Pordenone
8 marzo: la opportunità di carriera che manca
Non è tanto il binomio donne-lavoro il problema quanto quello donna-carriera. È quanto emerge dall’analisi del Rapporto commissionato dalla Consigliera Pari Opportunità della Regione Fvg realizzato intervistando il personale di aziende con oltre cinquanta dipendenti. Il rapporto scaricabile dal sito della Regione è stato presentato lo scorso 5 febbraio in occasione di un convegno sulla parità di genere in Friuli Venezia Giulia (in foto Chiara Cristini).
A essere intervistate sono state 668 imprese pubbliche e private, di cui 193 nel pordenonese, mappando così 146.701 dipendenti. Il dato che emerge è che a livello regionale, in questo campione piuttosto rappresentativo l’occupazione femminile è del 39,8%, e nello specifico del 40,8% nel pordenonese. Le donne lavorano per lo più nelle piccole e medie imprese (qui sono il 43,1%) o nelle grandi aziende con più di 500 dipendenti (46,1%). Al di là del dato quantitativo, si conferma che il lavoro femminile è più frequente in alcuni settori (sanità, istruzione, terziario avanzato, cultura, pochissime nel manifatturiero, nella logistica e costruzioni), ma soprattutto quello che spicca è che persiste il “soffitto di cristallo”. Ossia quel tetto oltre al quale la presenza femminile si dirada quasi a diventare rara, “invisibile perché quel tappo non lo si vede fino a quando non ci si scontra” spiega Chiara Cristini, ricercatrice e consulente per il Rapporto commissionato dalla Consigliera di Parità Anna Limpido. Un tetto che si trova nei numeri: la presenza femminile tra i dirigenti è solo del 24% (611 donne su un totale di 2485 dirigenti), sono solo il 38,7% dei quadri e il 42,2% degli impiegati. I dati esclusivi del settore privato danno una situazione ancora più drammatica, con solo il 14,9% tra i dirigenti, il 27,5% tra i quadri, il 59,1% tra gli impiegati. Se già le donne sono rare nei ruoli apicali, ancor più “drammatico” è il gender pay gap ossia la disparità di retribuzione. Dalle interviste emerge che le donne rispetto agli uomini, per pari mansione, competenza e ruolo, guadagnano nettamente meno: le dirigenti il -46,6% (media di 76.295 euro contro i 142.750 degli uomini), le donne in ruoli quadro 45.963,32 euro contro i 52.084 degli uomini, le impiegate 30.580 euro invece che 35.102, le operaie 20.664 invece che 25.090 (-45%). Il numero di congedi parentale sono femminili nel 68,4% dei casi contro il 31,6% degli uomini (tolta l’aspettativa per maternità del 70,6% contro quella per paternità del 29,4%). “Si tratta di una scelta anche economica, rimane a casa chi guadagna di meno” spiega Cristini. Non stupisce nemmeno che lo smart working sia per lo più femminile (il 55%) così come il part time (con percentuali variabili rispetto al settore).Al contempo i datori di lavoro dichiarano che il criterio più importante nella progressione di carriera dei dipendenti è soprattutto la competenza acquisita (per il 75,4%). Ma le donne “sono meno coinvolte nei percorsi di formazione, quindi crescono meno e quindi fanno meno carriera” ha spiegato Cristini. “A livello legislativo ci sono moltissimi strumenti, ma il tema rimane culturale. Si possono aiutare le imprese a promuovere misure di welfare. Ci sono casi virtuosi, ad esempio quello che si sta realizzando al Nip di Maniago dove si sta mettendo in piedi un sistema di welfare di territorio, sono politiche che richiedono il coinvolgimento di più attori, tanto da diventare una sorta di ecosistema. Le aziende non possono essere lasciate sole, ecco perché leggere i dati delle imprese serve a fare una lettura per un ragionamento di territorio”. Dedicato al gender pay gap sarà un convegno in programma a Palmanova l’8 marzo alle 14.30 organizzato dal Coordinamento Donne della Cisl.Valentina Silvestrini