù. Sono i primi rappresentanti di tutti coloro che Gesù, innalzato da terra, attirerà a sé. A tutti costoro è rivolto il mashàl del chicco di grano dove appare chiara una verità: attraverso la morte nasce il frutto, la vita. Frutto della morte del chicco, infatti, è il “non rimanere solo”, è l’ “associare a sé gli altri” per donare loro la vita e farli diventare figli di Dio. L’insegnamento di Gesù non serve solo a svelare il valore della sua morte, ma serve anche a proporre una mentalità che i suoi discepoli devono assumere: la morte non è l’ultima parola sul credente, ma diventa nelle mani di Dio il passaggio alla vita. Per questo, se vissuta come Cristo l’ha vissuta (e non è facile), la morte non va temuta. Essa porta alla resurrezione e alla gloria (“Dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà”)
2. Il Getsemani giovanneo riporta alcune frasi dove si manifesta l’umanità di Gesù di fronte alla morte.
Deve scegliere di compiere la volontà del Padre a costo della vita (“Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!”). Egli è consapevole che nella sua morte avviene sia il giudizio divino sul mondo che non ha voluto credere nel Figlio (“Ora è il giudizio di questo mondo”) sia la sconfitta di Satana (“Ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori”). Satana, infatti, insegna solo l’odio per l’altro e la menzogna (cf Gv 8,44: “Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna”). Viceversa, con la sua morte, Gesù vive e insegna la verità dell’amore di Dio per l’uomo. La voce dal cielo (“L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!”) può essere ritradotta in questo modo: “In Gesù ho fatto esperimentare la mia presenza e la farò esperimentare ancora”.
Il Contesto Liturgico
1. Nella prima lettura (Ger 31,31-34) la Liturgia presenta la profezia della nuova alleanza nella quale il cristiano ha la fortuna di vivere. L’antica alleanza prevedeva, dopo il peccato, il castigo severo perché il peccato comunque va espiato. Solo in seguito veniva attuato il perdono. Nella nuova alleanza, invece, dopo il peccato c’è subito il perdono e non c’è il castigo perché l’espiazione viene compiuta da Gesù in croce (cf il Servo di Yhwh). Mentre la Colletta generale è molto semplice, la Colletta particolare appare più complessa. Nella petizione la comunità orante chiede di partecipare alla passione di Gesù e di far parte della fecondità del seme che muore per essere accolti nel Regno eterno di Dio.