Domenica 4 febbraio, commento di don Renato De Zan

Gesù è la risposta alle domande profonde dell’uomo

Mc 1,29-39

29 In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. 30 La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31 Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. 32 Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33 Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34 Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. 35 Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. 36 Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37 Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». 38 Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». 39 E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

 

 

Il Testo

 

1. La pericope evangelica evidenzia un’azione compiuta da Gesù e il suo gruppo. La frase, infatti, è coniugata al plurale: “E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni”. La Liturgia ha, però, ritoccato il testo originale e ora nella formula liturgica Gesù è collocato in primo piano: “In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni”.

 

2. Il testo della formula evangelica è scandito da tre elementi temporali: “subito” (Mc 1,29), “venuta la sera” (Mc 1,32) e “Al mattino presto” (Mc 1,35). La scansione temporale evidenzia l’inizio di tre pericopi diverse: la guarigione della suocera di Pietro (Mc 1,29-31), l’opera taumaturgica ed esorcistica di Gesù a Cafarnao (Mc 1,32-34) e la predicazione di Gesù nel territorio della Galilea (Mc 1,35-39). La Liturgia ha, invece, voluto unire le tre pericopi per farne un unico brano affinché Gesù venga visto come protagonista di un insegnamento dato con autorità in opere e parole perché la gente non solo conoscesse, ma anche esperimentasse che il Regno di Dio si era fatto vicino.

 

L’Esegesi

 

1. Dopo l’esorcismo in sinagoga, Gesù si reca in casa di Simone (che era sposato). La suocera era a letto con la febbre. Nel mondo biblico, la febbre è considerata un castigo divino che prelude la morte (cf Lv 26,16: “Manderò contro di voi il terrore, la consunzione e la febbre, che vi faranno languire gli occhi e vi consumeranno la vita”; Dt 28,22: “Il Signore ti colpirà con la consunzione, con la febbre, con l’infiammazione, con l’arsura, con la siccità, con il carbonchio e con la ruggine, che ti perseguiteranno finché tu non sia perito”).

 

2. Gesù la guarisce:  “La fece alzare (in greco: égheiren) prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva”. Il verbo greco “eghèirein”(= sollevare, far alzare, far risorgere) è usato nel NT per indicare la risurrezione (cfr Mc 14,28; 16,6; 1 Cor 15,4; At 3,15; 13,37). La guarigione della suocera di Pietro è una prefigurazione della risurrezione escatologica. L’opera taumaturgica ed esorcistica successiva (Mc 1,32-34) è il prolungamento dell’opera salvifica, che Gesù ha fatto in favore della suocera di Pietro (dalla malattia-morte alla vita).

 

3. La preghiera mattutina di Gesù (Mc 1,35-37) non è un semplice quadretto devozionale. La preghiera di Gesù è sempre associata all’incomprensione della sua messianicità (cf Mc 6,46-51; 14,32-42). Di conseguenza la ricerca dei discepoli non è corretta come succederà ancora, più avanti (cf Mc 3,32; 8,11.12; 11,18; 12,2; 14,1.11.55; 16,6). La ricerca della gente è equivoca: Gesù è cercato perché guaritore soltanto, non perché “salvatore”. Gesù non è venuto per sostituirsi all’arte medica. È venuto per dare se stesso quale guarigione e salvezza dell’umanità.

 

Il Contesto Liturgico

 

1. La prima lettura (Gb 7,1-4.6-7) esprime bene le domande e le riflessioni dell’uomo sulla fatica del vivere (“Non ha forse un duro lavoro l’uomo sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli di un mercenario ?), sull’ansia e sulla delusione che il quotidiano riserva (“A me sono toccati mesi d’illusione e notti di affanno mi sono state assegnate”), sull’incertezza che il futuro ha con sé (“Se mi corico dico: Quando mi alzerò ?”), sullo smarrimento del tempo che progressivamente avvicina l’uomo alla morte (“I miei giorni sono stati più veloci di una spola, sono finiti senza speranza”) e sull’orizzonte buio del dopo-morte (“Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene”).  Queste domande e queste riflessioni dicono il bisogno di significato che la vita richiede. L’offerta di significato è data dalla persona e dall’operato di Gesù.

 

2. Coloro che credono in Gesù, i cristiani, a ragione si autodefiniscono come gli “illuminati dalla speranza che…salva” (Colletta propria). Ricchi dell’esperienza del Regno che dà senso alla vita e al futuro, possono essere – volendo – “puri e forti nelle prove” e contemporaneamente sanno “condividere con i fratelli il mistero del dolore”. Il mistero della vita non è facile, il dolore è duro, ma il cristiano ha da Gesù l’illuminazione e la speranza.

 

3. Per l’approfondimento: Focant C., Il vangelo secondo Marco, (Commenti e studi biblici) Cittadella Editrice, Assisi 2015, 109-115Il vangelo di Marco. Parte seconda, (Commentario teologico del Nuovo Testamento, II.2), Paideia, Brescia 1982, 220-232Marco. Vangelo di una notte, vangelo per la vita, (Testi e Commenti), EDB, Bologna 128-137Marco. 2, (Commentario Paideia. Nuovo Testamento 2.2), Paideia, Torino 2013, 311-315.