L'Editoriale
Ue: Violenza sulle donne, una legge zoppa
La prima legge europea sulla violenza sulle donne non include il reato di stupro. Infatti, dopo mesi di consultazioni, nei primi giorni di febbraio la legge è nata con un <+cors>vulnus<+tondo>: non considerare reato di stupro il sesso non consensuale.
La prima legge europea sulla violenza sulle donne non include il reato di stupro. Infatti, dopo mesi di consultazioni, nei primi giorni di febbraio la legge è nata con un <+cors>vulnus<+tondo>: non considerare reato di stupro il sesso non consensuale.
Proprio su questo punto i paesi si sono divisi. Hanno votato a favore: Spagna, Belgio, Lussemburgo, Svezia e Italia; hanno votato contro: Polonia, Ungheria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Paesi Bassi ma anche Germania e Francia. Le proteste non sono mancate e le donne non possono non dirsi deluse.
Secondo l’Agenzia dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, il 5% delle donne dopo i quindici anni ha subito uno stupro (oltre 9 milioni). Secondo i dati Eurostat 2021 la Svezia supera i duecento casi l’anno; Francia, Danimarca, Belgio e Germania si attestano sui cinquanta; Spagna, Italia, Ungheria e Grecia ne registrano meno della metà. Ma non si può guardare ai numeri delle violenze denunciate senza considerare le tante che restano taciute. Le ragioni sono plurime: da una parte in alcuni paesi denunciare una violenza è più difficile che al Nord Europa e questo per ragioni culturali, sociali ed economiche; dall’altra il confronto stesso tra paesi diversi è reso complesso dal fatto che i comportamenti che costituiscono violenza sessuale variano da un ordinamento all’altro. Proprio per questo era importante definire il reato di stupro nello stesso modo per tutta l’Unione europea: stessa legge, stesso reato, stessa possibilità di difesa. Ma così non è stato.
Nocciolo della questione è il tema del consenso, quel “No, significa no” che parrebbe lapalissiano ma che evidentemente non è. Attualmente una donna deve dimostrare di essere stata non consenziente, di aver manifestato apertamente il rifiuto. Come ha commentato la scrittrice Dacia Maraini: si può essere d’accordo con un rapinatore? Eppure nessuno chiede a chi ha subito un furto se fosse consenziente o no. Ma ad una donna violentata lo si chiede, la si interroga minuziosamente su quanto forte ha urlato e se lo ha fatto, se ha reagito e in che modo, su come era vestita, se aveva assunto alcol o altre sostanze.
Non sono rincuoranti i risultati di recenti inchieste, come quella secondo cui venti uomini su cento dichiarano che l’abbigliamento femminile conta in caso di violenza, o quella pubblicata da Save the children (Le ragazze stanno bene? del 13 febbraio scorso) secondo cui il 42% dei ragazzi “è molto o abbastanza d’accordo che in una relazione intima sia scontato che il/la partner sia sempre d’accordo nell’avere rapporti sessuali”. Stereotipi di genere duri a morire, eredità di una cultura millenaria di dominio nella quale a decidere sulla donna è l’uomo, anzi nella quale la donna non ha il diritto di esprimersi liberamente e ha piuttosto il tacito dovere di acconsentire.
Tra i paesi che si sono dimostrati contrari al riconoscimento dello stupro come reato, la Francia ha motivato il suo veto sostenendo che è diritto di ogni singolo stato – e non dell’Unione – legiferare su temi così sensibili; la Germania ha addotto questioni strettamente giuridiche relative al testo proposto.
Non va per contro taciuto che la legge approvata è complessivamente un passo avanti rispetto a molte questioni relative alle donne: alla violenza subita e a quella domestica, al fatto che siano stati dichiarati reati la mutilazione genitale femminile, il matrimonio forzato, la condivisione non consensuale di materiale intimo o manipolato, lo stalking online, le molestie online, l’istigazione all’odio o alla violenza online. Ma quello che manca, il reato di stupro, pesa molto più della compensazione trovata: lo stabilito impegno per i paesi dell’unione ad adottare misure adeguate, come campagne di sensibilizzazione, al fine di prevenire la violenza contro le donne.
Il mancato inserimento del reato di stupro è pure un passo contradditorio rispetto ad un cammino già intrapreso dall’Ue: tutti gli stati aderenti hanno infatti firmato la Convenzione di Istanbul (dell’11 maggio 2011) che tratta di prevenzione e lotta contro la violenza sulle donne e che parla esplicitamente di “atti sessuali compiuti su un’altra persona senza il suo consenso” (articolo 36.1) ed esplicita che “il consenso deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona” (36.2).
Restando le cose a metà non viene riconosciuto alle donne europee il principio “No significa no”, non si concede a tutte lo stesso strumento difensivo che potrebbe anche migliorare il tono di lunghi interrogatori nelle aule dei tribunali dove ancora si indugia su dettagli intimi, umilianti e offensivi. Come se subire uno stupro, che non è solo un atto fisico ma una volontà di predominio sull’altra persona che ne risulta anche psicologicamente schiacciata, non lo fosse già oltremisura.